Primavera Sound 2005 Report (LT 07 Preview)
Stephen Malkmus - Home Alone (LT 06)
Adam Green - American Idol (LT 05)
Low... forever changes (LT 05)
Revisionismi: J Mascis - Martin And Me (LT 05)
Sono un ribelle, mamma (Write Up n.2)
Tra le pareti (www.julieshaircut.com)
Broken Social Scene: all in the family (LT04)
Revisionismi:Weezer-Pinkerton (LT04)
Le parole che non ti ho detto (MarieClaire feb 05)
Revisionismi: Scisma-Armstrong (LT03)
Meg: essenza multiforme (LT03)
Greg Dulli e Manuel Agnelli: Matrimonio all'italiana (LT03)
American Music Club e R.E.M.- Once were warriors (LT03)
La lunga estate dei folletti (LT02)
Not tomorrow!No manana!Today! (LT02)
Blonde Redhead sulle ali della farfalla (LT01)
Oltre la traversa (Il Mucchio Selvaggio 2002/2003)


Weeds



mercoledì, ottobre 31, 2007

Venimmo, vedemmo e...



MiceCars - "I'm the Creature". Premio Fuori dal Mucchio 2007 per il miglior disco d'esordio.

(La foto risale al giorno dopo la prima data dell' I'm the Creatour. Non siamo nè particolarmente belli e né particolarmente intelligenti, ma mi faceva piacere festeggiare con queste facce qui.
E quelle dei nostri amici .The Niro, Claudio, i Turnpike).

Ancora una volta: "V'abbiamo moccicato la coccia".

(E come nella finale dei mondiali: "Abbracciamoci tutti e vogliamoci tanto bene).

sabato, ottobre 20, 2007

... Coming soon

mercoledì, ottobre 17, 2007

Young People



Nell'ultimo biennio sono usciti più album di Neil Young che candidati alle primarie del partito democratico.
Ovviamente, volendo fare i "perfettisti", si potrebbe sindacare sulla natura di questi dischi e lo stato in cui versa la creatività del buon Nello (sempre odiato chi lo chiama così, come chi lo chiama "looner").
Dopo "Prairie Wind" ha dato alle stampe: tre live (uno "nuovo", gli altri bellissimi e vecchi), "Living With War" e la sua versione nuda e cruda "Living With War in the Beginning".
Il tutto senza contare l'ombra del mega cofanetto (8 CD più 2 DVD) che ormai è atteso dagli appassionati di rock almeno quanto il primo anal di Elena Grimaldi da quelli del porno.
Ora c'è "Chrome Dreams II", seguito di un numero uno mai pubblicato (una fissazione di Neil Young questa, anche il suo "Live Archive" è partito dal numero due).
Ed ancora una volta non si tratta di un disco nuovo nuovo, ma di ripescaggio di un album mai pubblicato ("Chrome Dreams", appunto, del 1977) registrato nuovamente e con l'aggiunta di nuove canzoni.
A volerla sparare grossa: lo "Smile" di Neil Young.
Ovviamente non è così. Ma non importa.
"Chrome Dreams II" non è un capolavoro, ma si lascia ascoltare piacevolmente.
E' onesto e sincero. Come può essere onesto e sincero un uomo che fa canzoni in cui, per diciotto minuti, vengono ripetuti i primi quattro minuti. Così, con leggerezza.
E poi arriva The Way, che non so se è nuova o vecchia, ma è bellissima. Commovente.
I Polyphonic Spree (tutti e ventiquattro) potrebbero uccidere per una canzone così.

Neil Young, invece, con una naturalezza stupefacente, la butta lì e la usa per chiudere il suo ennesimo disco del 2007. Nel frattempo si prepara ad andare in tour, mentre programma una nuova uscita discografica (eh sì).
Un'altra dal vivo. Un'altra acustica, questa volta del periodo Buffalo Springfield.

