Primavera Sound 2005 Report (LT 07 Preview)
Stephen Malkmus - Home Alone (LT 06)
Adam Green - American Idol (LT 05)
Low... forever changes (LT 05)
Revisionismi: J Mascis - Martin And Me (LT 05)
Sono un ribelle, mamma (Write Up n.2)
Tra le pareti (www.julieshaircut.com)
Broken Social Scene: all in the family (LT04)
Revisionismi:Weezer-Pinkerton (LT04)
Le parole che non ti ho detto (MarieClaire feb 05)
Revisionismi: Scisma-Armstrong (LT03)
Meg: essenza multiforme (LT03)
Greg Dulli e Manuel Agnelli: Matrimonio all'italiana (LT03)
American Music Club e R.E.M.- Once were warriors (LT03)
La lunga estate dei folletti (LT02)
Not tomorrow!No manana!Today! (LT02)
Blonde Redhead sulle ali della farfalla (LT01)
Oltre la traversa (Il Mucchio Selvaggio 2002/2003)


Weeds



martedì, ottobre 31, 2006

Porca puttana!



1 e 2 dicembre.
Il Primavera Sound al chiuso. In pratica.

Con:
Richard Hawley, Twilight Singers, Jakie-O Motherfucker, They Might Be Giants, Sparklehorse, Cansei De Ser Sexy, The Pipettes, The Boy Least Likely To, Ellen Allien, Autechre, Venetian Snares, New Pornographers, The Wrens, Bob Log III, The Rapture, Cat Power, Jeff Tweedy, Laura Veirs, E.S.G, Art Brut e i Teenage Fanclub che suonano "Bandwagonesque" per intero. Più tanti altri.

Tipo che adesso bisognerà andare a Barcellona due volte l'anno e la seconda, comunque, non per il Sonar?

Maggiori info qui.

lunedì, ottobre 30, 2006

Tornando a casa (venti giorni fa, su un foglio di carta, verso Springsteen)



