Primavera Sound 2005 Report (LT 07 Preview)
Stephen Malkmus - Home Alone (LT 06)
Adam Green - American Idol (LT 05)
Low... forever changes (LT 05)
Revisionismi: J Mascis - Martin And Me (LT 05)
Sono un ribelle, mamma (Write Up n.2)
Tra le pareti (www.julieshaircut.com)
Broken Social Scene: all in the family (LT04)
Revisionismi:Weezer-Pinkerton (LT04)
Le parole che non ti ho detto (MarieClaire feb 05)
Revisionismi: Scisma-Armstrong (LT03)
Meg: essenza multiforme (LT03)
Greg Dulli e Manuel Agnelli: Matrimonio all'italiana (LT03)
American Music Club e R.E.M.- Once were warriors (LT03)
La lunga estate dei folletti (LT02)
Not tomorrow!No manana!Today! (LT02)
Blonde Redhead sulle ali della farfalla (LT01)
Oltre la traversa (Il Mucchio Selvaggio 2002/2003)


Weeds



venerdì, giugno 29, 2007

Un giorno, una canzone/10 (e firulì e firulà)

Dan Le Sac vs Scroobius Pip - Thou Shalt Always Kill



Il tormentone inglese di primavera.
Un'impressionante carrellata di luoghi comuni, frasi fatte e trovate semplicemente geniali.
Anche questa è da ballare.
Ha tutte le carte in regola per diventare un anthem.
Per qualcuno lo è già.

The Beatles - Were just a band.
Led Zeppelin - Just a band.
The Beach Boys - Just a band.
The Sex Pistols - Just a band.
The Clash - Just a band.
Crass - Just a band.
Minor Threat - Just a band.
The Cure - Just a band.
The Smiths - Just a band.
Nirvana - Just a band.
The Pixies - Just a band.
Oasis - Just a band.
Radiohead - Just a band.
Bloc Party - Just a band.
The Arctic Monkeys - Just a band.
The Next Big Thing - Just a band.

E si fa il "gesto della legna".
Chiaro.

Tutti quanti amano Uolly! (I want to believe)

"Oh, ma Veltroni?"
"Eh, ormai si è candidato. So' due giorni che non si parla d'altro."
"Ma tu l'hai sentito il discorso?"
"No, l'ho letto il giorno dopo. Però mi sarebbe piaciuto vederlo. Tu l'hai visto?"
"Sì, sì. Un po' lungo. Du' palle."
"Ma com'era?"
"Era Veltroni, come al solito, ci mancava solo un po' di jazz in sottofondo."
"Ahhahahah, comunque stamattina, quando sono andato a fare la spesa, ho beccato due vecchietti che si lamentavano dicendo che adesso D'Alema fa il colpaccio e mettono Veltroni a capo del governo."
"Ah, il rimpastone!"
"Ma mica si può fare. Veltroni non è un parlamentare."
"Sarebbe un colpo di stato."
"Oddio, pensa che figata il colpo di stato di Uolli!"
"Secondo me lo fa la sera della Notte Bianca..."
"Sì sì, come evento conclusivo. All'alba!"
"Già immagino il discorso:'Cari cittadini, cari italiani, nel corso di questi anni vi ho portato la cultura, l'arte, la festa del cinema, Paul McCartney, i Genesis. L'unica cosa che non avevo ancora fatto era un bel colpo di stato', con le musiche scritte da Nicola Piovani. Ovvio."
"Che poi, secondo me, se Veltroni fa il colpo di stato alla fine ti offre pure i cornetti..."

giovedì, giugno 28, 2007

Un giorno, una canzone/9

Calvin Harris - Merrymaking at My Place


Estate>caldo>bibita>ghiaccio>cocktail>party>disco>funk>
Prince>synth>'80>house>ballo>sudore>Estate.

La partenza è uguale all'arrivo.
Il risultato anche.
Perfetto per la stagione che stiamo vivendo.

mercoledì, giugno 27, 2007

Un giorno, una canzone/8

Yacht - I Believe In You



Neanche il tempo di innamorarsi dei Blow che è già ora di declinarli al passato.
Il futuro è Yacht.
Elettronica plasticosa, chitarre giocattolo e una melodia che sa di Pixies come poco altro.
Sapore di estate. Questa volta per davvero.

Senza pietà



Sto cercando di farmene una ragione e di formulare un'opinione che sia tale e priva di retorica.
Ed è difficile.
Ovviamente sto parlando di Chris Benoit, il wrestler della WWE sulle prime pagine di tutti i giornali del mondo. Con tutte le volte che ho parlato di Wrestling, quelle in cui ho cercato di spiegare il fanatismo fanciullesco con cui guardo a questo sport-spettacolo, le motivazioni sociologiche che mi ostino a vedere dietro le storyline e non solo, mi trovo fortemente a disagio davanti a questa tragedia. Orribile.

La morte di Benoit, di sua moglie e di suo figlio, sono arrivate nella mia vita in tempo reale.
Per cui, quando nel cuore della notte di lunedì ho iniziato a vedere la puntata di Raw in diretta, solo perché non riuscivo a dormire, ci sono rimasto di sale.
L'arena era vuota, al centro del ring c'era Vince McMahon. Per chi non segue la WWE e non sa e non capisce, Vince McMahon è il padrone della baracca e in questo momento è morto.
Nella finzione. Ovvio. Ma è morto.
Per cui alle due di notte mi sono ritrovato sveglio, da solo, e davanti ad un morto.
Surreale. Non mi vengono in mente altre parole.
Comunque: il "morto" è al centro del ring guarda in camera e, visibilmente commosso, annuncia che la puntata di Raw non andrà in onda. Chris Benoit è deceduto. E con lui sua moglie e il figlio di sette anni. E non è una cazzata, una burla, o un trucco. E' morte vera. Quella che fa urlare e disperare.
Cazzo. Penso. E bestemmio. E penso di nuovo.
Chris Benoit era uno dei miei preferiti, un lottatore in punta di piedi, senza mascheroni e tatuaggi in tutti gli anfratti del suo corpo. Uno che non faceva scena. Uno che veniva dal vecchio wrestling e che continuava a manterne vivo lo spirito.
Mentre sullo schermo i campioni di oggi si alternano con le immagini d'epoca in quello che è un vero e proprio tributo al wrestler appena scomparso, mi tremano le gambe.
Non riesco a capire. Cosa cazzo è successo?
Vado a dormire e mi sveglio che è tutto più chiaro.
Chris Benoit ha strangolato la moglie e soffocato il figlio. Poi si è impiccato.
Vicino ad ogni corpo c'era una Bibbia.
Non esiste un movente, l'unica cosa certa è che si tratta di un omicidio-suicidio premeditato.

Subito i media italiani si buttano sulla notizia ed ovunque si dà risalto ad una versione diversa dei fatti. Si parla di steroidi, di alcool, di matrimonio in crisi e persino di colpi d'arma da fuoco.
Qualche coglione (si chiamano giornalisti, ma la mia pare una definizione più giusta) ipotizza che Benoit possa aver ucciso la moglie utilizzando la sua mossa finale.
E in un certo senso sarebbe pure una cosa poetica. Folle e terribile, ma poetica. Il campione disturbato che uccide la sua compagna di vita con la stessa mossa con cui aveva battuto... (metteteci voi il nome).
Ovviamente non è così, ma si sa: ogni qual volta una tragedia sfiora il mondo del wrestling si va a ramazzare nello schifo più schifoso.
Per dire: da ieri Eddie Guerrero è morto per alcool, droga e steroidi. Peccato che non avesse niente di tutto questo nel corpo e che a stroncarlo sia stato un infarto dovuto ad abusi passati.
Abusi. Passati.
Ma 'sticazzi, tutto fa scena, tutto serve a far girare gli ingranaggi. Per cui: delinquente Guerrero e mostro Benoit.
Troppo facile.

