Primavera Sound 2005 Report (LT 07 Preview)
Stephen Malkmus - Home Alone (LT 06)
Adam Green - American Idol (LT 05)
Low... forever changes (LT 05)
Revisionismi: J Mascis - Martin And Me (LT 05)
Sono un ribelle, mamma (Write Up n.2)
Tra le pareti (www.julieshaircut.com)
Broken Social Scene: all in the family (LT04)
Revisionismi:Weezer-Pinkerton (LT04)
Le parole che non ti ho detto (MarieClaire feb 05)
Revisionismi: Scisma-Armstrong (LT03)
Meg: essenza multiforme (LT03)
Greg Dulli e Manuel Agnelli: Matrimonio all'italiana (LT03)
American Music Club e R.E.M.- Once were warriors (LT03)
La lunga estate dei folletti (LT02)
Not tomorrow!No manana!Today! (LT02)
Blonde Redhead sulle ali della farfalla (LT01)
Oltre la traversa (Il Mucchio Selvaggio 2002/2003)


Weeds



mercoledì, agosto 30, 2006

Rimba like me

Colui che decide di sposarsi il giorno di uno dei papabili concerti dell'anno è un coraggioso.
Colui che decide di sposarsi la sera di uno dei papabili concerti dell'anno è sì un coraggioso, ma pure un po' un sadico.
Colui che decide di sposarsi la sera di uno dei papabili concerti dell'anno ad un'ora e mezza di macchina dal luogo del concerto è sempre coraggioso, sadico, ma pure un po' stronzo.

L'invitato che invece conosce da mesi sia la data del matrimonio, sia quella del concerto dei Tv On The Radio e solo pochissimi giorni prima si rende conto di quanto l'una coincida con l'altra non è né un coraggioso, né un sadico e neanche uno stronzo.

Rincoglionito, però, sì.

domenica, agosto 27, 2006

Mondi lontanissimi ed uguali...

Ho sempre provato invidia per quelli che "trovavano i quadrifogli".
Fin da quando ero bambino.
Ero Paolino come Paperino, e venivo regolarmente steso dai colpi bassi che una nutrita schiera di Gastone senza piume riusciva agilmente ad infierirmi.
Ho ventisette anni e non ho mai trovato un quadrifoglio.
Non ancora.
Quando ero molto piccolo, per mascherare la frustrazione, ho addirittura provato ad attaccare la foglia mancante ad un trifoglio.
Ero patetico, lo so, e forse lo sono ancora adesso.
E' che non è affatto facile riuscire a scovare i quadrifogli.
Occorre avere una specie di terzo occhio, la capacità di guardare in mezzo a cose tutte invariabilmente uguali e scorgerne le diversità.
Soffermarsi sui particolari, ma senza soffermarsi mai realmente.
Un vero e proprio dono.

"Incontri a metà strada" è il nuovo disco di Riccardo Sinigallia.
E' uscito piuttosto in sordina verso la fine di giugno, ed è un quadrifoglio.
Uno di quelli verde scuro e con le foglie belle grosse. Per essere precisi.
E proprio come la pianta, ad un primo ascolto sembra essere apparentemente uguale a tutti gli altri.
Con quel modo di cantare che "oh, ma a Roma lo fanno solo così?", come aveva spiegato bene lui quando ancora era un altro, e quel pianoforte sempre sporco, appoggiato alla voce ed affogato in una nebbia di suoni scuri e foschi anche quando le canzoni sembrano aprirsi.
Eppure basta piegarsi solo un po' ed abbassare la testa verso "l'enorme macchia verde" per scorgere tra il tessuto tutto uguale delle foglie quelle piccole disparità che lo distinguono dalla massa e lo rendono speciale. Unico, quasi.

