Tre puntini ed un viaggio
Un sogno che c’eravamo io e te in una macchina. Di notte.
Io guidavo (ehi, l’ho detto che era un sogno!) e tu dormivi.
Dormivi ed io guidavo. Cioè, ogni tanto chiudevo gli occhi anche io, ma fortunatamente non succedeva mai quando nella corsia opposta transitava un camion.
Nel frattempo, scartabellavo tra i cd, in cerca di qualcosa in grado di tenermi compagnia e farmi arrivare vivo, sano e nel pieno possesso di tutte le mie facoltà mentali, ma soprattutto vivo, a casa.
“Una compilation? No, meglio di no.
L’ultimo dei Sigur Ròs? Ma sei pazzo? Vuoi suicidarti?
Gli Art Brut? Chiiiiiiiiii?
OK, ce l’ho. L’ho trovato. Sufjan Stevens.”
Sì, Sufjan Stevens.
“Ecchicazz’è?”
No, non ti eri svegliata. Tu continuavi a dormire ed il sogno di me e te in macchina diventava il sogno di me e te in macchina con tu che dormivi ed io che parlavo da solo.
Sufjan Stevens è un pazzo. O forse è un genio.
O tutti e due.
O una volta la prima cosa e un’altra la seconda.
Comunque è uno che “c’è” talmente tanto che sembra che “ci fa”.
Sufjan Stevens è uno che ha in mente “un progetto”.
Un progetto talmente altisonante e irrealizzabile che lo rende ancora più folle.
L’alterego musicale di quelli che fanno il giro del mondo a piedi, si buttano dalla torre eiffel usando un pannolino come paracadute, si fanno filmare mentre fanno sesso con gli animali e recitano la divina commedia al contrario.
Un eroe, insomma.
Il progetto di Sufjan è semplice: 50 stati uniti di America e 50 dischi. Non uno di più e non uno di meno. Tempo limite per realizzare tutto ciò non ce n’è.
Ma Sufjan ha 29 anni e se consideriamo la media di un disco/due all’anno, lo possiamo immaginare mentre festeggia il raggiungimento del traguardo, un attimo prima di accompagnare il nipote all’esame di laurea.
Il primo stato è stato (evvai!) il Michigan. Il primo disco “Greetings from Michigan, The Great Lake State”.
Poi una pausa. Babbo natale e sette cigni.
Poi di nuovo zaino in spalla e piedi in strada.
Fino all’Illinois.
“Com’on feel the Illinoise” (ma se leggi sulla costina, solo “Illinois”) è proprio questo: un viaggio a piedi dentro uno stato grande quanto ventidue canzoni. Un viaggio a piedi, tra odori, parole, persone e personaggi.
Ce ne sono una sfilza anche nel libretto del CD. E’bellissimo giocare ad indovinarli tutti:
“Lui? Daaaai, facile, Abramo Lincoln.
E questo qui, vestito da clow, chi è, Krusty? Ma smettila! E’ John Wayne Gacy Jr.
Chiiii? John Wayne Gacy, il serial killer dei bambini.
Boh. E ‘ste macchine della polizia qua, che rappresentano? Sai che non lo so, magari i Blues Brothers. Tu che dici? Dico, ma sto Sufjan è questo qui che s’è fatto disegnare con il banjo in mano? Sì. Ah Beh.”
Il tipo “che si è fatto disegnare con il banjo in mano”, in realtà ha fatto molto di più.
Ha creato un mondo cercando di raccontarne un pezzo di un altro.
Un mondo che prende quelle facce, quegli odori, quelle parole, quei personaggi e quelle persone e le riveste di suoni. Le copre con i suoni. Li decolora e li ricolora. Di suoni.
Perché, capisci, questo qua non ha paura di un cazzo, non ha paura di ventidue canzoni per ottanta minuti che si inghiottono e si sputano a vicenda. Ventidue canzoni in cui “la prolissità” è un’arte. E il barocchismo uno spettro, grazie a Dio, tenuto alla larga.
Io non lo so se Sufjan riuscirà mai a realizzare il suo sogno.
Anzi: non me ne frega un cazzo.
So solo che tu dormivi ed io ascoltavo il disco. E guidavo.
Chilometri come canzoni, mentre tu dormivi.
Poi succedeva che arrivavamo a casa, parecchegiavo la macchina e ti svegliavo.
Mentre entravi nell’ascensore canticchiavi: “If I Was crying, in the van with my friends, it was for freedom, for my self and for the land”.
Non l’avevi mai ascoltata.
Prima del sogno.
4 Comments:
e mi raccomando, con superman in copertina!
eccerto.tre copie.
un consiglio: CLIccate su "babbo natale".
surprise.
(neanche troppo, ma per chi non ce l'ha ancora...)
ecchecazz ne sai poi che parlavo di te?:)
era un sogno generico, era!
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