Il gesto di Benoit è folle, fa schifo e paura, tantissima paura, ma l'impressione è che faccia ancora "più schifo e tantissima paura" proprio perché sia stato compiuto da un lottatore.
Un sottoprodotto di un mondo in cui i buoni e i cattivi, la "forza" e il "lato oscuro", risolvono le cose nella stessa, violentissima maniera.
Da par suo la WWE ha smesso di omaggiare l'ex campione ed ha fatto sparire dal suo sito il merchandise e qualsiasi traccia del suo passato, presente e futuro nella federazione.
Come se l'esistenza di Chris Benoit fosse solo un rigo in cronaca. Una cosa da dimenticare.
Un fattore scomodo di cui sbarazzarsi nel più breve tempo possibile.

Non è così. Benoit deve restare nella memoria per quello che è stato.
Un grandissimo wrestler con dentro un uomo troppo fragile.
Un uomo che alle pressioni ha reagito nel peggiore dei modi possibili.
Un uomo che proprio con questo gesto estremo si è dimostrato mille volte più complicato dell'eroe da cartone animato bidimensionale che eravamo abituati a conoscere.
Perché la realtà non è una storyline, non la risolvi con un match. Non c'è bianco e non c'è nero.
La realtà fa schifo. Molto più schifo del più ridicolo dei siparietti.

martedì, giugno 26, 2007

Un giorno, una canzone/7

Shapes and Sizes - Head Movin



Anche quando tutto rema contro.
Quando la rete "cade" e non vuole più tornare su.
Quando sembra proprio una giornata persa.
Ecco. La canzone del giorno.
Shapes and Sizes. Indie e canadesi.
E ho detto tutto.

lunedì, giugno 25, 2007

Un giorno, una canzone/6 (anche quando quello che senti è tutt'altro che musica)

Cold War Kids - Hospital Beds



Ovvero: il preconcetto.
Se mi ritrovo ad ascoltare per la prima volta i Cold War Kids proprio in questi giorni di caldo soffocante, e scarsa predisposizione a comunicare con il resto del mondo, è proprio per colpa di un preconcetto. Stupido quanto volete. Stupidissimo, anzi.
Ma non ci posso fare niente. Chino il capo ed ammetto la verità.
Se non ho ascoltato i Cold War Kids a tempo debito, verso la fine dell'anno scorso, è solo perché mi sono lasciato ingannare dall' hype eccessivo che circondava il gruppo in quei giorni.
Pagine di NME, Brand New Nights di MTV.
Tutte cose non negative (per carità!), ed infatti non so spiegarmi come ho potuto snobbare una band del genere.
La faccio corta: credevo fossero gli ennesimi cloni dei Franz Ferdinand.
Ed invece mi sbagliavo.
Indie rock dolente (non dite emo, non sono emo, l'emo non esiste, niente è emo), venato blues e dotato di forte lirismo.
La sparo grossa, enorme: in alcuni casi le melodie assomigliano a quelle dei Radiohead suonate da una roots rock band.
Non so se mi sono spiegato e non so se volevo spiegarmi.
Semplicemente Hospital Beds (video) è la canzone triste di quest'estate qua.
La mia canzone triste di quest'estate qua.

Le guide pratiche di [indiessolvenza]: sono bello, sono vero sono webduepuntozero

MySpace: Una volta se facevi spam eri uno stronzo, ora... grazie per l'add. Serve a rimorchiare.

Last FM: Traccia una mappa di quanti nel mondo usufruiscono del file sharing illegale. Serve a rimorchiare.

Anobii: "Anvedi quanti libri leggi! Ce devi d'ave' un capoccione così!". Serve a rimorchiare.

Tumblr: Come un blog ma con la "T". Questo forse non serve a rimorchiare, ma è utile per "ricordarti" chi hai intenzione di rimorchiare.

Twitter
: Quello che il mio portiere fa da anni (riportare minuziosamente i cazzi degli altri), ma in terza persona. Come Maradona. Serve a rimorchiare... serial killer.

Flickr: "Se vieni a casa mia ti faccio vedere le diapositive delle vacanze". Oppure le carico su flickr. Serve a rimorchiare. Ma solo per chi ha padronanza con Photo-shop.

domenica, giugno 24, 2007

Un giorno, una canzone/5

Liars - Sailing to Byzantium



Domenica vuol dire spleen.
Troppo presto per parlare del nuovo Liars.
Intanto cominciamo ad ascoltare.

sabato, giugno 23, 2007

Un giorno, una canzone/4

A Classic Education - Victories at Night



E' sabato sera. Non ti servono le parole.
Basta la musica.

La canzone del giorno. Quella di cui non si poteva parlare, ma che da mesi avevi voglia di svelare al mondo.
Lo fai adesso che è tardi, ma anche no.
A Classic Education. Se tutto va come deve andare: il disco italiano del 2008.

Le guide pratiche di [indiessolvenza]: il tormentone estivo/2



Rihanna - Umbrella
Il tormentone dei tormentoni. Primo nella classifica americana e in heavy rotation anche da noi.
Bisogna ammetterlo: entra in testa e non se ne va più.
Non mi convince, nonostante Jay z. Lei è bellissima. Nana e cosciona. Ma bellissima.

Max Pezzali - Torno Subit
o
A me Pezzali sta simpatico e da un po' di tempo a questa parte sto cominciando seriamente a pensare che abbia anche del talento. Non è che voglio fare a tutti i costi quello che rivaluta tutto ecc ecc, ma sinceramente faccio fatica a capire perché Ligabue viene celebrato ed ammantato di un' aura intellettuale (che non ha), mentre Pezzali è considerato uno zozzone qualunque.
Sono uguali, giocano nello stesso campionato e si muovono sullo stesso campo da gioco.
Parlano alla stessa gente e ultimamente lo fanno anche alla stessa maniera (rock di stampo americano). La vera differenza sta nel fatto che uno sposta gli accenti e l'altro pronuncia in stile finto rocker. Però solo uno dei due stava nel gruppo di Repetto. Quindi...

Mark Ronson - Stop Me

L'anello di congiunzione tra il tormentone indie e il tormento e basta.
Mark Ronson piace a tutti e probabilmente tutti piacciono a Mark Ronson, vista la carrellata di ospiti presenti nel suo disco ed il repertorio di cover in stile "pesca a strascico".
Personalmente non apprezzo molto questa versione degli Smiths in chave Motown per chi non conosce la Motown. Molto meglio il pezzo cantato da Amy Winehouse.

Feist - My Moon My Man
Il caso dell'estate. Ovvero, Leslie Feist: dagli hard disk degli indie snob all'homepage di TG Com, senza passare dal via. Tutta colpa (o merito) di Linus, che aspetta l'estate per lasciarsi andare. E così dopo i Perturbazione tre anni fa, ora tocca alla sosia canadese di Paola Turci.
Il pezzo è carino, il classico mischione disco '70, pop anni '80 a cui Leslie ci ha abituato.
Ah, non l'ho mai scritto prima ma lo scrivo adesso: "The Reminder" è proprio un bell'album.

L'Aura - Non è una favola
Da clone di Elisa a quasi clone (appunto) di Feist. Ha un suo perché, ma non sopporto il modo di cantare. Super irritante. Quando dice "Pill-o-linaaa di mat-tina" vorrei fare del male a qualcuno.