Ascolta: Neil Young - The Way
Neil Young - No Hidden Path

lunedì, ottobre 15, 2007

La teoria degli opposti



L'ultima follia di Paolo Benvegnù è un tour in condominio con Massimo Del Papa.
Esatto, proprio quel Massimo Del Papa che scrive di politica ed attualità sul Mucchio Selvaggio.
Una specie di Travaglio in penombra, uno i cui articoli vorrebbero provocare e far indignare, ma che spesso riescono solamente ad annoiare. Uno che riesce ad essere qualunquista pur essendo estremamente contrario ad ogni forma di qualunquismo.
Ammetto di essere un po' scettico nei suoi confronti, ma anche di aver provato una strana sensazione dopo averlo visto salire sul palco.
Del Papa è un uomo in perenne lotta con se stesso, la sua fisicità nervosa ed irrequieta finisce irrimediabilmente per scontrarsi con la forte emotività ed umanità che traspare dalle cose che scrive e racconta. Una profonda distonia tra il giornalista e l'uomo che s'improvvisa poeta davanti ad una folla di fumatori e bevitori.
Tanto rigoroso, chiuso e marmoreo, il primo, tanto fragile ed allo stesso tempo prorompente, il secondo. E poco importa se le cose che recita riescono ad essere convincenti solo per metà, la forza con cui si pone è talmente evidente che si fa fatica a staccargli gli occhi di dosso.

Paolo è sempre Paolo. Sul palco è alla destra di Del Papa e viene completamente ignorato dall'illuminazione. Ma non importa. Riesce ad essere la solita esplosione di colori anche senza la luce dei faretti. I due si rimpallano a vicenda, improvvisando: un racconto per una canzone. Con Paolo intento a creare loop ed atmosfere con la sua chitarra elettrica, seduto, e che si alza in piedi ogni qual volta arriva il momento di cantare.
Anche questa serata, così fuori dai canoni e bizzarra, rientra nel mini tour promozionale di "14-19", il nuovo EP (autoprodotto) di Benvegnù, in compagnia della solita truppa di musicisti, in uscita prevista nelle prossime settimane. Antipasto di un album che dovrebbe arrivare nel 2008. Se tutto va come deve andare. E con Paolo va sempre in un altro modo.
Dal vivo, solo con elettrica ed effetti, alterna canzoni vecchie e nuove (anche una cover di Modugno con testo di Pasolini), suona con trasporto e quando il chiacchiericcio di quelli capitati lì per caso diventa troppo forte, sgancia la cinta della Yamaha, prende l'acustica e va a finire il pezzo appena cominciato mettendosi a suonare davanti al bancone del bar. Proprio dove gli altri stanno ridendo, chiacchierando ed urlando. Li azzittisce così, poi torna indietro e si siede.
Del Papa, in chiusura di serata, si autodefinisce disadattato, Paolo risponde con un grugnito ("Per citare le parole di Bossi nel suo ultimo comizio"). I due si abbracciano e vanno a fumare, così diversi e lontani, eppure così vicini ed uguali.

domenica, ottobre 14, 2007

Big thing



Io non lo so quanti eravamo, quel che è certo è che eravamo parecchi.
Tantissimi. Tutti stretti e sudati impegnati a lottare per un po' di aria, ad anelare un respiro e farsi strada tra le teste e le sigarette accese.
Ieri era la prima serata in cui il famoso art. 6 della legge 160/2007 veniva applicato sul serio, davanti al portone del Circolo degli Artisti c'erano appesi cartelli esplicativi e richieste di petizioni. L'ultima birra l'ho presa quando mancavano un quarto alle due.
L'ho bevuta tutta d'un fiato, come se questo cazzo di limite orario non riguardasse solo la vendita, ma anche la velocità con cui bisogna consumare l'alcool.
Fuori dal Circolo, un baraccio dei più loschi era stato preso d'assalto da tutti quelli con la sacrosanta voglia di bere senza guardare l'orologio.
La rappresentazione tangibile di un'ipocrisia tutta italiana. Il trionfo del "basta girarsi dall'altra parte e far finta di non vedere". Per cui: al Circolo non si poteva bere, ma fuori potevi partecipare al festival del cicchetto senza nessun limite. Come se a causare gli incidenti fosse il "letale mix" di alcool, chitarre elettriche e cassa dritta. Non l'alcool e basta. Non l'alcool e la coca.