La signora seduta di fronte legge Libero.
Titolo: "Il sogno di Bertinotti... diventare come Stalin".
La firma sotto l'articolo è di Farina, lei legge due righe e poi mi guarda.
Altre due righe e ancora un altro sguardo.
"Fammi pensare - penso - forse se mi applico riesco a sembrare un giovane drogato, senza lavoro, senza famiglia, senza casa, picchiatore di bambini, stupratore di vecchiette, serial killer di boy scout. Forse riesco a farla spostare. Forse..."
Mi guarda di nuovo.
"Scusi, può levare i piedi?".
Non ho le gambe allungate, forse vuole veramente che me li smonti, i piedi.
Li vuole usare come fermacarte, tenerli per ricordo, regalarli ai nipotini....
"Signora, scusi, ma porto il quarantasette. Non posso farci niente."
Sbuffa.
Cerca di attaccare discorso:
"Ha sentito il servizio delle Iene? Eh i politici si drogano tutti, ma tanto a voi giovani non frega niente, che tanto non ci pensate alla vecchiaia. Vi rovinate il fisico, state lì, sciatti, buttati, senza fare niente e ve ne fregate di tutti."
Accenno una smorfia. Frugo nella borsa in cerca dell'iPod.
Con il passare del tempo ho sviluppato nei confronti del lettore mp3 lo stesso tipo di rapporto feticista che ho con i dischi. Quello strano meccanismo che ti porta a riempire gli scaffali delle librerie di casa senza neanche badare al contenuto o alla qualità. Per cui finisce che sai benissimo dov'è il demo tal dei tali della band tal dei tali che hai ascoltato una volta sola e ti ha pure fatto schifo, però non trovi il tuo album del cuore e per ricordati dove lo hai messo hai bisogno di tempo. Per cui ogni volta che accendo l'iPod faccio fatica a trovare musica che ho veramente voglia di ascoltare, come se in questi mesi ci avessi ammucchiato dentro roba a caso e non fossero in realtà tutti dischi che ho scelto di portarmi dietro.
Il nuovo disco dei Franklin Delano si chiama "Come Home".
E' stato registrato in America.
Guardo fuori dal finistrino.
L'America nelle orecchie e gli Appennini nello sguardo, come in uno spaghetti western di terz'ordine. Come i Franklin Delano.
Passa un signore, mi lascia un volantino. The mountain is a mountain again.
"
Tra poco, nella carrozza sei, terremo una degustazione di vini, se vuole partecipare può prendere posto."
Prendo posto. Mi spiegano che per tutti i martedì d'ottobre, sugli EuroStar Milano-Roma, si beve gratis. Anzi, si degusta. A dirigere le operazioni c'è un giornalista gastronomico del Messaggero.
Io non l'avevo mai visto un giornalista gastronomico ma, non so perché, l'ho sempre immaginato così: uno che porta gli occhiali e indossa le giacche che andavano di moda negli anni settanta. Quelle con le toppe sui gomiti.
Il vagone si riempie piano piano, c'è l'allegra comitiva di ragazze, il "volevo essere un calciatore, sarò un tronista di Uomini & Donne", l'attempato uomo di affari, il giovane uomo d'affari, due punkabbestia, un gruppetto formato da due uomini e due donne con scritto in faccia il fatto di essere colleghi in trasferta di lavoro.
Lo spettacolo inizia, i camerieri riempiono il primo bicchiere.
E' un bianco. Il giornalista gastronomico parla.
Spiega come funziona la degustazione di un vino, i momenti che la compongono.
I punkabbestia hanno già bevuto.
"Per prima cosa va sentito l'odore. Senza roteare il bicchiere. Prima una narice e poi l'altra. Sentito l'odore di fieno?"
Io sento quello del vino, ma faccio finta di sì...
"Ora potete roteare".
Roteo.
"Riannusate di nuovo, ma non a lungo."
Riannuso. Di nuovo. Ma non a lungo.
"Bevete, un sorso. Poi un altro".
Bevo.
Il secondo bicchiere è un altro bianco. Questo sa di acacia, dice.
E' buono. Il terzo e quarto sono due rossi, uno è un Amarone.
Il giornalista parla, i punkabbestia sono sbronzi, qualcuno risponde al telefono. Il giornalista scuote la testa. Non ha voglia di essere lì, ma deve pur mangiare.
"Lo pagheranno con moneta o con le bottiglie?", mi chiede l'attempato uomo d'affari.
Dico che non lo so, ma non lo invidio.
O forse sì, io non sono mai stato a Slow Food. Anche perché non esiste un luogo chiamato Slow Food. Ci fanno tornare tutti ai nostri posti, barcollo. Il giornalista gastronomico spegne il piccolo amplificatore per la voce.
La signora del sedile di fronte, quella che legge Libero, ha i piedi poggiati dove mi dovrei sedere io. Non si è levata le scarpe. Ha vinto lei. Mi guardo intorno.
Sono a casa.

(Il disco dei Franklin Delano non c'entra niente con questo post, se non per il fatto che lo stavo ascoltando mentre molte di queste cose accadevano ed era ancora lì quando le stavo scrivendo. Non c'entra niente, dicevo, ma è un bel disco. Veramente un bel disco. Americano nel senso più nobile del termine, vero e al tempo stesso molto pop. Sembra fatto apposta per essere ascoltato in viaggio, con le canzoni che scorrono a tempo con i chilometri consumati.
Sul loro myspace si possono ascoltare un po' di canzoni, ma va preso nella sua interezza. Dalla prima all'ultima traccia.)

sabato, ottobre 28, 2006

The Good, the bad and Paul Simonon!



Il 30 ottobre uscirà (solo in vinile) il nuovo singolo, il primo, di The Good, the Bad and the Queen, la nuova band di Damon Albarn con Paul Simonon (devo veramente spiegare chi è Paul Simonon?), Simon Tong (ex chitarrista dei Verve e "panchinaro" di Graham Coxon) e Tony Allen, batterista già con Fela Kuti.

Il pezzo si chiama Herculean.
La versione in studio ancora non si può ascoltare, ma in rete è pieno di video che ritraggono la band sul palco intenta a suonare proprio quella canzone.
Eccone uno:



Qui invece un dettagliato report del "primo live ufficiale" del gruppo a cura di Leonardo Clausi del RockstarBlog (live che dovrebbe essere, ancora per poco, visibile su questo minisito creato appositamente dalla BBC).
Altrimenti c'è un altra canzone (The Kingdom Of Doom) che circola allegramente su YouTube.