Tiziano Ferro - E Raffaella è mia

Non voglio scadere nel trito e ritrito, per cui non farò battute sul presunto coming out di Tizianone che si avvicina alla velocità di un Ben Johnson dopato. No, non lo farò.
M'interessa di più porre l'attenzione su un'altra questione: ma come sta un ventiquattrenne che ha per mito assoluto la Carrà?
Non bene, probabilmente.
La base della canzone è carina, peccato che le strofe siano state scritte da uno schizofrenico.
Il testo è praticamente la traduzione semi-letterale di Daft Punk Is Playing at my House.
Il video con Tizianone conciato da nerd, la Carrà ed un'attrice di Un posto al sole, ha tutte le carte in regola per ridefinire il concetto di trash.

Negramaro - Parlami d'amore

Io ODIO i Negramaro. I più grandi plagiatori di qualsiasi cosa "tiri" nell'indie. Mentre tutto scorre era un pezzo dei Muse, Estate erano i Keane, Nuvole e lenzuola i Killers. Ed ora? Ora si limitano a plagiare se stessi, con il cantante Bagonghi che si atteggia a Samuel del Salento, con l'ugola di Manuel Agnelli ed il vizietto dell'urlo facile. Come se non bastasse, la copertina del loro ultimo album è praticamente un replicante di "Amnesiac" dei Radiohead.

venerdì, giugno 22, 2007

Un giorno, una canzone/3

Son Volt - The Picture



E ancora una volta parlo degli Wilco.
E non so perché.
Ultimamente capita che anche quando voglio scrivere di altro finisco per inciampare nel loro nome. Un po' come succede con gli intercalari.
Sai che non è bello infilare un "cioè" in ogni dove, ma lo fai. Non vorresti, ma lo fai.
Neanche te ne accorgi.

Oggi volevo scrivere dei Son Volt. E Son Volt nel dizionario dei sinonimi e contrari sta a Jay Farrar esattamente come bislacco sta a "governo italiano".
E nello stesso dizionario, se guardi bene, ti accorgi di come vicino a Farrar ci sia anche Ucle Tupelo. Già: gli Wilco prima degli Wilco. Ma non solo.
La più grande band sconosciuta di folk moderno.
Con il titolo di un loro disco ci chiamarono un genere. "No Depression". Come anti-folk e prima di alt-country. Ma senza trattino.
C'è stato un momento, subito dopo la fine degli Uncle Tupelo, in cui chiunque doveva scommettere un centesimo su chi tra i membri di quel gruppo avrebbe continuato ad avere una carriera degna di tale nome avrebbe scommesso su Jay Farrar.
Il genio indiscusso era lui. Del talento di Tweedy si sapeva, ma non troppo.

E invece, mentre gli Wilco raggiungevano le arene e diventavano qualcuno anche fuori dai confini americani, i Son Volt si limitavano a vivacchiare pubblicando dischi su dischi, ma senza mai attirare veramente l'attenzione. Mentre Tweedy cresceva, sperimentava e si evolveva, Farrar continuava a lottare con i suoi fantasmi e ad inseguire e ripercorrere in maniera calligrafica le sue radici musicali.
E così, quando nessuno se l'aspettava più, proprio mentre gli Wilco tornano a "guardarsi indietro", arriva un disco nuovo dei Son Volt che è nuovo per davvero. Almeno nelle intenzioni.
L'atmosfera è sempre la stessa. Ci sono il folk, il country, Neil Young e gli R.E.M.
E c'erano anche prima. Ad essere cambiato, finalmente, è lo spirito. Questa volta Farrar scende in campo e gioca per davvero. Si cimenta con il pop, non si nasconde. Ci prova.
"The Search" è un gran disco. Prezioso, anche.
Il suo "Summerteeth".

giovedì, giugno 21, 2007

Marchette sentite!

Black*Kitten Records è un'etichetta che emette oggi ufficialmente il primo vagito.
Vagito che poi non è nient'altro che un vinile/split tra due gruppi.
Un pezzo a testa. Due lati A.
Detektivbyrån e Hemstad. Svedesi. Poppettosi e saltellosi (ma non troppo).



Black*Kitten Records non è solo questo. E' soprattutto la voglia di fare qualcosa animati solo dall'amore per la musica (e i gatti e la Svezia e...).

Un grande in bocca al lupo per Ele e Paso. Anzi, come dicono loro: "Break a leg Black*Kitten Records!"

Ps: il vinile, se volete (ma dovete), potete ordinarlo qui.

Un giorno, una canzone/2 (solo per sentirmi dire: "Non ce la farai mai")

The National - Fake Empire



Ci vuole coraggio ad aprire un disco con un pezzo così. Coraggio ed anche un po' di follia.
Che dopo un pezzo così devi minimo minimo spaccare le montagne, aprire in due il mar rosso, moltiplicare i pani e i pesci, morire e poi risorgere.

"The Boxer" non fa niente di tutto questo, ma rischia seriamente di finire tra i primi dischi dell'anno.
Categoria: album che gli Interpol dovrebbero fare e non faranno mai.
Fortunatamente ci sono già i National

mercoledì, giugno 20, 2007

Un giorno, una canzone (da qui alla fine dell'estate. Prove tecniche di serialità)

Los Campesinos - You! Me! Dancing!



Che poi ci vuole veramente poco a capire tutta questa ansia di tormentoni. L'esigenza di avere una colonna sonora particolare che sottolinei l'estate e la renda diversa dal grigiore dei mesi precedenti.
La gente vuole divertirsi. Vuole battere le mani, stare fuori fino a tardi, canticchiare e ballare.
Vuole tutto questo. Tutto insieme. Senza dover riflettere su alcunché.
L'estate è la stagione dell'istinto, delle cose fatte di stomaco e solo per il gusto di farle.
L'estate è la stagione del pop. C'è poco da fare i fighi.

I Los Campesinos vengono da Cardiff e sono giovanissimi. La loro musica rispecchia in tutto e per tutto questo tipo di mood: ci sono le chitarrine ed i campanellini, i coretti ed i clapping.
Voce maschile e voce femminile che s'intrecciano. E non solo.
Non fatevi ingannare dai luoghi comuni, quello che li rende diversi da gran parte della marmaglia twee è la tendenza ad incasinare tutto. La ricerca continua del "buttarla in caciara così, senza un motivo particolare". Giocano a fare i Pavement (e infatti nel loro EP d'esordio - "Sticking Fingers Into Sockets" - c'è anche una cover di Frontwards) ma, appunto, g i o c a n o.

You!Me!Dancing ha le carte in regola per essere un singolone (e infatti c'è anche un video. Brutto, ma c'è), tranne la durata. Sei minuti e quattordici secondi. Roba da far sbiancare i programmatori musicali di tutte le radio del globo.
Stanno registrando un album i Los Campesinos. Da ieri. Uscirà più avanti per Wichita in Europa e Arts & Crafts dall'altra parte del mondo.
Arriverà in inverno e se va come deve andare lo ascolteremo fino all'estate prossima.

martedì, giugno 19, 2007

Le guide pratiche di [indiessolvenza]: il tormentone estivo/1



Mentre quella esigua parte di mondo interessata alle robe dell'indie è già con le orecchie a settembre (Pinback, New Pornographers, Liars e Iron & Wine), il resto dell'universo è alla ricerca del possibile tormentone estivo del 2007.
Questa guida non è nient'altro che una piccola mappa musicale per orientarsi all'interno del pop spiegato alle masse.