Nonostante tutto è stato bello notare come quelle teste, ascelle pezzate e sigarette accese anche quando non si può, fossero nello stesso posto tutte per lo stesso motivo.
Il concerto di una band italiana. Il concerto di una band italiana di quelle che fanno parte di un mondo importante solo per noi, ma inutile per tutti gli altri.
Il concerto degli ...A Toys Orchestra, sorpresi dal pienone (e non è un eufemismo), ma capaci di portate a casa un live perfetto. Impeccabile. Un live da gruppo vero, con il pubblico che si ammazza la voce per cantare le canzoni in coro, un volume potente e delle luci degne di questo nome. "Un salto di qualità". La cosa per pochi che diventa di molti. La sensazione di un futuro importante all'orizzonte e di un presente stupefacente.
Diventeranno grandissimi. Sono già grandi.

... A Toys Orchestra - Powder On the Words

sabato, ottobre 13, 2007

Altro giro, altra corsa

Comincia un nuovo conto alla rovescia.
Quello per il nuovo disco degli R.E.M.previsto per i primi mesi del 2008.
Nel trailer di "Planet in Peril", documentario dal taglio ambientalista, è possibile ascoltare un brano che molto probabilmente finirà sull'album.
Until the Day Is Done.
Questo:



(Nel frattempo è fresca di giornata l'uscita del cd/dvd tratto dal concerto di Dublino 2005. Pare sia molto bello. Inutile ma bello. Insomma: io lo compro).

giovedì, ottobre 11, 2007

R U READY FOR THIS?





Questa sera, dalle 22 e 30 in poi.
Please Don't Go.
Perché ogni tanto ci vuole.

(E c'è anche il Tlog)

Il senno di poi (the day after)



Ancora sul disco del giorno. Quello di ieri.
Scommetto che se ne parlerà ancora un bel po' e che probabilmente ci metterà pochissimo ad annoiare, ma dopo aver tentato di raccontare l'emozione del primo vagito (passo dopo passo, premendo pausa e scrivendo tra una canzone e l'altra), mi sembrava giusto esprimere un parere "vero" sulla musica. Solo musica, niente marketing, rivoluzioni possibili e download vari.
Musica e basta.

Mentre portavo a conclusione quel fatidico primo ascolto non riuscivo ancora a capire se quello che stavo sentendo mi stesse realmente piacendo.
Sono arrivato ad avere una vera opinione solo adesso. Giusto prima di andare a dormire e dopo aver vissuto un'intera giornata con i Radiohead nelle orecchie.
Sottofondo e sfondo di qualsiasi cosa fatta da me nel giorno 10 di ottobre.
Dal lavare i piatti al lavorare. Un brano dopo l'altro. Una volta dopo l'altra.

"In Rainbows" è un disco di canzoni. Belle canzoni (senza nessuna caduta di tono).
Il primo dai tempi di "Ok Computer" (incluso) a non giocare a rimpiattino con la paranoia e la claustrofobia (ed in questo senso "Hail to the Thief" li batte tutti).
Come se la musica dei Radiohead fosse una stanza scura e con le finestre chiuse.
Come se finalmente qualcuno avesse avuto il coraggio di aprirle, quelle finestre, e far entrare un po' d'aria (non dico luce).
Con la rilassatezza che prende il posto che era stato del nervosismo e l'inquietudine che resta intatta.
Obliqui, si diceva una volta. Diretti, si dice adesso.
Come se dai Radiohead fosse lecito aspettarsi sempre uno scarto. Ed anche questo, in un certo senso, lo è.

Ascolta: Bodysnatchers

mercoledì, ottobre 10, 2007

Inside the rainbow!


Quanto tempo era che non si vedeva in giro un'eccitazione collettiva di tale grandezza per l'uscita di un disco?
Mentre il contatore del download si avvicina al 100% non riesco a fare a meno di pensare all'autunno di qualche lustro fa, quando l'uscita di un album veniva vissuta come un appuntamento da segnarsi sul calendario. Qualcosa di molto simile ad una priorità.
Qualcosa di molto simile a quello che è successo questa mattina quando, appena sveglio, ho sentito il bisogno di andare subito a controllare la posta ed iniziare le operazioni di scaricaggio.