Se avessi una connessione decente cercherei di esprimere un giudizio critico, ma non ce l'ho.
Per cui fatelo voi e ditemi che ne pensate.
Il disco di The Good, the Bad and the Queen uscirà nel 2007 e sarà prodotto da Danger Mouse, uno a cui ormai manca solo Pupo e poi può tranquillamente pronunciare la frase: "Ehi, ho lavorato con chiunque!".

mercoledì, ottobre 25, 2006

Libero un cazzo!

Vorrei scrivere uno di quei post metafisici su cosa si prova a tornare all' Internet vista da un 56k, ma pochi cazzi.
Io me lo ricordo bene cosa vuol dire utilizzare una connessione di fortuna lenta che più lenta non si può: fino ad un anno fa non avevo il telefono ed anche io viaggiavo a quella non velocità. E lo facevo usando una connect card della Vodaphone, di quelli che ricarichi con 20 euro e ci tiri avanti un mese.
Però poi il telefono l'ho messo e le bollette le pago pure abbastanza regolarmente. Con tanto di supplemento per avere la wireless e bullarmi con gli amici del baretto.

Nonostante tutto sono venti giorni che l'adsl funziona di merda.
Cioè: venti giorni fa funzionava di merda, poi abbiamo chiamato Wind e ci hanno detto che tutto sarebbe tornato a posto in un tot di giorni. Ora non funziona proprio più.
Praticamente esce fuori che pagavamo per 4 mega (robe di velocità), ma andavamo ad 1.
"Fate l'upgrade a 12 mega. Non vi costa niente."
Lo facciamo.
"Fate il tuttoincluso. 44 euro e la bolletta Telecom non la vederete mai più."
Facciamo anche questo.

Risultato: da venerdì scorso siamo senza Adsl, per connettermi uso un 56k, divento vecchio ogni volta che devo leggere una mail e passo le giornate al telefono con gli operatori dei call center.

Gia, gli operatori dei call center.
Io gli ammiro, li stimo proprio.
Per tutta una serie di ragioni, ma soprattutto ammiro il loro sforzo a dare ad ogni telefonata una spiegazione diversa invece che seguire i loro veri impulsi:
mollare un pernacchione e farmi una risata in faccia.

"Deve aspettare fino a fine mese. Deve."
Ma porc...

martedì, ottobre 24, 2006

Tardi, ma l'hanno capito. Forse.

“Inizieremo a fare le prove a Gennaio” dichiara il sicuro Black al settimanale NME “…se riusciamo a convincere Kim Deal a uscire di casa; la abbiamo tentata dicendo che andavamo a provare da lei, ma credo sia più efficace se prenotiamo una sala prove, forse si presenterà spontaneamente.
Dal momento in cui siamo tornati insieme abbiamo suonato ovunque, so che ci piace molto andare in tour, però continuare a farlo e non registrare nulla di nuovo vorrebbe dire diventare come una banda da sagra paesana.
Non vogliamo fare questa fine, così l'unica cosa che ci può risollevare è tornare ad essere un gruppo vivo”.

Così parlò FrankBlackFrancis (via Rockstar).

Meno male: stavano scadendo un po' nel ridicolo.

lunedì, ottobre 23, 2006

Non prendere impegni per quella data



I Lemonheads suoneranno a Roma, all'Alpheus, il 9 novembre.
Queste le altre date:
Bologna, Estragon, 7 novembre.
Roncade, New Age, 10 novembre.

Il 1993 non è mai stato così vicino.

domenica, ottobre 22, 2006

Ma neanche per scherzo, eh!

Qualcuno è arrivato da queste parti cercando "Beppe Maniglia morto".
Vi prego: ditemi che non è così.
Beppe non può morire.
Al massimo può andare a farsi un giro nel paradiso degli immortali (un luogo segreto in cui passano le vacanze Mr T, Arnold, David Hasselhoff e Lorenzo Lamas versione Renegade), ma poi torna.
Vero che torna?