Gemelli DiVersi - Istruzioni per l'(ill)uso
Torna l'estate e tornano i quattro gran visir dei tamarri. Praticamente Fabrizio Corona applicato all'hip hop. Il look è sempre lo stesso: a metà tra rapper, calciatori e tronisti della De Filippi.
Dopo il dissing dello scorso anno con Fabri Fibra, stanno disperatemente cercando di elevarsi dal rango di "gruppetto per ragazzine". Per questo motivo il loro nuovo singolo è una mezza specie di invettiva nei confronti della televisione. Efficace come una goccia di Chanel N.5 nella monnezza.
Dicono di aver inventato un nuovo genere: emo rap. Ah beh, d'altronde: "Quella bestia non è a mio papàààà".

Club Dogo - Mi hanno detto che
I discografici italiani si sono buttati sul rap. Ormai è chiaro: basta saper mettere in fila un paio di rime per ottenere un contratto major.
I Club Dogo vengono da lontano, dall'underground, sarebbe stato bello ci fossero rimasti, ma niente: il loro nuovo singolo sta macinando airplay su radio e televisioni. La formula del Dogo è facile e atipica: un po' gangsta rap e un po' hip hop militante. Parecchio orgoglio tamarro (anche loro). Mi hanno detto che... è costruita su un campione di No Coke di Dr. Alban (mica cazzi) e merita gloria imperitura per la rima "Puttana/Settimana". Piacciono a Rumore. Come Mondo Marcio.

The Fray - How to Save a Life
Questa canzone gira da un po' e non è un pezzo propriamente estivo, ma dovendo individuare una colonna sonora per gli amoretti adolescenziali non mi è venuto in mente niente di meglio. I Fray sono i Coldplay dopo un'overdose di bromuro. Allegri come The Undertaker ed originali come mio zio, sembrano la versione americana e cattocomunista dei Keane. Ti fanno venire voglia di rivalutare Raf. La canzone parla di suicidio. Purtroppo non il loro.

Finley - Adrenalina
Poteva passare un'estate senza Finley? Poteva, poteva, ma purtroppo....
Parlare male di loro è come sparare sulla crocerossa, per cui preferisco porre l'accento su un'altra questione: perché il frontman canta tenendosi il culo?
Ci avete fatto caso: ha s e m p r e una mano ad altezza chiappe ed una sul microfono.
Paura di perdere le braghette?
Scarsa igiene intima?
Scaramanzia?
(La canzone è incommentabile. Identica a quella di tre mesi fa che era identica a quella di un anno fa che era identica a quella di un anno e mezzo fa).

Mika - Relax (Take it Easy)
Diciamoci la verità: Grace Kelly era un pezzo carino. I primi trenta secondi, poi rompeva i coglioni. Il nuovo singolo dell'uomo capace di dare uno spessore culturale ai Cugini di Campagna, non è nient'altro che una rivisitazione di un pezzo dei Cutting Crew.
Ce n'era bisogno? No.
Funziona? Sì. Ovvio. Ci mancherebbe pure.
Mika è l'Ivan Drago del pop moderno, sembra sia stato allevato in un laboratorio sforna-singoloni.

Bob Sinclair - Sound Of Freedom
Il dj più paraculo del mondo. L'uomo in grado di produrre tormentoni e colonne sonore per spot di telefonini con la stessa velocità con cui Pippo Baudo si mette il parrucchino.
I suoi pezzi non sono mai brutti, anzi. Il problema è che sono tutti uguali, fatti con lo stampino. Creati ad arte per far ballare le veline e De Sica vestito da vigile.
Ce lo porteremo dietro fino a Natale. Ovvio.

Beyonce & Shakira - Beautiful Liar

Il duetto dell'anno. Due donne capaci di generare uno tsunami solo con il movimento delle chiappe. Il video del pezzo è il trionfo de "la mossa", tant'è che viene il dubbio che sia stato girato a Napoli. La canzone è abbastanza banale (entrambe hanno fatto molto di meglio da sole), ma rende comunque l'idea. La domanda da porsi è un'altra: ma perché cazzo le hanno conciate in modo che sia impossibile distinguere l'una dall'altra?

domenica, giugno 17, 2007

It doesn't matter (The Chemical Brothers live in Rome)



Essere invitati ad un live dei Chemical Brothers, due giorni dopo la seconda Please Don't Go (a proposito: grazie a tutti!), è la cosa più simile ad una "quadratura del cerchio" che mi sia capitata ultimamente. Il modo migliore per chiudere una settimana, la mia, segnata in un modo o nell'altro dagli "anni '90".
Forse mi sbaglierò, ma volendo storicizzare il momento in cui la musica da ballo è finalmente finita tra gli scaffali degli amanti del rock, non si può non pensare al 1997 come l'anno del "big bang". Il momento in cui la cassa in quattro lasciava i rave e diventava pop. Pop moderno.

1997 - 2007. Dieci anni esatti. I Chemical Brothers c'erano già e, nel bene e nel male, ci sono ancora. Mi ricordo di aver fatto una cassettina, C90, un mastodonte con da una parte "Urban Hymns" e dall'altra "Dig Your Own Hole". Arrivare in fondo era un'impresa titanica, ma l'idea di aver preparato un nastro contenente sia The Drugs Don't Work che The Private Psychedelic Reel, mi rende ancora oggi orgoglioso.
Nel 1997, mentre era d'obbligo impazzire per "OK Computer", ti sentivi quasi in colpa ad ascoltare un disco del genere. Ti sentivi "alla moda" e al tempo stesso terribilmente in ritardo, perché se era all'ordine del giorno sentire frasi come: "Roni Size è la fusione perfetta tra l'uomo e la macchina", non potevi non accusare il disagio di essere arrivato "su una cosa" proprio nel momento esatto in cui ci arrivano tutti gli altri. Sapevi, insomma, che il bello era già passato e che da lì in poi sarebbe stato solo declino. Tutto sarebbe diventato "normale" e "assimilato".
Anche se dietro l'angolo, dall'altra parte della strada, c'era "Homework" che stava arrivando e qualcosa di bello sarebbe ancora dovuto succedere.

Cercando di individuare una data simbolica tra il momento in cui i Chemical Brothers hanno smesso di essere nuovi e quello in cui sono diventati delle popstar, si può fare riferimento al giorno in cui Tom Rowlands ha deciso di tagliarsi i capelli.
Fateci caso: con Tom nerdone e capellone, come andava di moda all'epoca dei rave, i Chemical hanno tirato fuori i loro album migliori (da "Exit Planet Dust" a "Surrender"). Poi con l'immagine riveduta, corretta ed annacquata, si sono limitati ad inseguire e rinverdire i fasti di un cliché diventato con il tempo un approdo rassicurante. Nonostante siano comunque riusciti a centrare ancora qualche singolone (It Began in Afrika, per dirne solo uno), l'interesse verso la loro musica è andato via via scemando.