Eccoci, il 10 ottobre è arrivato. Il giorno di "In Rainbows". Il giorno dei Radiohead.
Parliamoci chiaro: questa data non cambierà la storia della musica, in nessun paese del mondo si sfilerà portando in giro l'effigie di Thom Yorke, probabilmente il mercato musicale rimarrà quello che è, anche se è bello credere ed illudersi che questa mattonella piccolissima rappresenti il primo passo verso la costruzione di una nuova casa. Quel che è certo è che con questa mossa i Radiohead sono riusciti a risvegliare il fanatismo anche negli insospettabili.
Smuovono passioni, e non è una cosa da poco. O da tutti.
Ma com'è che diceva Penny Lane in Almost Famous?
"Siamo qui per la musica". Ed io anche.
Ed allora eccola, la musica. Traccia per traccia. Megabyte dopo megabyte.
Al primo ascolto.

Radiohead - "In Rainbows"

15 Steps: Il nuovo disco dei Radiohead si apre così, con l'unica canzone in cui l'elettronica assume un ruolo non marginale. Dal vivo era stata una delle mie preferite. Mi ricordo ancora il momento in cui i Radiohead si fermavano e cominciavano a battere le mani, con i clapping che si confondevano nei loop e davano vita alla ritmica (vorrei scrivere un cartone animato e chiamarlo "E' quasi magia, Jonny Greenwoood").

Bodysnatchers: Non so perché, ma l'idea di un disco dei Radiohead nato per essere venduto online, mi aveva completamente convinto della quasi assenza delle chitarre.
Ovviamente non è così, non avrebbe avuto senso e non ha senso neanche averci pensato seppur per un solo attimo. Bodysnatchers sembra la trasposizione in musica di una fuga, un inseguimento a piedi nel centro della città. Ricorda un po' There There.

Nude: Già sentita dal vivo, nel senso che l'hanno suonata nel loro concerto che ho visto nel 2006.
La classica ballata da lacrimoni che in un loro disco, si sa, non manca mai. Un bel pezzo ma, come dire, hanno già dato.

Weird Fishes/Arpeggi: I pesci pazzi. Mi piacerebbe tanto girassero un b-movie con questo titolo. In poche parole: una specie di mash-up tra una canzone nuova e l'arcinota Arpeggi. Molto bella la parte finale.

All I Need: Archi e una batteria elettronica. La voce di Thom Yorke è calda e calma, due parole che oltre ad avere le stesse sillabe stanno anche benissimo così, scritte una dopo l'altra nella stessa frase. E' una bellissima e scarna canzone, che arriva al punto senza troppi sussulti. Fino al crescendo finale.

Faust Arp: Un intermezzo. Una canzoncina di due minuti e poco più, con le voci che s'intrecciano, le chitarre acustiche e l'orchestra d'archi. Molto bella l'apertura sul finale.

Reckoner: Percussioni quasi industrial, solito falsetto. Fino ad ora "In Rainbows" scorre via molto facilmente, senza sussulti particolari, ma non delude. Questa canzone è semplicemente splendida!

House of Cards: "I don't wanna be your friend, I just wanna be your lover", inizia così.
Anche qui la struttura è quella tradizionale: voce in primo piano, archi, chitarrine e poi reverse e rumori di fondo vari a disturbare. Ché insomma sono sempre i Radiohead e la parola tradizione con loro ha un significato leggermente più sfumato. Il pezzo scorre così fino alla fine, nonostante sembra debba esplodere o cambiare rotta da un momento all'altro. Gran bella canzone, comunque.

Jigsaw Falling into Place: La prima cosa che ho pensato, all'inizio di questo pezzo, è che i dEUS, zitti zitti, sono riusciti a lasciare una traccia veramente importante nella musica di questi anni. Ovviamente il brano è puramente Radiohead, con Thom York che canta "in basso", prima di aprirsi e i synth che rincorrono le chitarre.

Videotape: Un'altra di quelle che già si sapevano. Tutti hanno ancora negli occhi l'immagine di Thom Yorke al pianoforte in "From the Basement". Prevalentemente piano e voce , come nel programma tele-internet-podcast-visivo (la Yacht Tv di Nigel Godrich). Un capolavoro, ma già si sapeva.

E finisce così, è ancora presto per capirne il valore e la portata. Quel che è certo è che si lascia ascoltare. E continueremo a farlo fino ad averne la nausea.


Ascolta: Radiohead - 15 Steps.

martedì, ottobre 09, 2007

Band on the run (ancora una volta).