Per i testi, in primis, meno acerbi di quelli dell'esordio e più simili ad una sorta di diario di bordo in versi. Più istintivi che poetici e che sembrano fare riferimento ad un periodo di cambiamento e rinascita. Ad una luce ritrovata proprio alla fine del buio.
Una nuova vita con nuove responsabilità e nuovi rischi da prendere.
Una serenità che non ha niente a che vedere con l'immobilismo e che si riflette pienamente anche nelle canzoni.
Molto meno tese a "dimostrare di valere qualcosa", a cercare di stupire con gli arrangiamenti (sempre assolutamente impeccabili) e con la produzione.
Molto più concrete nell'assecondare ed esaltare la melodia. Con la voce finalmente matura che osa qualcosa in più del sussurro e che quando va in alto gratta e graffia pur restando sempre tenue. Dolce di rudezza battistiana.

E sarà per colpa dell'estate che finisce e che sto diventanto grande (lo sai che non mi va), ma era proprio quello che ci voleva.
Un quadrifoglio tirato su da terra e messo dentro un libro, a fare compagnia alle pagine che girano e alle cose che cambiano. Anche quelle che non ti saresti mai aspettato.
Di nuovo.

"E un’altra notte che nasconde le macchie
Un’altra notte che copre le spalle
Un’altra notte che segue le tracce
Un’altra notte che aspetta con me
Un’altra notte che gira le spalle
Un’altra notte che muore con me
Un’altra notte che ride con me
Un’altra notte che aspetta con me"



Riccardo Sinigallia - Il nostro fragile equilibrio.

sabato, agosto 26, 2006

Oh my God, oh my Gosh, oh mio Dio!

E' il 26 agosto ed ho già scelto cosa mi regalerò a Natale...

"Tutti i 45 giri, ep e dodici pollici della band di Joe Strummer usciti sul mercato inglese tra il 1977 e il 1985 stanno per essere ripubblicati dalla Sony BMG, raccolti in un cofanetto, “The Clash – The singles box set”, che per ogni titolo (19 in tutto) conterrà lati A e B riprodotti in un facsimile della copertina e dell’etichetta originale.
Il contenuto del box set, che sarà disponibile in versione cd e vinile, spazia in ordine cronologico dal leggendario 45 giri di debutto del gruppo londinese, “White riot/1977” (pubblicato in origine il 18 marzo 1977) a “This is England”, testimonianza dell'ultimo, travagliato capitolo dei Clash dopo l'estromissione di Topper Headon e Mick Jones; della confezione fanno parte anche tutti i remix, il raro ep “Capital Radio” (distribuito gratuitamente nel 1977 come flexidisc in allegato al settimanale NME) e un libretto di 44 pagine.
La casa discografica non ha ancora fornito una data precisa di pubblicazione, ma fonti ufficiose parlano della fine di ottobre."
(Fonte Rockol).

giovedì, agosto 24, 2006

Biglietto d'auguri (le nuove frontiere del...)

Lo sapevo che non erano fatte di solo pollo (quando avere un blog ti dà delle soddisfazioni)

Riceviamo e pubblichiamo:

"Ciao scusami se ti disturbo mi chiamo gennaro, i miei amici sono stati allo sziget e mi hanno portato i mad dog. mi fanno impazzire ma sono andato a rota solo dopo aver buttato la confezione. devo sapere dove posso trovarli, mica potresti controllare sulla confezione se c'è un sito internet o l'indirizzo della fabbrica? altrimenti mi tocca occupare militarmente l'ungheria per averli... grazie ;-)"

Gennaro ha bisogno di noi.
Aiutiamolo.

domenica, agosto 20, 2006

Stay all day, if you want to...



I pochi fortunati che hanno potuto assistere all'ultimo giretto europeo dei Pixies hanno raccontato di una band in palese fase di stanca.
Nonostante tutto la macchina continua a produrre.
Dopo il libro che ne racconta la storia, "Fool The World", molto ben accolto in America (qui è possibile leggere un'intervista esplicativa ai due autori), è prevista per dopodomani la pubblicazione (almeno in Inghilterra e Stati Uniti) del DVD "Pixies Acoustic - Live in Newport".
Si tratta, praticamente, della ripresa integrale dell'unico concerto acustico del quartetto, registrato lo scorso anno al Folk Festival di Newport.
Ed è al grido "E chi sono io, Babbo Natale?" che posto un video tratto proprio da quel concerto.
Sono "solo" trentanove minuti.
Non l'intero set, insomma, ma abbastanza per farsi un'idea.