Non è un caso che il concerto di ieri sera sia stato spostato dal PalaLottoMatica (dove era inizialmente previsto) all'infinitamente più piccolo Stadio della Pallacorda, al Foro Italico.
Se da una parte è stato un bene (è folle organizzare concerti al chiuso il 16 di giugno), dall'altra è stato impossibile non notare gli spazi vuoti anche dove la calca era veramente degna di questo nome.
E' che andare a vedere un concerto dei Chemical Brothers, oggi come oggi, è la stessa identica cosa che andare ad un concerto degli U2 o svenarsi per almeno una delle date della reunion dei Police. Innanzitutto per i costi: 57 euro, un prezzo da vecchie glorie. Tipo che con 20 euro in più diventa un concerto degli Who. Ma non solo, è lo spettacolo ad essere diventato veramente "grosso": con un maxischermo che prende l'intero palco, i rack pieni zeppi di effetti, synth e quant'altro, disposti come fossero la plancia di comando di un'astronave e una scaletta impeccabile. Con Hey Boy, Hey Girl (la loro Stairway to Heaven?) buttata in pasto alla folla a pochi pezzi dall'inizio e liquidata in poche battute, il resto dei brani rimaneggiati quel giusto che serve per renderli diversi ma comunque riconoscibili (The Golden Path decisamente più heavy e con le strofe sacrificate in favore del loop del ritornello ripetuto all'infinito). Per non parlare dei visual. Fantastici: dal progetto architettonico del "Cuppolone", velocizzato e riprodotto durante Believe, all'invasione dei robot giocattolo (in 3D), alle palline che rimbalzano ed esplodono rilasciando vernice. Tutto perfetto. Tutto come doveva essere. Tutto normale. Una valanga di bassi non sempre trascinanti (ammetto anche di essermi seduto in un paio di occasioni, con la sensazione di trovarmi ad un concerto fatto più per essere guardato che ballato) e mani alzate ed agitate a tempo.
Il tutto per un pubblico che non è quello dei normali ritrovi elettronici (non c'era né il popolo di Dissonanze, né quello del venerdì sera al Goa) e neanche quello degli indie rocker più aperti al ballo. Quella fetta di popolazione ormai abituata alla fusione estetica di rock e dance, anestetizzata a colpi di nuovi sampler Ed Banger e compilation Kitsunè (il gergo da ballo più abusato e compreso da quelli che normalmente ballano poco), probabilmente era da un'altra parte.
C'era, invece, il pubblico dei maxi raduni, quelli che tromba d'aria permettendo, magari, questa sera sarebbero partiti per andare a vedere Vasco al festival della birra.
Gente da sabato sera. Gente da grande evento.
Gente all'inseguimento della nostalgia di un passato non ancora divenuto tale.

venerdì, giugno 15, 2007

E tutto d'un tratto... un genio!

Dai commenti del post su Pippo Franco (roba di più di un anno fa):

" pippo franco era un artista. non dovete nemmeno azzardarvi ad offenderlo...era un artista. un genio. uno stratega, un eroe. ha scritto la storia di questo paese negli ultimi 40 anni. grazie a lui l'italia non è in mano alle logge massoniche si stampo borghese. purtroppo, da quando è al bagaglino, non si scaglia più contro i furbacchioni...ma comunque non è un problema, perchè QUESTO pippo franco non è quello vero. è un sosia. e il vero pippo franco non si sarebbe mai candidato in politica...perchè ha sempre combattuto le ingiustizie senza compromessi. gli eroi rimangono eroi e la loro memoria va preservata a ogni costo."


mercoledì, giugno 13, 2007

Nel senso di rumore di cose che si rompono (un po' Primavera/3, un po' MiAmi, parecchio tutto il resto)

Ne parlavo con qualcuno l'altra sera, poco dopo la fine del live canadese in quel di Sporco Impossibile: non mi faccio una dormita come si deve da prima di partire per Barcellona ed il fatto di dover cacciare nuovamente i bagagli nel furgone (direzione Boyloveday della musica indipendente italiana e concertino in riva al Trasimeno) non aiutava.
Così, domenica pomeriggio, lasciato alle spalle il rock and roll, ma anche i baci, le zanzare e il caffè corretto, mentre giravo le chiavi nella toppa di casa, sentivo che qualcosa non andava.
L'unico rumore che si udiva dal mio palazzo era quello generato dall'impianto di un ragazzo che pagava qualcun altro per una serenata alla sua futura moglie.
Vivo per lei degli O.R.O.

Volevo avere la forza per aprire le finestre ed urlare.
"Non lo sposare. Scappa. Scappa ora che sei in tempo!
Ma niente, non che l'ho fatta.
Ho messo l'EP nuovo dei Settlefish e mi sono buttato sul letto.
Ho dormito due ore. Mi sono svegliato con la febbre a 38.
Ho dormito due giorni, non ho più la febbre. Ancora non so se sono sveglio.

Il MiAmi non me lo sono goduto tantissimo. Siamo arrivati due ore prima del MiceConcerto e siamo partiti la mattina dopo. In mezzo tantissime facce e moltissimi live.
Qualcosa di bello e qualcosa di brutto, ma un'atmosfera tutto sommato niente male, un delirio di gente ed un clima umido ma non bastardo. Si stava bene, insomma.
Peccato che la mia testa sia ancora pesantemente occupata dai ricordi "primaverili", per immagazzinare altra musica ed altri palchi.
Se chiudo gli occhi vedo ancora J Spaceman, quartetto d'archi, pianoforte e signorine di colore ai cori. Li vedo mentre attaccano Walkin with Jesus ed io non mi trattengo.
"Ma come 'fermati', è Walkin With Jesus, cazzo!"
Il concerto dei Mice è andato così così. Non è facile per un gruppo con quattro chitarre, salire sul palco, attaccare e suonare. Si rischia il caos. Ed infatti caos fu. Almeno per la prima metà del concerto. Ma l'energia c'era ed almeno a me, che sono di parte, il concerto non è sembrato poi così disastroso. Anzi.
Barcellona mi ha messo addosso una voglia di Billy Bragg che non avevo mai avuto prima. Ed è strano. Billy Bragg suona a Roma abbastanza spesso da averne le palle piene, eppure non l'avevo mai visto. Ed è stato meglio così. Perché al Primavera ho potuto lasciarmi soprendere e tornare a casa di riascoltare i suoi dischi. Così come è accaduto con Robyn Hitchcock e la sua band che neanche l'all star game del N.B.A. degli anni d'oro.

Il giorno dopo, a Castiglion Del Lago, è andata decisamente meglio.
Forse perché non c'erano ansie di sorta, forse perché era scritto nelle stelle, ma è stato uno dei concerti più divertenti e surreali da quando siamo in giro con "I'm the Creature".
Con il publico che arriva a metà concerto, si fomenta e costringe il promoter a richiederne un altro.
Come negli anni'70. Due concerti in uno, con la gente che balla, batte le mani ed accenna mosse che neanche Non è la Rai. Molto punk, veramente. Quasi come il dj che, ad inizio serata, metteva un disco degli LCD ed uno dei Motel Connection, poi uno degli LCD e un altro dei Motel Connection. Per due ore. Bellissimo. Un messaggio in codice, in pratica.
Comunque, chiudo il discorso barcellonese una volta e per sempre: ho ballicchiato poco e male. Justice uguale baraccone destroy, Girl Talk così così, Diplo tre minuti, ma divertenti, Dj Yoda metteva i Bon Jovi, Erol Alkan i Battles, ma solo alla festa. Bonde Do Role: una truffa. Dj Hell ha messo un Carl Craig remix dei Junior Boys. Niente male. E via così.
Ho bei ricordi di Kimya Dawson e ShannonWright (anche se avevo sonno). La domenica ottimi Of Montreal e Apse. Bene gli Apostle of Hustle. Terribili i Malajube. Ad un certo punto sono anche andato a casa, sono tornato ed ho trovato gli spagnoli che ballavano un pezzo dei Perturbazione. Che poi era un pezzo dei Belle & Sebastian.
Forse avevo già la febbre. Forse no.

Gli ultimi giorni li ho passati negli anni'90.
Quelli degli Sugar di Bob Mould. Ma anche quelli trash di domani sera.
Se ce la faccio.



Poi, forse, dormo di nuovo. Forse.

lunedì, giugno 11, 2007

Plaster Casts of Everything


Tipo i Nirvana che ad un certo punto diventano tedeschi. Ma tedeschi come sarebbero potuti essere gli Stooges se fossero cresciuti a birra e crauti piuttosto che a Quaalude.