C'è un momento in cui nella vita di un gruppo rock si avverte il bisogno di tirare le somme, tracciare una linea e ripartire.
Da quando il tour dei MiceCars è finito, in quelle bellissime serate di fine luglio al Six Days Sonic Madness, abbiamo avuto tempo di fermarci un attimo pensare un po' al futuro e decidere come affrontarlo.
Nei prossimi mesi succederanno molte cose: ci sono un video, un EP digitale ed un album di remix in arrivo. Verso la metà di novembre il disco uscirà all'estero ed inizierà la sua seconda, speriamo lunga, vita.
Nel frattempo: "I'm the Creature" si è beccato una nomination per il Premio Fuori dal Mucchio (come esordio italiano dell'anno) ed in attesa di sapere quale sarà il risultato i MiceCars tornano in strada per una manciata di concerti (che forse diventeranno un po' di più), prima di buttarsi anima e corpo nella lotta per conquistare il mondo.
Intanto ci si vede il 20 ottobre al Covo (con i Cat Claws e Sospesoa) ed il 10 novembre al Circolo degli Artisti di Roma per l'attesissima gang bang con i Canadians.



Come dicevo all'inizio: "C'è un momento in cui nella vita di un gruppo rock si avverte il bisogno di tirare le somme, tracciare una linea e ripartire", ed è proprio in quel momento che chi possiede il carattere del leader deve tirare fuori gli attributi, prendersi le proprie responsabilità ed affrontare il mondo guardandolo dritto negli occhi.
All'interno dei MiceCars esiste solo una persona in grado di accollarsi un simile onere.
Si chiama Emanuele, di mestiere fa il batterista e questa è la mail con cui ha tirato le fila e radunato la truppa:

"Comunque è cazzuto questo stile a punti e lo voglio fare anche io:
1. Matteo bravo che hai cambiato felpa però non è che adesso ti devi mettere sempre quella nuova cazzo.
2. Pane levati la felpa quando suoni sennò sudi e ti bevi la tua acquetta del cazzo.
3. Giovanni scialamadò te scoccio la capa sangu de crishtu te moccico la coccia porco dì.
4. Pier bravo che scrivi queste mail perchè sono utili, però ricordati di masturbarti tutti i giorni alla mattina e alla sera altrimenti diventerai sordo.
5. Daniele hai notato che Giovanni non si taglia i capelli da quando suona con i micecars?
6. Emiliano forse era meglio morire di fame in Africa, perchè sai tra poco ci sarà la rivoluzione e sarete messi tutti al rogo voi altri negri. La sento nell'aria...
I tempi sono maturi e noi faremo la rivoluzione o con baffetto o con baffone!

Non stare in pena nel dubbio mena!"

Ecco, è questo quello che serve al paese. Più uomini risoluti e meno mammolette!
Ci si vede sotto i palchi.

lunedì, ottobre 08, 2007

Jumping the shark? (Di nuovo!)

Finalmente cominciano ad essere visibili i primi effetti del "Vaffanculo Day".
No, nessun politico si è dimezzato lo stipendio, Gambadilegno è sempre in lizza per la commissione antimafia e Mastella... vabbè. Mastella è Mastella.
Comunque, i segni più evidenti riguardano l'abbattimento di alcune barriere che il politically correct e un deamicisiano buongusto avevano sempre reso impossibili da scavalcare.
Da un mese a questa parte si sta assistendo allo sdoganamento costante ed irrefrenabile del "vaffanculo". Quella che fino a ieri era una parolaccia è ormai diventata a tutti gli effetti un modo di vivere, un proclama politico, una dichiarazione d'appartenenza.
Insomma: everybody believes in vaffanculo, quasi quanto John Lennon just believed in Yoko ed in se stesso.
E nulla possono fare gli agguerriti sopravvissuti dalla bocca di rosa, quelli che tentano di mascherare il vaffa con una v. e buona camicia a tutti. Michele Serra compreso.