Le novità sul fronte dei DVD non si placano.
Uscirà infatti il 6 settembre "Club Date. Live at The Paradise in Boston", registrazione di un intero concerto del Club Tour americano del 2004, seguito il 7 novembre da "LoudQUIETLoud", il film documentario presentato con successo allo scorso South By Southwest e di cui è possibile guardare il trailer qui.
In tutto ciò, del nuovo album non se ne parla praticamente più e a quanto pare i Pixies hanno intenzione di continuare ad andare in tour suonando sempre le stesse canzoni e guadagnando soldoni con il minimo sforzo.
Anche se continuano a mischiare le carte, parlando di nuove canzoni che presto saranno suonate live e forse...
A tal proposito: questo è il video della conferenza stampa tenuta dai nostri eroi in quel di Benicassim.

E' notizia di questi giorni anche il ritorno in studio dei Breeders, per registrare il nuovo album.
L'unica cosa certa è che in cabina di regia siederà, almeno per qualche canzone, il "solito" Steve Albini. Anche per loro è previsto un DVD.
Frank Black, invece, programma un tour nord-americano che lo terrà impegnato dalla fine di settembre, per due mesi.
Ora finalmente sapete di cosa parlare, questa sera, a cena.

venerdì, agosto 18, 2006

Questi son gli anni novanta, amico mio, gli ottanta sono finiti e grazie a Dio...



Prima di partire, l'esclamazione: "Vado a Budapest!", generava due diversi tipi di reazione.
Quelli che mi conoscono chiosavano con: "Ah, vai allo Sziget."
Quelli che non mi conoscono si sentivano autorizzati a dare consigli su come trovare le migliori mignotte disponibili sulla piazza.
"Guarda, co' ventisei euro te ne fai tre e se ti porti i dvd da casa ti fanno anche il filmino."
"Eh, ma io non vado a mignotte, poi in vacanza ci vado con la mia ragazza."
"Con chi? Ma che sei pazzo?"
Praticamente come se avessi dichiarato di aver fatto la prima comunione sottobraccio col rabbino.

Sono stato a Budapest e sono stato allo Sziget.
Era la prima volta, Berlino a parte, che andavo in un paese dell'est europeo.
Già il viaggio in taxi dall'aeroporto all'albergo si rivelava come un'insieme di piccolissimi shock.
"Casette di marzapane" e palazzoni si alternavano senza soluzionie di continuità, mentre la radio della macchina alternava hit degli anni '80 (il singolo di Stephanie di Monaco!) a brani di pop ungherese che avevano formato in me l'idea - sbagliata- di Raul Casadei come esponente maggiore di tutta la musica magiara nel mondo.
Non era così. Ogni sera, alle 19, sul mainstage dello Sziget si alternavano le band locali più note in patria. Veri e propri cloni in lingua ungherese di tutta la musica "alternativa" di successo.
Un mucchio di Nick Cave, Nirvana e persino 99Posse, cresciuti sulle rive del Danubio e spesso capaci di radunare sotto il loro palco più gente dei nomi scritti in grosso nel cartellone.
Roba da rivalutare immediatamente tutto il rock italiano e in italiano, per poi domandarsi se in realtà sia solo una questione di becero nazionalismo e poco più.

La leggenda vuole che a Budapest tutto costi poco, per non dire pochissimo.
La verità, come luogo comune vuole, sta nel mezzo.
Sicuramente si può mangiare bene e anche tanto spendendo l'equivalente del costo di due panini in un chiosco del centro di Milano.
Sfondarsi di cibo ungherese e poi tornare in ostello strisciando sui gomiti è possibile allo stesso prezzo di una pizza più birra più antipasto a San Lorenzo.
Un paio di Converse edizione limitata costano quasi l'esatta metà del loro corrispettivo italiano e in alcuni negozi di dischi è possibile portarsi a casa i best seller del pop internazionale con poco più di dieci euro.
Il problema è che a Budapest si paga tutto (eccetto i biglietti dell'autobus... ehm) e dieci giorni di permanenza non riescono a scalfire la sensazione che in ogni angolo della città esistano due pesi e due misure. Se sei turista c'è poco da fare, prima o poi proveranno a fotterti.
In taxi, in ostello, al ristorante, al festival.
Ovunque. Una specie di tassa da pagare per essere ammessi sul territorio.