Il nuovo singolo dei Liars. In streaming su Pitchfork per 48ore ed anche qui.



Con un singolo del genere potrebbero fare i soldi dei Kazzons.
(Grazie Federica).

(Update: neanche un giorno e già si trova l'intero album. Non c'è più gusto, ormai).
(Io, nel frattempo, ho la febbre alterrima. Oh Yeah).

giovedì, giugno 07, 2007

Hospitals°Twee°Illness°°You°U2°MIAMI°Djs° Steven Spielberg°Rats° To wait°Crowded Places°Highways°Music reviews°Expectorating...



Domani e dopodomani, a Milano, c'è il MiAmi.
Sapete tutti cos'è il MiAmi, no? E allore veniteci.
Alle 20e30 sul palco Sandro Pertini saliranno i MiceCars.
Approposito: il feticcio dell'estate è ufficialmente in vendita.
Tantissimi colori e tantissime taglie.

Per chi "odia" e per chi "ma anche no".



Se proprio v'interessa potete scrivere qui:micecars/at/yahoo.com

E'ancora Primavera/2 (Questo post si "allargherà" a poco poco, per cui occhio. Conto di finirlo il primo giorno della prossima edizione)

Rockdelux

E' il secondo palco per ordine di grandezza. Un anfiteatro a strapiombo sul mare.
Lo stage più suggestivo ed al tempo stesso "difficile" del festival. Non per il tipo e la qualità della musica proposta, ma proprio per la sua posizione. Al Rockdelux fa un freddo cane. E quando fa un freddo cane ovunque al Rockdelux lo fa di più. Non solo. Quest'anno gli organizzatori hanno pensato bene di posizionare il palco dedicato alla dance (il Cd Drome) proprio dietro le gradinate dell'anfiteatro. Risultato: un bum bum bum bum bum fisso che disturba qualsiasi esibizione prevista nella tre giorni, suscitando di tanto in tanto reazioni scomposte da parte dei musicisti.
In ogni modo: è qui che per noi il festival inizia per davvero, con il concerto dei Dirty Three. Anche loro invitati da Don't Look Back ed impegnati a riproporre il loro disco migliore. "Ocean Songs". Il loro suono notturno e dilatato mal si adatta al sole ancora alto delle 20. Sono comunque in grandissima forma. Impossibile staccare gli occhi da Warren Ellis (e dalla sua barba).
Anche gli Slint suonano "Spiderland", canzone per canzone. L'impressione è la stessa suscitata dalla reunion precedente, quella del 2005. Il concerto degli Slint non è un concerto rock, è un'altra cosa. Una cosa che assomiglia ad un concerto rock solo per il tipo di musica proposto e per gli strumenti con cui vengono suonate. Per il resto è molto più simile ad un concerto di musica classica in cui un'orchestra esegue un'opera nella sua interezza. Nota per nota. Addirittura riuscendo a riprodurre fedelmente il suono del disco e non solo le canzoni. Un live di una freddezza quasi chirurgica, un'operazione a cuore aperto, in pratica.
Altro recupero direttamente dagli anni '90 più "sonici" (odio questo termine, ma è l'unico che rende l'idea) è quello dei Girls Against Boys. Dimenticati definitivamente i discacci major di fine anni novanta, sembrano essere tornati quelli degli esordi Touch & Go. Pesanti e potenti. Esattamente quello che sarebbero sempre dovuti essere.
Di Beirut ho sentito solo un brano mentre transumavo dagli Spiritualized alla Band Of Horses. Si può dire: "du' palle?"
Hot Chip, Architecture in Helsinki, Ted Leo e Buzzcocks non pervenuti.
I Blonde Redhead sono tornati ad essere una live band guardabile, dopo i disastri del tour di "Misery...". Peccato solo per la scaletta veramente troppo incentrata sull'ultimo album e con solo due recuperi dai due dischi immediatamente precendenti. La cosa più impressionate da osservare sono state le cosce di Kazu (short minimalissimi!) che ondeggiavano sotto i violentissimi colpi del vento barcellonese.
"Ma lo sai che il gemello del goal con la chitarra ha un bel culo?".
E poi dicono che sono solo i maschi che guardano certe cose.
I concerti migliori, senza dubbio, sono stati quelli di White Stripes e The Good, the Bad & the Queen. I primi presentanto il nuovo album. Il palco è agghindato a festa. Ci sono strumenti e microfoni ovunque. Musicalmente ineccepibili e esteticamente perfetti, portano a casa uno dei concerti più riusciti dell'intero festival. Jack White è una furia, canta e suona da Dio. Meg è Meg. Le sue facce, le mossette, i polsi che si muovono mentre il resto del corpo rimane immobile, fanno parte dello show. Sono lo show. Finale doveroso con Seven Nation Army e il singalong dei campioni del mondo. Ho scoperto che gli spagnoli al "po po po po po po po", preferiscono "va, va, va, va, va, va, va".
Impeccabile anche l'all star game di Damon Albarn. L'ormai ex figo cantante dei Blur si presenta vestito di tutto punto, con tanto di cilindro, alla sua sinistra Paul Simonon. La storia. I Clash. La copertina di "London Calling" che si muove. Al cilindro preferisce il borsalino ed è senza dubbio l'essere più figo che abbia mai calcato un palco. Si muove sornione, balla, cammina, fa le facce, perde la cinghia del basso e va avanti lo stesso. Suona sempre lo stesso giro. Suona reggae in un gruppo non reggae. Esattamente come suonava reggae in un gruppo punk. Sempre. Canzone per canzone. Ed interagisce alla perfezione con Tony Allen, uno dei migliori batteristi che mi sia mai capitato di vedere dal vivo. Simon Tong ed un tastierista aggiunto assolvono perfettamente al loro compito. Tutto è calcolato al dettaglio, nessuno suona una nota più del dovuto. Non è esattamente un concerto da festival e necessiterebbe di un'atmosfera un po' più raccolta. Ma va bene lo stesso. Peccato solo che dal mixer in poi fosse impossibile ascoltare il concerto a causa dei volumi elevatissimi di qualche re della cassa dritta. Io, comunque, ero alla transenna.
Meritano un discorso a parte i Battles. Previsti per la mezzanotte di sabato, all'ATP Stage, vengono spostati alle quattro del mattino al Rockdelux. Al posto dei Klaxons. In pratica è l'ultimo concerto vero del festival. Subito dopo gli Wilco. E qui succede il miracolo: arrivo nel parterre che penso di aver ormai dato tutto ed essere rimasto senza energia, ma è impossible sedersi o riposarsi. I Battles dal vivo sono un'iradiddio. Distruggono la forma canzone e la trasformano in qualcosa di diverso, "altro". Il math rock dei primi E.P. è diventato una sorta di rock-barra-musica elettronica destrutturata e ricomposta. Atlas è il vero tormentone dell'estate. Inizia che si confonde con la legna mandata da Play Paul qualche metro più in là e fa ballare tutti, ma proprio tutti. Nessuno escluso.

