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Weeds



domenica, giugno 05, 2005

That's entertainment



Il Wrestling. Questo sconosciuto.
Sì, dai, proprio quella cosa lì che fa impazzire gli under dieci, venti, trenta ed over quaranta di tutto il mondo.
Quella cosa lì che da questo lunedì arriva in prime time, per due ore, su Italia Uno.
Come un Gerry Scotty To Hottie qualsiasi.
Il Wrestling.

Nel 1988 c'era ancora André The Giant e c'era Hulk Hogan. Ovvio.
Andavano uno contro l'altro.
André the Giant era grosso, enorme ed aveva un costumino nero.
Ino-ino... come un tendone da circo.
Un tendone da circo che sul suo corpo faceva l'effetto di un filo interdentale sul culo di una Velina.

Il gigante era il "cattivo". L'orco malefico pronto a fare polpette del malcapitato di turno.
Il malcapitato di turno era Hulk Hogan.
L'uomo pelato, ma con i capelli lunghi.
L'uomo con la maglietta gialla. Quella maglietta che finiva in mille pezzi, giusto un attimo prima dell'inizio dell'incontro.
Il "vero americano". Il "buono".

Il concetto di "buono", nel Wrestling, è un concetto labile quanto una donna che prende il sole su un tettuccio di una macchina, in autostrada.
A Ferragosto.

Il "buono" nel Wrestling, notoriamente, ha il compito di prendere un sacco di botte e perdere gli incontri nei modi più cruenti, efferati e scorretti possibili.
Più perde e più il pubblico si affeziona. Più perde e più la sua vittoria, quando avverrà, sarà perfetta ed implacabile. Epica, pure.

Quando, invece, il "buono" (face, come dicono gli espertoni) è anche un campione, il personaggio di punta, si limita a prendere mazzate per la quasi intera totalità dell'incontro, per poi risorgere e fare polpette dell'avversario. Un po' come una squadra di basket che in tre minuti ribalta un parziale di 33 ad 8 e lo trasforma in un trionfo.
Tra il tripudio del pubblico, ovviamente.

Così, André The Giant si prendeva gioco di Hulk Hogan. Lo sbatacchiava da una parte all' altra, come un gatto con il topo.
Hogan era a pezzi, una maschera di sudore e tagli. Poi cambiava qualcosa, incominciava a sbuffare, dondolava il capo e puntava il dito. Gridava e puntava il dito.
Si faceva sotto, prendeva il gigante, lo sollevava e lo lanciava.
Uno. Due. Tre.
Vittoria.

Con lui vincevo anche io, imitavo le mosse, mi passavo le mani vicino alle orecchie e aspettavo con ansia il prossimo incontro ed il prossimo cattivo da fare a pezzi.

Hulk Hogan era il mio supereroe. Altro che Batman.

Da quella volta, ho cominciato a seguire gli incontri con interesse e regolarità. Per capire che si trattava una finzione c'è voluto pochissimo tempo. Ma andava bene così, lo stesso.

Guardare il Wrestling è come andare a teatro per assistere all'ennesima replica di Cats. Sai chi sono i "giusti" e chi sono quelli "sbagliati". Sai che i voli, i salti, i pugni, fanno parte della coreografia.
Come un pliée e un jetée. Diversi però uguali.

La sera in cui Hulk Hogan e The Ultimate Warrior si sfidavano per il titolo mondiale, in Italia era un sabato.
In TV trasmisero l'incontro in seconda serata.
Ricordo che c'era Dan Peterson eccitato ed entusiasta. Quel match era l'Italia-Germania 4-3 del Wrestling. E lui lo sapeva.
Noi eravamo in tanti, davanti alla TV. I nostri genitori ci avevano permesso di guardare l'incontro insieme. Per una volta si poteva fare tardi.
Eravamo divisi: chi tifava Warrior e chi Hulk. Che poi tanto era la stessa cosa.

Vinse il più giovane. Il guerriero.
Ed Hulk Hogan mise la firma per quello che sarebbe stato il suo futuro.
Diventare Presidente degli Stati Uniti.
Succederà. Eccome se succederà.