Anche in Ungheria, come in Italia, vanno di moda le suonerie del cellulare pubblicizzate attraverso spot televisivi insulsi. La prima serie di Lost è in onda in questi giorni. Sawyer, Jack e Charlie parlano tutti e tre con la stessa voce e spesso, sentendo parlare Kate, ti viene il dubbio che sia sempre lo stesso doppiatore costretto a cimentarsi con il falsetto per ricoprire anche i ruoli femminili. L'Mtv locale è quella tedesca. Trasmette gli stessi semi-reality di quella italiana decidendo di volta in volta con il gioco della pagliuzza più corta quale doppiare in tedesco, in ungherese, oppure lasciato in inglese ma con i sottotitoli.
Nelle poche ore di televisione viste, causa temporale, ho avuto il tempo di perdere la testa per una band tedesca. Gli International Pony. Probabilmente il loro disco farà schifo, ma questo video e questa canzone sono finiti per essere il vero tormentone della vacanza.

Girando per le strade di Budapest, vedendo i vestiti indossati dalla gente e quelli in vetrina, ma anche semplicemente dando un'occhiata al cast dello Sziget, si ha forte la sensazione di una città fortemente ancorata a quelle che erano le mode ed i gusti in voga negli anni'90.
Probabilmente sono talmente avanti da essere già con tutti i piedi dentro il revival che fra un po' condizionerà anche le nostre vite, almeno quanto Ligabue è già dentro l'happy hour.
Probabilmente no. Dieci giorni non sono bastati per capirlo e altri dieci non danno comunque l'idea di essere abbastanza.
Lo Sziget Festival si tiene in un'isoletta del Danubio. Quella di Obuda, per la precisione.
Un'isoletta che paragonata alle altre location festivaliere sparse per l'Europa, finisce per sembrare enorme. Immensa.
Il vero spettacolo non è quello che avviene sui palchi (in una settimana lo Sziget ha in cartellone molte meno cose interessanti di tre giorni di Benicassim, cosa che rende possibile seguirlo con assoluta calma e tranquillità, andando al festival solo si vuole effettivamente vedere qualcosa), ma intorno e fuori.
Una via di mezzo tra una sagra di paese ed una rassegna di fenomeni da baraccone.
Si va dal bungee jumping, alla teleferica che taglia a metà l'area alle spalle del main stage, passando per stand a sfondo religioso ( "Cento fiorini e parli con il rabbino") a quelli dove impazzavano i giochi popolari come quello del "martellone misura forza" e il cane di ferro da lanciare su pista fatta dello stesso materiale.
E' un festival a misura di fricchettone. Le aeree etniche (dal cibo alla musica) sono molte più di quelle dedicate ad altro, e spesso e volentieri è più facile trovare una folla festante sotto il palco in cui si esibisce una cover band di Manu Chao che sotto quello degli artisti di grido.
Merito anche del campeggio che invade tranquillamente gli spazi destinati alla musica, rendendo possibile ascoltare concerti e stonfarsi di droghe senza neanche dover mettere fuori il piede dalla tenda.
Il cibo ufficiale (oltre a quello ottimo degli stand culinari) è costituito da snack a forma di salsiccetta di pollo annegata nella paprika che vengono distribuiti in giro gratuitamente. Un po' a scopo promozionale, un po' chissà per quale sordido motivo.
Si chiamano Mad Dog ed hanno il dono di avere ogni volta un sapore diverso, dipende da dove si consumano, e di levare completamente l'appetito anche a chi sia digiuno da giorni.
Ovviamente fanno schifo. Ovviamente danno assuefazione (ce ne sono sei nel mio frigo che rimarranno lì a fare la muffa. Se qualcuno è interessato, basta mandare una mail al solito indirizzo).