Per i neofiti: il sito di Beppe Maniglia.

sabato, ottobre 21, 2006

Un oscuro scutare - Un post, tre film e varie considerazioni sparse...

La pioggia si abbatte sulla Festa internazionale del cinema di Roma e si porta dietro qualsiasi cosa.
Pellicole, premi, passerelle... tutto bagnato e pronto ad essere messo in un ripostiglio.
Almeno fino all'anno prossimo.

Tre film:

La strada di Levi.

Davide Ferrario.



Questo non è un film. E nemmeno un documentario.
E' l'insieme delle due cose: un road movie senza attori. O un libro senza pagine.
Davide Ferrario (noto regista e documentarista), con la collaborazione dello scrittore Marco Belpoliti, ha deciso di ripercorrere camera in spalla il viaggio da Auschwitz a Torino, compiuto da Primo Levi e già narrato ne "La tregua".
Quello che viene fuori è un ritratto dell'Europa moderna (la Polonia, l'Ucraina, la Moldavia, la Romania, l'Ungheria, la Slovacchia, l'Austria, e la Germania, sono i paesi toccati da Levi prima di tornare finalmente in Italia), vista con lo sguardo del regista ed accompagnata dalle parole del grande scrittore. Molto commovente ed interessante.
Se non avete sonno. Altrimenti è sconsigliatissimo.
Ma sarebbe meglio restare svegli.

The Prestige.
Christopher Nolan.



Dopo la parentesi "Batman Begins", Christopher Nolan ritorna a proprorre la sua personale visione di cinema inagurata alla grande con "Memento" e poi proseguita tra alti e bassi (parecchi "medi", a dire il vero.
"The Prestige" racconta la storia di due illusionisti e l'ossessione per la magia ed il bisogno di vendetta che li anima.
Parte benissimo: ottime regia e fotografia, bellissime le ambientazioni cupe e funzionali alla storia. Gli attori, poi, si superano.
Veramente eccezionali le prove offerte da Christian Bale (Patrick Batman, scusate, sono anni che volevo scrivere questa cazzata), Hugh "sono in mille film contemporaneamente" Jackman e Michael Caine. Scarlett Johanson fa sempre la sua porca figura. Le sue tette sono ancora una volta protagoniste.
E poi... c'è David Bowie.
La trama è avvincente e tiene incollati allo schermo, almeno fino all'ultima parte del film, in cui tutto scade in una girandola senza senso di colpi di scena (detta simpaticamente "la vagonata di cazzate") che lasciano un po' interdetti in quanto reiterati e piuttosto inverosimili.
Un film più da sabato sera al cinema che da festival. Comunque per tre quarti non è veramente niente male.

Kurt Cobain: About a Son.
Aj Schnack.



Era da tempo che si parlava di questo documentario girato da Aj Schnack e basato sulle 25 ore e più di interviste raccolte da Michael Azerrad per il suo libro "Come As You Are".
Chi ha letto "Come As You Are" (nettamente il miglior libro su Cobain e i Nirvana), sa cosa aspettarsi: una confessione a cuore aperto che tocca tutti gli aspetti della vita dell'artista (dall'infanzia alla droga, passando per il matrimonio con Courtney Love e il rapporto con i suoi compagni di band) e ne offre un ritratto onesto e diretto in cui Cobain appare per quello che era, senza essere affatto mitizzato.
Totalmente in controtendenza con le opere di questo tipo è anche la regia.
Niente immagini dei Nirvana (solo poche fotografie), ma piuttosto dei piccoli dettagli delle città "protagoniste" del racconto, e riprese evocative anche se per nulla didascaliche.
Alla lunga, però, lo stile decisamente troppo arty della regia finisce per annoiare e rendere difficile la fruizione del documentario.
Peccato, perché di carne al fuoco ce n'è tanta. Compresa un'ottima colonna sonora che ignora i Nirvana, ma offre un ottimo spaccato di quello che era il rock underground tra la fine degli '80 e la fine dei '90.