ATP

La vera novità di quest'anno: lo sbarco dell'ATP Festival in terra di Spagna con numerosi eventi speciali (quelli di cui ho parlato prima) ed un palco tutto suo.
Come posizione sicuramente il migliore della rassegna, quello più riparato dal vento e capace di ospitare alcuni dei nomi più interessanti. Peccato purtroppo per le dimensioni (troppo strette per band ormai diventate enormi) e per i problemi tecnici che hanno colpito soprattutto la serata di venerdì.
Persi per troppa concorrenza Brightblack Morning Light, Black Mountain, Mùm, Isis, Oakley Hall e Black Lips (tutti gruppi che vorrei vedere, anche quelli che ho già visto), sono rimasto piacevolmente sorpreso dagli Apples in Stereo. Il piano iniziale era quello di vedere un paio di pezzi del loro concerto, spostarmi a vedere Ted Leo e poi raggiungere di corsa la venue del live di Jonathan Richman. Niente di tutto questo. Il bello dei festival sta proprio nei programmi che saltano all'ultimo e nelle sorprese dell'ultim'ora.
Conoscevo gli Apples in Stereo e mi piacciono anche un bel po', ma non avrei mai scommesso una lira su un concerto come il loro. E invece...
Invece mi sono trovato davanti un gruppo power pop come ce ne sono pochi in giro. Fieramente retrò e già sentiti. Allegri e potenti. Gli Weezer filtrati Elephant 6. Vestiti come idioti e divertenti come Manchester Utd - Roma.
La giornata migliore è stata senza dubbio la seconda, con il poker Band of Horses, Modest Mouse, Low e Built to Spill (Caizzi: "Ma che sei tu il direttore artistico di 'sta serata classic rock? Mancano solo i Wilco"). Dei primi vedo mezz'ora e quasi rimpiango di essermi perso il resto. SPETTACOLARI. La crasi di Built To Spill e Wilco (ecco). I figli di Neil Young. Portateli in Italia, portateli a casa mia o dove vi pare. Ma portateli! E i pezzi nuovi promettono benissimo.
I Modest Mouse li vedo praticamente dalla transenna. Piena calca. Sul palco hanno due batterie (una la suona Joe Plummer dei Black Heart Procession) e c'è Johnny Marr. Ovviamente. Iniziano alla grande con Paper Thin Walls. Sono una macchina da guerra, suonano con precisione inedita (chi si ricorda i concerti di sei anni fa?) e sorprendente freddezza. I Modest Mouse quasi figli dell'hard core sono ormai un lontano ricordo. Isaac Brock è inquietante come sempre, con tanto di occhio nero e benda da pirata, biascica poche parole ma significative ("Di solito i festival mi fanno schifo, ma qui è carino. C'è gente sopra, sotto, di lato..."). Chiudono con Spitting Venom e lasciano il pubblico in attesa di un bis che non avverrà mai. Peccato (nel frattempo tutti si allontanano dal palco canticchiando la parte di tromba dell'ultima canzone). Unico appunto: le voci che da sotto si sentivano solamente dalle spie.
Raggiungo il concerto dei Low che è già iniziato da un po'. Chiunque li abbia già visti sa cosa aspettarsi. I Low sono quella roba lì, questa roba qui, punto e basta. Possono piacere o non piacere, causare estasi o rompere il cazzo, ma non ti concedono niente, sei tu spettatore che devi andargli incontro e decidere se fanno o meno al caso tuo.
Amazing Grace dal vivo, davanti ad una folla enorme e silenziosa, è emozione pura (ed un giorno, a bocce ferme, senza i blog, i tumbler e last fm, ripenseremo a "Trust" come ad uno dei dischi seriamente importanti di questi anni qua).
I Built to Spill li vedo da lontano ma non troppo. Altezza mixer, più o meno. Non per scarso interesse, l'esatto contrario, ma per evitare il problema "voce" già avuto con i Modest Mouse.
Scelta oculatissima, il loro live sarà devastato dai problemi tecnici (tra cui un feedback assassino che ha frantumato i timpani della band per gli anni a venire), ma nella mia zona si sentirà tutto in maniera quasi ottimale. Se siete di quelli che hanno problemi con la psichedelia e gli assoli di chitarra, statevene a casa. I Built to Spill non fanno per voi. Per tutti gli altri: date un rene, vostra madre, il vostro animale domestico e preparatevi a sentire il miglior indie rock possibile (seguiteli in capo al mondo, ora che sono già passati dall'Italia). Basso, batteria e tre chitarre che si rincorrono e s'incrociano come neanche quelle dei Television (o solo quelle dei Television).
Spaziano tra un disco e l'altro, non si risparmiano, e buttano lì una Carry the Zero che non t'aspetti e che fa male. Doug Martsch potrebbe concorrere con Will Oldham per il titolo di "miglior sosia di De Gregori vivente". Vincerebbe senza sforzo. Vengono tirati giù dal palco dopo un'oretta. Peccato. C'è Dj Psychocandy che incombe. Anche se nessuno ha idea di chi diamine sia. Tra le teorie più accreditate vince quella di Maxcar: "E' uno che suona 'Psychocandy' s su due piatti, contemporaneamente, per fare meglio l'effetto eco."
Ottimi i Grizzly Bear. Il disco mi era piaciuto molto, ma dal vivo mi hanno sorpreso. A partire dalle due canzoni acustiche eseguite nello stand di MySpace. Il live elettrico mi ha spiazzato: nessun pezzo di "Yellow House" e moltissimi brani nuovi e pescati dal passato meno recente della band. Si vestono come dei tedeschi in vacanza. Ed io li amo anche per questo.

Auditori
...

Bonus Track: Modest Mouse - Paper Thin Walls (video).

mercoledì, giugno 06, 2007

E' ancora Primavera

Partiamo dall'inizio, ma non dall'inizio-inizio.
Valige, check-in, prenotazione sbagliata, cellulare dimenticato, gomito del tennista ed ulcera perforante ve le risparmio.
Partiamo dalla scena di me che esco dall'appartamento (un monolocale travestito da bilocale, con la doccia in una stanza- in modo che tutti quelli che hanno bisogno di lavarsi possano entrare ed ammirare la visione di noi dormienti- e bagnera davanti alla porta dell'altra. Uno sgabuzzino con un letto dentro) e invece di fare come la creanza impone, prendere la metropolitana, decido di andare diritto ed improvvisarmi scout del centro di Barcellona.
Risultato: camminiamo una cifra ed arriviamo al Festival che è già sera. Gli Herman Dune vengono dati per spacciati. Il loro teatrino di barbette, chitarrine e coretti sarà andato in scena senza che noi potessimo assistere. Pare.
Quello che più mi dà fastidio non è l'aver passato più di una mezz'oretta in fila, a causa del mio ritardo, ma il fatto che dopo giorni, settimane, mesi ed anni passati a raccomandare a chiunque di arrivare presto ed evitare le code, sia stato proprio io stesso a cadere in questo errore.
E' che noi che il Primavera l'abbiamo visto giovane, noi che c'eravamo quando ancora non c'era il Fòrum, noi che sono quattro anni ormai che Barcellona vuol dire bassi, chitarre e clarette e che guardiamo gli altri, i novellini, con lo sguardo di quelli che ne sanno e che ne hanno vissute tante, siamo contenti di vedere questo festival diventare grande, enorme, ma sotto sotto, in fondo in fondo, ci dispiace e neanche poco.