Sono passati quindici anni da allora, la mia vita è cambiata. Il Wrestling è cambiato. Con il passare del tempo è diventato il più crudo e sincero ritratto delle contraddizioni americane.
Lottatori latinoamericani che ne combinano di ogni (persino entrare in scena con il camion dell'autospurgo), lottatori omosessuali che come mossa finale hanno "l'inchiappettamento". Lottatori che stendono gli avversari a colpi di mele avvelenate. E wrestler di sesso femminile che se la danno di santa ragione davanti ad un pubblico che è lì nella speranza di una tetta sgusciante. Va bene una sola. Non servono tutte e due.

Poi ci sono Hassan e Daivari. Gli arabi. Scorretti, cattivi ed invicibili. Dopo ogni incontro sputano sulle stelle e strisce ed insultano il Presidente.
Il pubblico li odia. E loro vincono. Come da meccanismo.

Per sconfiggerli Hogan ha dovuto eliminare la pancera e rimettersi la canotta gialla. Quella di un tempo.
La canotta di quando ero bambino.
Come adesso.

8 Comments:

Anonymous Anonimo said...

Di quegli anni mi ricordo certi finti teatrini con protagonisti Hulk Hogan, Randy Savage e Miss Elizabeth...
E poi non posso dimenticare Coco Beware.
[Solitaire]

6:48 PM  
Anonymous Anonimo said...

Ma di Raw a Roma si sa nulla?

2:50 AM  
Anonymous Anonimo said...

odio il uestrling

11:51 AM  
Anonymous Anonimo said...

Bel post, ma devo proprio ricordarti l'inimitabile figura di Roddy Rowdy Piper?


Peter t.

12:00 PM  
Blogger colas said...

Roma: 15 novembre PalaLottomatica.
Ma è più probabile sia smackdown.

Il vero problema del wrestling è il modo in cui viene gestito in italia.
Gli eventi vengono trasmessi male e commentati e montati peggio.
Il serale di Smackdown andato in onda ieri era scandaloso.
Avevano promesso anche incontri storici, ma niente di niente.

12:05 PM  
Anonymous Anonimo said...

Quando c'erano Tony Fusaro prima e Dan Peterson poi era un'altra cosa... proprio un'altra generazione. Faccio sempre più fatica a confrontarmi con il wrestling moderno, che è sempre più in mano a dei coatti con le facce da pornoattori di serie B, anche se una manciata di nomi storici stanno pure su Smackdown. Comunque niente potrà mai eguagliare le emozioni che provai all'European Rampage del '93, sigh...

2:39 PM  
Anonymous Anonimo said...

Ma infatti, scusate.

Vorrei portare avanti un caso umano e sociale; Mio fratello ha 13 anni ed è impazzito per il wrestling. Ora, tra i suoi preferiti c'è Undertaker (e vabbè), che avrà 82 milioni di anni e se è lo stesso è pure ingrassato maluccio. In questa galleria di diseredati figura anche il tamarro dei tamarri, John Cena.

John Cena è uno, che quando lo vedi, che quando lo vedo, ti/mi viene il travaso di bile per la faccia da cazzo che si ritrova. Rapper, 'buono', campione... insomma tutte le qualità che dovrebbe avere un possibile erede di Hulk Hogan. Mentre però Hulk rappresentava l'archetipo dell'americano spaccone cojonazzo che difende la libertà dei cattivi ne fa un sol boccone, ma poi alla fine è buono e comprensivo e anche tenerone (un pò come i bulli de roma), John Cena , invece, ti spiaccica sullo schermo proprio la faccia degli Usa che non vorresti mai più vedere; rissaiolo, prepotente, se la prende con i poco coraggiosi, mezzo razzistello (capito, lui che poi è al massimo di reggio calabria, con tutto l'amore per Reggio, la Reggina e i Dark Tranquilly), provocatore ingiustificato, in una parola o forse due, prevaricatore
e purtroppo, in un qualche tristissimo modo, avatar dello zeitgeist american/occidentale.

Cazzo, Roddy Rowdy Piper almeno si ubriacava di stout ed entrava con le cornamuse. Altro che YO YO YO YO YO .

scusa emilià, mi sono sfogato. Oh.

Ps. e poi, John Cena, fijo mio come te vesti!

pier

9:33 AM  
Anonymous Anonimo said...

Non posso che quotare. Ieri mentre stavo con Nihil dentro Discoteca Laziale ci è capitato di prendere in mano il disco di John Cena. Mi sono immediatamente sentito male e ho sentito la necessità di comprare subito tre copie di "Be A Man" di Macho Man Randy Savage. Ovviamente non ce l'avevano.

3:21 PM  

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