(Vabbè, con questo post finisco di sproloquiare di cinema e ritorno a parlare delle solite cazzate.
Solo due cose: This Is England ha vinto un premio speciale assegnato dalla giuria presieduta da Ettore . Il film non era in concorso. Ancora faccio fatica a capire con che criteri vengono fatte 'ste selezioni. Giorgio Colangeli, invece, ha vinto il premio come migliore attore per "L'aria Salata". Meritatissimo).

giovedì, ottobre 19, 2006

Un oscuro scrutare - This Is England

Dal "mostro" inviato alla Festa internazionale del cinema di Roma.

This Is England
Shane Meadows



This is England è l'unica canzone bella dell'unico disco brutto dei Clash.
L'ultimo, ovviamente.
Shane Meadows ha deciso di utilizzare il titolo per trarne un film.
Argomento: tracciare un ritratto del movimento skinhead nella prima metà degli anni ottanta.
Visto dall'interno. Per dirla alla Ruggeri: "Sono stato punk prima di te ed ero molto più cattivo, io ascoltavo l'heavy metal quando tu eri ancora un bimbo dell'asilo".
Che il regista sia stato coinvolto direttamente nel genere di vicende narrate nel film appare chiaro sin dalle prime scene. Come se non bastasse, il fatto che il "nostro" abbia deciso di salutare il pubblico tenendo in mano una bottiglia Peroni, chiude il cerchio ed elimina ogni genere di dubbio.
Proprio lui, accompagnato da quasi tutto il cast, decide di sedersi proprio una fila dietro di me.
Per tutto il film l'allegra brigata hooligana commenterà ogni scena sottolineandola con gridolini, grasse risate e battute finendo poi per far confluire tutto questo in un pianto torrenziale e trattenuto a stento.
Commoventi anche loro, come e forse più del film.

Perché è un film drammatico "This Is England". Drammatico come dovrebbero essere tutti i film che nascono dal cuore e cercano di toccare e stuzzicare nervi ancora scoperti.
Il focus della storia è incentrato su Shaun, un ragazzino di dodici anni che vive con la madre in una oscura cittadina della provincia inglese. Il padre è appena morto, caduto nella guerra delle Falklands. Shaun si sente preso in giro da tutti, a scuola viene quotidianamente preso in giro dai bulletti ed anche al di fuori fatica a trovare il suo centro.
Un giorno viene a contatto con un gruppo di skinhead, tutti più grandi di lui, che lo accoglie e lo accetta per quello che è.
La prima parte del film è molto accurata nel presentare i lati positivi della cultura skin (i vestiti, la musica, l'eccitazione che comporta il sentirsi parte di una controcultura), mentre la seconda metà cerca di porre l'accento sui lati oscuri e le contraddizioni che hanno reso ostaggio quel movimento fino a trasformarlo, in parte, in qualcosa di totalmente opposto a quelle che erano le idee e le motivazioni che lo animavano all'inizio.
Analizzando in maniera chiara ed evocativa il modo con cui, strumentalizzando il dolore e la rabbia per la situazione politica locale (la Thatcher) e quello che accadeva nelle Falklands, il National Front sia riuscito ad attirare schiere di giovani vendendo il mito di un Inghilterra libera dagli "invasori". Ottenendo in cambio violenza e generando ulteriore rabbia.

La storia del film è toccante ed incisiva (peccato per il finale un po' tronco) e interpretata divinamente da un cast talmente azzeccato che più non si può.
A partire proprio dal ragazzino che interpreta Shaun (Thomas Turgoose), all'attore Stephen Graham, già visto in un video degli Arctic Monkeys (questo) e in una miriade di altri film, ottimo nel suo ruolo di cattivo. Ottima e credibile anche l'ambientazione e la colonna sonora (grandi classici del soul e del reggae usati per sottolineare il contrasto tra la musica che il gruppetto di skin ama ascoltare e le idee politiche che professa, oltre che brani storici del punk e non solo). L'unico neo sta nel tema composto appositamente da Ludovico Einaudi, scontatissimo ed usato per sottolineare i momenti più drammatici.

Quando le luci si accendono ed il film finisce, la gente esplode in un applauso. Il piccolo Shaun, o meglio l'attore che l'interpreta, non riesce a calmare le lacrime, tant'è che viene portato via, mentre ci regala, fuori schermo, la scena più vera di tutto l'intero festival.