Insomma: alla fine entro e per fortuna (rischiavo di prendere le botte) un paio di pezzi degli Herman Dune riesco anche a vederli. Durano poco, pochissimo per farsene un'opinione, anche se fa impressione vederli in uno spazio grande come quello del palco principale del festival. Il main stage.
L'Estrella Damm.
E' qui che giorno dopo giorno sfileranno i grossi calibri del festival e non solo.
Purtroppo non ho visto neanche una nota di Rakes (a quanto pare seri canditati per il titolo di "Best Merda"), Maximo Park e Los Planetas (tutti il secondo giorno).
Già detto di Herman Dune, ho concesso altri spizzichi e mozzichi ai (alle) Long Blondes.
Ecco: se la definizione gruppo inutile ha un senso (e ce l'ha) viene chiaro pensare che sia stata coniata per loro. O meglio: loro vi si adattano alla perfezione.
Sono bastati dieci minuti del loro set a capire di voler essere altrove. E altrove sono andato (ad onor del vero erano i dieci minuti finali, quelli in cui fanno i singoloni. Per capirci). La conferma che hype e musica ogni tanto viaggiano su strade diametralmente opposte.
Appagante invece la mezz'oretta di Fall che sono riuscito a vedere. Potenti e groovy.
Certo lo sguardo vuoto di Mark E. Smith è sempre lo sguardo vuoto di Mark E. Smith, ma almeno oggi decide di non fare scherzi e sembra (sembra) in buona forma.
I Melvins e i Sonic Youth erano a Barcellona come rappresentanti del progetto Don't Look Back (festival itinerante che si basa sull'idea semplice quanto nuova di "band performing disco per intero, seguendo la scaletta dall'inizio alla fine"). I primi hanno da pochi giorni annunciato la cancellazione dell'intero tour, per cui questa del Primavera diventa un'occasione più unica che rara. Suonano "Houdini" ed io non so se qualcuno se lo ricordi ancora, quel disco.
Fondamentalmente è l'album dei Melvins con Kurt Cobain ospite speciale, ma non solo. E' un piccolo capolavoro di grunge, hard rock e doom. Tutti generi che se nel 1993 erano sulle bocche di tutti, oggi a metterli in fila così, uno dopo l'altro, finisce che fanno quasi paura. Ed un po' è vero. I Melvins sono potenti, ipnotici, pesanti, perfetti. Fanno paura perché vogliono fare paura. Tutti i brani sono riarrangiati per la nuova formazione del gruppo, con due batterie. Chapeau.
In altra direzione vanno i Sonic Youth, che per la messa in scena di "Daydream Nation" decidono di tornare a calcare il palco in quattro, come ai vecchi tempi, riproponendo i pezzi nel modo il più simile possibile all'originale.
E' la prima data del tour. Si vede che sono ancora "freddi" ed in pieno rodaggio, ma vanno comunque che è una meraviglia. Il problema con questo tipo di esperimenti è che si corre il rischio di ritrovarsi davanti ad un gruppo costretto a suonare in modo involuto rispetto alla direzione intrapresa nel corso degli anni. I Sonic Youth del 1988 erano sovversivi, arditi, "nuovi"; quelli del 2007, no. Sono consapevoli del loro potenziale e di come il loro suono sia diventato un cliché. Un ottimo cliché, riconoscibile dalle timbriche delle chitarre in su. Sembrano infatti molto più carichi e "a fuoco" quando, per i bis, sale sul palco Mark Ibold e vengono affrontati i brani del repertorio più recente, con Kim Gordon impegnata alla terza chitarra.
Anche Patti Smith è "performing un disco per intero". L'ultimo, quello di cover, "Twelve". Ad eccezione di tre chicche del passato (Because the Night e Gloria, che poi sono due cover anche loro, e Rock 'n Roll Nigger). Giulia, di fianco a me, guarda il palco indicando Patti Smith come un bambino che ha appena visto le sue caramelle preferite sul bancone del bar. Il concerto non è esaltante, tranne che nel finale. E ci credo:"G. EL. OAR. AIAIAIAIAIAEIII!".
Della reunion degli Smashing Pumpkins se ne parla e se ne parlerà tanto.
Salgono sul palco con la musica di Suspiria (o Phenomena?), lo sfondo è costituito da un'enorme bandiera americana con il logo del gruppo dove andrebbero le stellette degli stati.
Quando salgono sul palco, in dieci facciamo la stessa battuta: "Cazzo, i Rockets!"
Il primo brano è nuovo. Si chiama "U.S.A." Quasi otto minuti di strumenti che vanno per i cazzi loro (il nuovo corso Smashing Pumpkins sembra essere:"Palla a Jimmy Chamberlin e pedalare"), con Corgan che urla: "Revolusciauuuuunnnn!". Pronuncia proprio così: "Revolusciaun", così come anni fa pronunciava "Sceis" invece di "She's". Lo fa solo lui. E gli si vuole bene un po' anche per questo. La scaletta è perfetta: un po' di nuovo (5 pezzi, uno peggio dell'altro) e molto di vecchio. Ci sono le hit (Bullet With Butterfly Wings, Disarm, 1979, Today) e i regali ai fan duri e puri (Hummer, 33 - acustica e bellissima - Muzzle). Peccato solo che il tutto sia presentato con un'aria da baraccone ambulante che rende il concerto alla lunga insopportabile. Perché va bene Corgan svociato che canta To Sheila, va benissimo Corgan vestito come il Papa, si sopporta anche il kitsch degli abiti dei musicisti aggiunti e non, si accetta Corgan che saluta portando la chitarra in spalla come Cristo la croce, va bene tutto. Quasi.
Nonostante ciò non c'è l'ho fatta a lasciare il concerto e sono arrivato in fondo (con buona pace di Patton/Fennesz e dei Comets On Fire).
E poi ci sono gli Wilco. Gli Wilco alle due di domenica mattina. Gli Wilco che, insomma, se si è andati qui è anche per loro. Per cui: presto sotto al palco. Mezz'ora prima.
"Prendi i posti."
"Al centro. Sotto Jeff."
"Cazzo quanta gente c'è!"
Alle due di domenica mattina, con le gambe che fanno male e la stanchezza di tre giorni passati al festival. Gli Wilco arrivano e ti aprono in due.
"I remember my mother's, sister's, husband's, brother". Aprono con You Are My Face e proseguono tra pezzi di "Sky Blue Sky" (Side with the Seeds, Shake it Off, Impossible Germany, Walken, Sky Blue Sky"), "Summerteeth" (Shot in the Arm, Via Chicago), "Yankee Hotel Foxtrot" (I Am Trying to Break your Heart, Jesus Etc) e "A Ghost Is Born" (Hummingbird, Handshake Drugs, Spiders, I'm Wheel). La formazione è quella del tour di "A Ghost is Born"e ci mancherebbe, visto che il nuovo album non è nient'altro che il continuo del discorso intrapreso proprio da quel tour. Tweedy è in forma, canta e suona da Dio. Intrattiene il pubblico ed appare molto rilassato. Nels Cline, all'altra chitarra, fa letteralmente i numeri. Suona dieci strumenti diversi pur suonandone uno solo. Guardarlo è uno spettacolo nello spettacolo.
Suonano poco più di un'ora e mezza. Un piccolo antipasto di quello che succederà a Torino.
[Fine Primo Tempo]

Bonus track: l'inizio del concerto dei Sonic Youth (video).

martedì, giugno 05, 2007

5 momenti del Primavera Sound che cercherò di non scordare e che se li scorderò vorrà dire che ho l'Alzheimer

I due "serpentoni" con Kimya Dawson, dentro e fuori l'Auditori del Fòrum. (Il serpentone. Qualcuno sa perché).

"I'm coming home, I'm coming home via Chicago" e subito dopo "sblegh, turuturutututu, sblenghhhhhh". Il momento più bello del concerto degli Wilco. (Non che sia una novità. E' che non ci si abitua mai).

Ciao-Ciao-con-la-manina a Peter Buck. All'aeroporto.

PAUL SIMONON che fa i numeri con la telecamera di Giulia (quindi un po' anche mia, quindi uno dei Clash che fa i numeri con una roba anche un po' mia).

Walking with Jesus. Voce, chitarra, organo, archi e coro gospel. La perfezione.

Ed un sacco di altre cose e concerti e facce e storie che a raccontarle tutte ci vuole un post lunghissimo. Di solito tre. Uno per giorno. Quest'anno non so.


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