I concerti:
per quello strano processo che vuole l'isola di Obuda ferma al 1998, i Therapy? si esibiscono sul palco principale davanti ad un numero cospicuo di fan. In Italia sono una attrazione da festivalino di provincia (come l'ottimo Ephebia di Terni).
Il loro concerto scorre a metà tra un piacevole salto in un passato mai approfondito e un presente triste che più triste non si può.
I Franz Ferdinand ormai sono delle star assolute. Un vero e proprio gruppo da arene. Fa uno strano effetto, avendo potuto osservare da vicino i loro quasi primi passi.
Il loro show è tutto un'insieme di hit e mossettine, corsette tra il pubblico e colpi ad effetto (il fantastico finale con Outsiders che diventa This Fire dopo un intermezzo tribale di grande impatto). Come al solito: non emozionano, ma divertono.
Nelle due tende dedicate all'elettronica si passa da un genere all'altro, anche qui sempre sotto l'imponente egida del revival. Per cui vai di drum'n'bass (Dj Storm, Future Prophecies...), house più o meno "commerciale" (Roger Sanchez, Mylo), techno e i suoi derivati (Carl Craig, Layo & Bushwacka!, gli ottimi Tiefschwarz e Anthony Rother).
Presente anche una sala denominata Silent Disco. Una discoteca in piena regola in cui la musica non esce dalle casse, ma è ascoltabile tramite cuffie scegliendo tra due canali e tra due dj che suonano in contamporanea. L'effetto straniante che fa ballare un pezzo gabber mentre tutti intorno a te cantano il ritornello del primo singolo dei Darkness è indescrivibile.
Boban Markovic e la sua orchestra di ottoni trasformano il Pannon World Stage in una specie di Love Parade della musica balcanica. Più raw e rock di tutti i Bregovic del mondo, con Markovic geniale alla tromba e con la sua maglietta a righe da indie fighetto che evidenzia la pancia prominente.
Stessa situazione per i Gogol Bordello che infiammerano per due ore il Wan2Stage, facendo cantare in coro a gente di tutto il mondo un pezzo pieno di bestemmie in italiano.
Un po' Mano Negra, un po' orchestra da film d Kusturica, suonano per due ore, finendo il concerto con più di trenta persone sul palco ed il frontman in piedi sulla folla saltante.
Il concerto dura troppo, ma diverte.
Guru si fa presentare sul palco come "la leggenda vivente dell'hip hop americano". I suoi Jazzmatazz sono un piacevole sottofondo, ma niente di che.
I Gomez (così come i Coldcut) vengono cancellati senza avvertire il pubblico. Una ragazza inglese sostiene che si sappia da mesi e che sia una abitudine malsana degli organizzatori del festival quella di nascondere le defaillance fino all'ultimo minuto.
Jovanotti viene accolto dal Po Po Po Po degli italiani presenti (a proposito, anche gli ungheresi e i tedeschi hanno il loro Po Po Po Po, fa "Ohoohoooh " e viene cantato costantemente tra un concerto e l'altro). Grande band e show carino, adatto alla platea di un festival internazionale. Una lunga jam di pezzi rap e tirati, cover accennate (Rapper's Delight, Golddigger, Bloc Rockin' Beats) e poche concezioni al jovanottismo più deteriore (un pezzo lento dell'ultimo album che diventa Serenata Rap e Ragazzo Fortunato suonata sul video della finale Italia-Francia ).
