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Weeds



venerdì, marzo 09, 2007

Il twee pop del diablo (love me/follow me)

A Roma ormai si gira senza cappotto. Anche di sera. L'otto di marzo.
Per strada gruppuscoli di donne si muovono in simultanea facendo lo slalom tra le mimose ormai vecchie di un giorno e i single pronti a buttarsi sulle prede come avvoltoi.
C'è folla davanti la porta della Locanda Atlantide. La stessa folla che incredibilmente svanisce appena si entra nel locale.
Poche persone attendono sotto il palco l'inizio del concerto, in molti hanno preso le sedie dalla saletta "chiacchiere"e se le sono portate dietro.
Il palco è addobbato in maniera strana: due grancasse, due charleston, un contrabbasso e diversi ampli per chitarra. Il centro è occupato da una strana cassa da cui, a mo' di coni, escono fuori degli altoparlanti simili a quelli di un grammofono. Una sorta di pre-amplificatore, nel senso di "amplificatore precedente l'invenzione dell'amplificatore", di cui tutti in sala ignorano la funzione.
Diventa più chiaro qualche minuto dopo, quando finalmente si spengono le luci e il bizarro marchingegno viene utilizzato praticamente come una loop station molto più scomoda da portarsi dietro.
Vanno visti dal vivo, i Deltahead. Vanno visti dal vivo molto più che ascoltati su disco.
Soprattutto se si è tra quelli che credono che le uniche cose interessanti venute fuori dalla Svezia siano quelle che hanno a che fare con l'indie pop più "gommoso", il garage rock e il black metal.
Generi che, in un modo o nell'altro, i Deltahead finiscono comunque per toccare. Nonostante siano convinti di suonare blues degli anni venti. Prendendo dal twee pop l'aspetto più teatrale, la capacità di creare un immaginario che faccia da forte contorno alla musica. Dal garage i suoni e le distorsioni, mentre dal metal l'attitudine e soprattutto le facce. A partire da quella del bassista: un clone nordico del Jason Newsted fu Metallica.

I due (perché i Deltahead sono solo due ceffi con l'abitudine di suonare tutti gli strumenti contemporaneamente, come Totò in Totò e le Mokò) arrivano sul palco conciati da Dresden Dolls meno soft core, rendendo omaggio alla tradizione vaudeville. Distribuiscono al pubblico bastoncini di incenso fumanti. Si accomodano dietro gli strumenti e picchiano come addannati. Per mezz'ora. Mezz'ora di concerto tiratissima in cui si spostano da un genere all'altro sempre fingendo di suonare blues (dalla no wave al punk passando per Captain Beefheart, i Liars e la techno), si fermano, offrono alla gente pop corn e coriandoli, indossano maschere e ricominciano.
Fino alla fine di un live set mascherato da performance.
O è il contrario?




Ascolta: quattro pezzi dei Deltahead dal loro MySpace.
Guarda: il cortometraggio girato da un gruppo di studenti per Don't Move to Finland.

5 Comments:

Blogger e. said...

Mah... dal vivo li ho visti, a maggio al Popadelica, suppongo lo spettacolo che portano in giro non sia molto diverso. Io li ho trovati abbastanza piatti e poco coinvolgenti, però ammetto di non essere proprio il più adatto a capire sta roba. Stavo proprio proprio valutando se andare a Faenza e dargli una seconda occasione.

1:11 PM  
Blogger colas said...

Fanno puro intrattenimento, ma ieri sono stati divertenti e coinvolgenti.
Non ci perdo il sonno, ma dal vivo meritano. Poi praticamente suonano ovunque, anche nel giardino di casa mia
;)

1:17 PM  
Anonymous Anonimo said...

Strueia attende domenica !

6:29 PM  
Anonymous Anonimo said...

Struè io attendo mammeta. Ma quando arriva? Sto a piglià freddo, sto a piglià...

7:35 PM  
Anonymous Anonimo said...

stasera i Deltahead sono a Terni.
ma non allo skylab, sono qua al FAT:
http://www.indisciplinarte.it/fat.htm

saluti,
l.s.

1:50 PM  

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