I segnali di questa apertura verso le cose dette con le parole giuste, sono visibili a tutti.
Per dire: venerdì sera Daria Bignardi ha incalzato un reticente Materazzi, in diretta televisiva, con la frase: "Gli hai detto 'preferisco la puttana di tua sorella'."
Testuale. Bignardi dice "puttana" e nessun Moige del mondo batte ciglio. Sembrano lontanissimi i tempi in cui gli autori Rai s'innervosivano per "la faccia come il culo" cantata dagli Offlaga Disco Pax in una canzone.
Ormai ci siamo, il dado è tratto. Ed indietro non si torna.
Prendete XL di questo mese. La copertina recita: "La rivincita degli sfigati".
Proprio così: non nerd, né geek, né secchioni. Sfigati.
Come un Max Pezzali qualsiasi di una quindicina d'anni fa.
Per non parlare poi del Mucchio Selvaggio.
Se "Mucchio" e "politically correct"nella stessa frase sembrano un ossimoro quasi quanto la Bindi e la Binetti a letto con Rocco Siffredi, direi che con la copertina di questo mese si è andati decisamente oltre.



L'immagine del "Pastore tedesco" in versione satanasso e con la testa di Uolly in mano, oltre che superare a destra senza la freccia anni di copertine black metal, suona un po' come un rutto al termine di una cena di gala. Chiunque sia stato un matrimonio ha ben presente la scena in cui le cravatte si allentano, il cibo finisce, il tasso alcolico sale e tutto diventa lecito.
Perfino sparare qualche puzza.
Ecco: quel momento è proprio quello in cui stiamo vivendo oggi.

Ma non finisce qui. La vera perla è il titolo "Handicap rock" posto in calce alle interviste di Vic Chesnutt e Robert Wyatt.
Titolo che fa indignare più di qualcuno (Wyatt, se mai ne verrà a conoscenza, si farà una risata, Chesnutt credo proprio di no) e che invece andrebbe apprezzato per la sua franchezza e risolutezza.
Guardo in là, sarebbe bello che tutti i concorrenti prendessero l'esempio del Mucchio e si lanciassero in uno speciale sui veri dominatori delle classifiche di quest'anno:
"Mika e Scissor Sisters: è l'anno dei froci".
Oppure una bella paginetta sul ritorno alla musica live di Stevie Wonder:
"Cieco, negro e pure ciccione".
Una monografia su Daniel Johnston:
"Genio e mongoloide".
Un articolo su Ugly Betty:
"E' un cesso, ma ci piace".

Insomma, ormai ci siamo. Finalmente siamo liberi!
Orsù, abbracciamoci e godiamone insieme.

Ah, succhiatemi il cazzo!

martedì, ottobre 02, 2007

Deserves a quiet night (toh, Colas che scrive un post su robe di R.E.M.)



Io devo avere qualcosa che non va.
Un tarlo nel cervello, un chip uscito danneggiato dalla fabbrica, una placca di metallo che mi schiaccia una vena e distorce la mia percezione della realtà.
Per dirne una: quando leggo "Mike Mills", anche in contesti con i quali Mike Mills non ha nulla a che spartire, la mia mente si ritrova catapultata in volo pindarico fatto di "bassi Fender, occhiali da nerd, backing vocals, camicie assurde e capelli ossigenati".
E questo succede anche se sono perfettamente a conoscenza dell'esistenza di un altro Mike Mills e del fatto che "quello vero" non si accoppi selvaggiamente con Miranda July, non abbia passeggiato per Venezia con FDL e non si sia beccato una dedica su un disco degli Air.
In cuor mio, io so che quello vero probabilmente in quel preciso momento è nella sua casetta di Athens, seduto sul divano e pure in mutande.
Lo so, ma non riesco a non pensare a lui.
Ed anche adesso che mi trovo a dover chiudere la frase di poco sopra e a trovare parole adatte a spiegare la metafora che sto tentando di creare, anche se ancora non sono riuscito a capire come, sto pensando a lui.
Come se tutta la mia vita, ogni giorno, anche le cose che hanno a che fare strettamente con me e non con le mie passioni, avesse bisogno di essere vista attraverso un microscopio, attraverso un vetrino con sopra la scritta R.E.M.