Involontariamente divertenti i tentativi di Lorenzo di parlare in ungherese (una lingua incomprensibile) e in inglese: "Sorry for my ùngheres!".
Molto divertenti gli Scissor Sisters. Il loro live è un baraccone in cui la musica rappresenta solo una minima parte del pacchetto. Fantastici i due frontman (Jake "Volevo essere la Carrà" Shears e Ana "Sono la Carrà" Matronic), un salto a piè pari nella New York dello Studio 54 e nei musical di stanza a Brodway. L'ora "più frocia" che io abbia mai vissuto.
Terrificanti i Prodigy (il gruppo di punta del festival, quello con il nome scritto in grosso in cartellone e la maggiore presenza di gente sotto il palco) e irritanti i Placebo. Una band senza senso, senza impatto e pure senza stile. Onesti, come al solito, gli Orb, così come sono stati terrificanti i Gathering (a prosito: lo Sziget è un festival molto metal, con uno dei palchi di maggior successo interamente dedicato al genere e con dei pezzi da novanta non di poco conto come i Morbid Angel, i Fear Factory, i Cradle Of Filth...).
I Sons & Daughters sono i Cramps misti ai Violent Femmes scozzesi. Il loro concerto è trascinante e ad alto volume, anche se i pezzi si assomigliano tutti e non sono sempre all'altezza della situazione.
Grandissimi i dEUS. Penalizzati un po' dal suono (basso altissimo), ma assolutamente in palla per quanto riguarda grinta e impatto. Mauro Pawloski è ormai il sindaco del mondo. E Tom Barman non si discute. La scaletta è quella con cui stanno girando ormai da parecchi mesi seppure ridotta ed epurata di molti pezzi dell'ultimo album. Qui gli si vuole bene. Punto e basta.
I Radiohead meriterebbero un post a parte. Sono una spanna sopra tutto il resto, c'è poco da aggiungere. Scaletta greatest hits perfetta per un festival (molto "The Bends", parecchio "Ok Computer", e il resto preso dagli altri dischi, escluso ovviamente "Pablo Honey").
Solo due pezzi nuovi proposti, tutti e due in linea con le ultime incarnazioni nel gruppo. 15 Steps (bellissima) punta più sul versante elettronico; più tradizionale, invece, Nude.
Per la prima volta se la "giocano" sul serio. Il palco è addobbato in maniera spettacolare. Una pioggia di schermi, simili a specchi di grandi dimensioni, piove dietro le spalle del gruppo proiettando dettagli (la bocca di Thom Yorke , i piedi sui pedali di Ed O'Brien...). Stessa cosa nei due maxischermi ai lati del palco, suddivisi a loro volta in quattro quadratini.
Gli Stooges non si smentiscono. Concerto adrenalinico e più vicino a un rito sacro che ad un vero e proprio show. La celebrazione del rock and roll nelle sue forme più classiche e imponenti.
Iggy Pop è un diavolo. Non sta fermo un attimo, canta da Dio, agita il culo...
Fa tutto quello che deve fare. A cinquantanove anni. L'età di mio padre.
A fine concerto una ragazza rimane a seno nudo, ornata solo dalla scritta "I love Iggy".
Niente di che i Living Colour. Anche loro molto potenti, ma veramente troppo fuori tempo massimo (con l'aggravante di non avere la storia dalla loro parte, come invece gli Stooges).

In giro per le strade di Budapest si respira un'aria strana (descritta meglio da Giulia in questo post), come se tutti attendessero un cambiamento di cui non sentono troppo il bisogno. Forse perché troppo stanchi dei cambiamenti che la storia li ha abituati a subire.
La gente sembra avere una scorza dura che gli vieta di aprirsi veramente agli altri, come se la diffidenza dovesse avere la meglio su tutto.
In centro, gruppi di italiani si muovono come lupi in cerca delle famose "tre scopate per ventisei euro". Troveranno solo delle ragazze normali (bruttine, per lo più), assoldate dai locali per spillare quattrini e vendere illusioni.
E' un posto bellissimo, Budapest. Forse anche per questo.

(Ogni link di questo post porta ad una foto, tra le altre, che trovate qui)

giovedì, agosto 17, 2006

Non ci resta che piangere

Uno non fa in tempo a godersi i pregi di una vacanza senza Internet, blog, eccetera, che subito una notizia arriva a riportarti sulla terra e far pagare lo scotto di una decina di giorni di assenza dal mondo.
No, non parlo di Ferretti e dei suoi due articoli per Il Foglio (non ne parlo anche perché non li ho letti) e neanche della scomparsa di Arthur Lee.
Parlo di una cosa ben più triste e importante.
In tre anni di bloggaggio selvaggio, tra i post logorroici e quelli veloci come il click su un link, l'unica cosa ad essere veramente "rimasta" è la complicatissima ed intricata rete di rapporti interpersonali nata on line ed evoluta, in alcuni casi, in qualcosa d'altro.
L'accettazione che non serve "incontrarsi" per "conoscersi" e che certe volte proprio non serve neanche "conoscersi", per sentirsi vicino a qualcuno.
Ché il bombardamento dei pensieri scritti che diventano lettura quotidiana, spesso, dice molto di più di qualche parola scambiata davanti ad un caffè.

Prima di essere un blogger, Frittole (lo chiamo così, perché lo conoscevo così) era stato una miniera.
L'aveva scovato Pier, su Soulseek, una mattina in cui tutti e due non avevamo poi molto da fare. Me lo aveva comunicato con una telefonata intrisa di tutte quelle parole orribili che non si possono omettere in un contesto internettaro/informatizzato.
"Cerca l'user Frittole, e mettilo nella lista degli amici. Ha più di 23.ooo file. Di tutto di più."
Non ricordo neanche cosa speravo di trovare quando cliccavo sul suo nome, ma ricordo di essere rimasto di sasso davanti ad una lista infinita di dischi e compilation che per anni avevo cercato e non ero mai riuscito a trovare.
Così lo rapinavo.
Giorno e notte. Ogni volta che ero connesso.
"C86"? L'ho presa da Frittole.
La raccolta Rough Trade sul post punk? Uguale.
"A Ghost is Born" mesi prima che uscisse nei negozi? Sempre grazie a Frittole, per placare la scimmia.
Sempre per puro caso, sempre inseguendo un link messo su da chissà chi, qualche mese dopo sono finito su un blog che portava la stessa intestazione dell'utente di Soulseek.
Un blog molto ben scritto e molto divertente.
Un blog che non si prendeva per niente sul serio e che per questo mi sembrava migliore di tanti altri. Non ho pensato neanche per un secondo ad associare quel Frittole a quello di SLSK.
Poi, una notte in cui non riuscivo a prendere sonno, tardissimo, avevo aperto una chat con lo sconosciuto fornitore di bellissima musica ed avevo finito per formulare l'agognata frase:
"Scusa, ma credo di aver letto il tuo blog."
Come prima cosa, Frittole cercò di negare l'evidenza, come seconda, dopo aver ammesso di essere lui, si applicò per convincermi che non valeva la pena sprecare del tempo per leggere le sue cose.
Qualche notte più tardi, quando scoprì il blog che si celava dietro al mio nick, mi scrisse per mandarmi a fare in culo.
"Ah, se lo sapevo che eri un vip ti trattavo meglio."
"Ma vaffanculo."
"L'ho già detto io. Non vale."
Questo era il tenore delle nostre conversazioni, non la finivamo mai di cazzeggiare e di prenderci in giro .
Come quella volta che in uno degli ultimi giorni de "L'arte di guardarsi le scarpe", avevo linkato un suo post sul mio blog, mettendolo in bilico tra il decidere se farmi causa o pagarmi una birra. Parole sue.
Meno di un mese fa, gli avevo chiesto di farmi da consulente per un po' di roba australiana (la sua passione) che avrei voluto passare in un dj set che avrei dovuto tenere da lì a qualche giorno.
Frittole stava già male, poco dopo sarebbe stato malissimo.
Non ho fatto in tempo a salutarlo.
Ho saputo quello che era successo, solo tre giorni fa, quando per puro caso ho deciso di interrompere il ramadan da blog.
Ero ad un festival, gli Stooges avevano smesso di suonare da appena cinque minuti.
Sono sicuro che Giorgio avrebbe apprezzato.