E così, mentre fra qualche giorno il gruppo di Athens pubblicherà il suo primo vero, inutile, disco dal vivo, a farmi sproloquiare ancora qualcosa sugli R.E.M. e tutto quello che gira loro intorno, è un tributo pensato, redatto ed organizzato da Stereogum. Il blog.
Io lo odio Stereogum. Lo odio, ad essere precisi, da più di un paio d'ore.
Dal momento in cui mi sono imbattuto nella sua pagina ed ho capito che non riuscirò mai ad essere così 2.0. Forse 1.5, ma 2.0 proprio no.
Per capirci: il sogno della mia vita sarebbe proprio organizzare un album tributo agli R.E.M.
Chiamare i musicisti che più apprezzo, fargli scegliere le canzoni...
Sì, sogno di organizzare un tributo agli R.E.M.
Ad essere sinceri mi piacerebbe che le canzoni fossero tutte prese dallo stesso disco.
Una cosa filologica, con la scaletta riportata nell'ordine originale e magari le note di copertina scritte da Bertis Downs.
La stessa cosa fatta da Stereogum. Solo che per lui le note le ha scritte Mike Mills (quello vero) e l'album rivisto e corretto è "Automatic for the People".
L'unico disco che io avrei evitato di toccare, tanto è perfetto.
Mi sarei sentito come uno che si mette a disegnare ghirigori al centro del cerchio di Giotto.
No, non si fa.
Che poi "Automatic for the People" non è il disco degli R.E.M. che preferisco, e neanche il primo che ho ascoltato.
Ma è sicuramente quello che rimarrà, quello più importante. Il migliore.

Ed è per questo che mi sono messo ad ascoltare tutte le rielaborazioni con un po' di paura e scetticismo. E' per questo che provo a raccontarle una ad una. Con poche parole.
Queste.

Drive (The Veils): Ecco, con che coraggio si rimette mano ad una canzone del genere? Il rischio di toppare è altissimo. I Veils, in ogni modo, decidono di puntare tutto sul pathos e per certi versi sembrano aver azzeccato il tiro. Il problema è quando Finn Andrews decide di mettersi a rifare Stipe. E Stipe non lo rifai neanche se sei calvo, ti chiami Michael, hai quarantasette anni ed un pene enorme come la proboscide di Dumbo. No.

Try not to Breath (Dappled Cities): Non conosco i Dappled Cities, me li sono andati a cercare dopo aver sentito questo pezzo. Che dire? Almeno ci provano. Stravolgono il pezzo, pur mantenendo intatta la melodia, rischiano. Vengono dall'Australia.

The Sidewinder Sleeps Tonight (Rogue Wave): Ai Rogue Wave non ho mai perdonato la cover di Debaser registrata per O.C. Devo ammettere, però, che cercano sempre di rendere personali i pezzi altrui con cui si confrontano. E questa volta il tentativo gli riesce benissimo.

Everybody Hurts (Meat Puppets): Vabbè, io voglio bene ai Meat Puppets, davvero. Rientrano perfettamente in quella cerchia di band americane con il segno della sfiga tatuato sulla fronte per cui è solito che io perda la testa. Voglio bene ai Meat Puppets e ne apprezzo lo scazzo e l'ironia anche nell'interpretare una canzone così "grave". Lo apprezzo, ma non l'ascolterò mai più. (Un po' perché questa canzone, ormai, faccio fatica ad ascoltarla tout court).

New Orleans Instrument No.1 (Figurines): Una canzone difficilissima da rifare (nel senso che non ci si può fare molto), loro se la cavano egregiamente. Mi piacerebbe sentirla dagli A Classic Education.

Sweetness Follows (Sara Quin): Questa è una delle canzoni minori degli R.E.M. che preferisco. Mi sarebbe sempre piaciuto poterla ascoltare dal vivo, ma non è mai capitato. D'altronde la suonano ogni morte di Papa (infatti nel tour del 2005, ogni tanto...). Sara è quella di Tegan & Sara che non si chiama Tegan. Una abituata a fare cover, insomma. Carina, ma meglio "quella vera".

Monty Got a Raw Deal (Catfish Heaven): ha senso prendere un pezzo degli R.E.M. e ricantarlo come farebbe Springsteen? Secondo me no, a meno che non sia proprio Springsteen a farl0. (Però l'idea dei fiati è carina).

Ignoreland (The Form): Cavoli, questi sembrano i Lemonheads del 1992. Mi segno il nome.

Star Me Kitten (Blitzen Trapper): Fedele all'originale, resa solo un po' più giocattolosa. I Blitzen Trapper sono bravi. Hanno talento. In certi momenti sembra quasi un pezzo dei Flaming Lips. Evviva il falsetto. Siempre!