Buon viaggio. Con la speranza che quest'anno di merda finisca presto.
Prestissimo.

mercoledì, agosto 02, 2006

In 27 years I've drunk fifty thousand beers & they just wash against me like the sea into a pier

L'inutile compilazione estiva.


Lato A
01_Intro
02_Ghosty - Clouds Solve It (Feat Wayne Coyne)
Una canzone leggera come l'estate, scoperta grazie al prode Max La Pop. Uno dei migliori gruppi sconosciuti d'America. E poi, c'è Wayne.
03_The Russian Futurists - Let's Get Ready To Crumble
Il nuovo disco di The Russian Futurists è un serio pretendente al titolo "album con il titolo più bello dell'anno". "Me, Myself and Rye". E' solo una canzoncina pop, ma di quelle che fanno stare bene.
04_Sparklehorse - Knives Of Summer
Agosto è il mese più freddo dell'anno. Soprattutto quando in uscita c'è un disco di Mark Linkous.
Il possibile "After The Gold Rush" di questi anni qua.
05_Band of Horses - The Funeral
Semplicemente una delle canzoni più belle degli ultimi tempi. Punto e basta.
06_ Duplomacy - Coppertone
Una di quelle canzoni che ti ritrovi nell'hard disc senza neanche sapere perché. Sembrano i Pavement ed io amo quelli che sembrano i Pavement.
07_Ladyhawk - My Old Jacknife
Un disco nato vecchio, una canzone su cui battere le mani. Un gruppo "minore", ma con stile.
08_ Motorpsycho - Big Surprise
Passano gli anni, anche troppo velocemente, ma certe canzoni te le porti sempre dietro. Anche se sembrano inoffensive, anche se...
09_ Glissandro 70 - Voices Are Your Best Friends
Si parla di loro come uno dei nomi caldi del 2006, questo brano, tratto dalla compilation "See You On The Moon", non smentisce le dicerie.
10_ Gastr Del Sol - The Season Reverse
David Grubs e Jim O'Rourke insieme erano capaci di creare cose spettacolari. Quello che avrebbero fatto i Beach Boys se fossero nati a Chicago.
11_ Pink Floyd - Summer '68
Ehm... un capolavoro del folk inglese.

Lato B
12_ Thom Yorke - The Eraser
Quando sono triste riesco a stare bene solo se in sottofondo c'è una canzone triste. Ultimamente è questa.
13_ Ensemble vs Lou Barlow - One Kind Two Times
Questa devo ancora capire se mi piace, ma Lou Barlow che canta in un pezzo di musica elettronica "d'ambiente" non può passare inosservato.
14_ Easy All Star feat Horace Andy - Airbag.
Sì, quella dei Radiohead. Sì, dub.
15_ The Clash - Stay Free
Quando mi fisso su una cosa divento insopportabile, finisce che parlo solo di quello e rimbambisco le persone che ho intorno con aneddoti inutili. La fissa di quest'estate sono i Clash.
16_ Wire - I Am the Fly
Questa è: la droga. Senza mezzi termini.
17_ Tv On The Radio - Wolf Like Me
Neri. Non solo per il colore della pelle. Il disco dell' anno?
Per ora sì.
18_ The Show Is The Rainbow - Keepers of The Sand
Immagina i Devo con le barbe dei Grandaddy... ecco.
19_The Twilight Singers feat Mark Lanegan - Live With Me (Massive Attack)
Non amo molto i dischi di Dulli post Afghan Whigs, ma questa cover registrata dal vivo è di una bellezza impressionante.
20_ Paolo Benvegnù - La Distanza
Un pezzo nuovo. Bellissimo.
21_The Silver Jews - Trains Across the Sea
Sono dodici anni che aspetto di compiere ventisette anni per citare un verso di questa canzone. Finalmente ce l'ho fatta. Oggi.

Scarica "In 27 years I've drunk fifty thousand beers & they just wash against me like the sea into a pier".
Lato A (01 - 11)
Lato B (12 - 21)
(Per la seconda parte, clicca anche qui).

A frappe'...

(Come al solito, la posto anche qui).


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