Man on the Moon (Shout Out Louds): Noi vogliamo bene agli Shot Out Louds, tutti vogliono bene agli Shout Our Louds. Non vedo l'ora che vengano in Italia per vederli, finalmente, dal vivo. Spero solo che prima di quel momento qualcuno vada da loro e li sottoponga ad una lobotomia, tiri fuori il nome R.E.M. dalle loro teste e li costringa a dimenticare di aver inciso questa canzone. Non sia mai che gli venga voglia di suonarla. Con tutti quei "bonghetti" finti che neanche al parco il sabato mattina.

Nightswimming (The Wrens): Tra tutti i gruppi presenti nel tributo, i Wrens sono quelli che hanno il maggior diritto di starci. Sono figli della stessa America da cui provengono Stipe e compagni. Il loro mondo è proprio quel mondo lì. Le loro chitarre nascono direttamente da quelle di Peter Buck. La canzone è una di quelle intoccabili, loro ci riescono benissimo. La rivoltano da capo a piedi, ne mantengono lo spirito, la stravolgono. Tranne che nella melodia. Intoccabile, appunto. Bellissime le doppie voci.

Find the River (Dr Dog): Mi sarebbe sempre piaciuto sentire Paul McCartney alle prese con un pezzo degli R.E.M. Finalmente ho (quasi) soddisfatto questa curiosità.
Poi con questa canzone è tutto facile. Neanche Masini potrebbe renderla meno che bellissima.


Scarica: il tributo ad "Automatic for the People".
Leggi: le note di copertina di Mike Mills e degli autori delle cover.
Guarda: l'orribile copertina.



Non c'entra niente, ma parlare di "Automatic for the People" mi fa pensare al Natale del 1992 e all'espressione facciale che devo aver fatto una volta aperto il pacco.
Gli zii che me l'avevano regalato gongolavano, gli altri, quelli che per uno strano destino hanno toppato ogni tipo di regalo, prendevano appunti e decidevano che da quel momento mi avrebbero donato dei dischi anche loro.
Ci provarono una volta sola. Con l'album solista di Brian May.
La cosa strana è che con loro parlo ancora. Con gli altri no. E non ne sento la mancanza.
Anche se mi hanno cambiato la vita.

lunedì, ottobre 01, 2007

Somewhere over the rainbows



Ebbene sì: la notizia del giorno.
Ma anche quella del mese, dell'anno, e perché no, del millennio.
A separare le nostre orecchie dal nuovo album dei Radiohead ci sono solo dieci giorni.
Così, senza preavviso, proprio quando tutti erano ormai pronti ad aspettare l'inizio dell'anno prossimo. Si chiamerà "In Rainbows", sarà un doppio (in pratica ci sono tutti gli inediti circolati in rete e suonati dal vivo nell'ultimo paio di anni, più pezzi nuovi di pacca) e non uscirà nei negozi.
Una delle ultime notizie (prima di countdown quasi posticci ed altre minchiate di puro marketing virale) "vere" che erano arrivate dal quartier generale della band, parlavano di un contratto discografico (con la EMI) non rinnovato. Da lì si era scatenata una ridda di voci contrapposte: chi parlava di probabile autoproduzione e chi, addirittura, postulava di un accordo in dirittura d'arrivo con Starbucks.
Alla fine dei giochi si è rivelata giusta la prima ipotesi: "In Rainbows" sarà pubblicato in download a pagamento sul sito della band (ad offerta libera, senza un prezzo fissato alla base. Sottoscrizione, come si diceva una volta), oppure in un formato particolare chiamato discobox (Due CD, uno normale, l'altro enhanced, doppio vinile, booklet con artwork e testi, un libro e, ovviamente il download).
Il tutto per la modica cifra di quaranta sterline. Uno sproposito.
Una follia.
Lo ordino subito.
(Maggiori info: qui e qui).

PS:
E sì, un'uscita del genere è come uno schiaffo a tutte le regole del mercato discografico.
Un gruppo di fama mondiale che mette fuori un album con zero promozione, zero etichetta. La musica, praticamente, regalata e l'oggetto creato ad arte per essere puro materiale per feticisti. La vera fine del CD "normale". Insomma: da oggi un altro mondo è veramente possibile.


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