Per gli appassionati di indie e robe simili: il film è prodotto dalla Warp (sì, quella Warp) e nella colonna sonora utilizza un pezzo di Gravenhurst e Please Please Please Let Me Get What I Want reinterpretata dai Clayhill.

mercoledì, ottobre 18, 2006

Un oscuro scrutare - L'Aria Salata (un post pieno di premesse)

Dal "mostro" inviato alla Festa internazionale del cinema di Roma.

L'aria salata.
Alessando Angelini.



Premessa della premessa:
Ci si sente un po' idioti ad uscire di casa per andare al cinema in una giornata come quella di ieri, a Roma. Quello che è successo nella metropolitana ha scosso tutti: dal balcone di casa si sentiva il continuo via vai delle ambulanze, persone che conosco si affannavano a mandare messaggi per sapere notizie. Io facevo altrettanto.
Dopo un po' di ore di naturale spaesamento, però, si ritorna alla normalità.
Gli organizzatori della rassegna cinematografica si affannano ad apparire in tutti i telegiornali per comunicare alla nazione che si cambia registro. Non c'è più niente da festeggiare. Per cui via gli incontri, le feste e la passarella. Tutto giusto. Sacrosanto.
Se non fosse che una volta arrivati all'Auditorium ci si rende subito conto che tutto è come prima.
La passarella c'è, i vestiti scintillanti, i fotografi, le ragazzine che urlano... esattamente come il giorno prima, ma con molta ipocrisia in più. Parecchia.

Premessa:
In condizioni normali non sarei mai andato al cinema a vedere un film come "L'aria salata".
Troppi pregiudizi nei confronti di certo cinema italiano (e qui c'è pure Pasotti protagonista) e troppa carne al fuoco nelle altre sale dell'Auditorium.
Ma all'interno del film, in una scena corta corta ma molto efficace, c'è un brano dei MiceCars, Americans per la precisione, e l'emozione di vedere questo nome tra i titoli di coda è ovviamente più grande di qualsiasi pregiudizio.

Gli attori e il regista vengono accolti in sala da ovazioni. Uno degli organizzatori richiama il pubblico all'ordine e alla sobrietà. Quattro ragazzine prendono posto davanti a me. Per gran parte del tempo ironizzano su Nicoletta Romanoff (brava!), compagna di Giorgio Pasotti, e il suo vestito da anteprima serale al Festival di Cannes (effettivamente un pochino fuori luogo). Mentre Alessandro Angelini cerca di rivolgersi, emozionatissimo, alla platea, le quattro ragazzine si scambiano ricordi sulla prima volta che hanno visto "L'ultimo Bacio".
"Io c'avevo 14 anni. Ero emozionatissima. Quant'era bello Stefano!"
"Oddio, sì. Ma Giorgio è sempre stato er meglio."
"Volete mettere con Scamarcio?"
Tutte le altre, in coro: "Lascialo perde' Scamorza!"

Fin dalle prime scene appare chiara la volontà del regista di staccarsi da certi stereotipi di certo cinema italiano. La fotografia è particolare e di grande impatto. Sgranata.
Volutamente lontana dal patinato stile "pubblicità del Mulino Bianco" che ha fatto la fortuna di Muccino, per dire. Emerge chiaramente il passato di Alessandro Angelini come autore di documentari.
Il cuore della storia non si discosta moltissimo da quello del film di Mira Nair. Ancora una volta si parla della difficoltà di costruirsi un futuro senza riuscire a fare pace con il proprio passato.
Ancora una volta si parla di complicati rapporti familiari, anche se ambientati e sviluppati un contesto duro ed esasperante come quello del carcere.
Il maggior contrasto con il film della Nair è proprio il modo in cui la storia viene sviluppata e raccontata. Se lì ad essere centrale non era "il racconto", ma il contorno, l'atmosfera, qui si va dritti al sodo. La vicenda colpisce e commuove immediatamente, senza perdersi in fronzoli, più per l'impatto emotivo capace di generare che per la qualità della scrittura.

Gli attori: Pasotti è sempre Pasotti. Recita in quel modo lì e, in un certo senso, ci sta. T'aspetti che da un momento all'altro appaiano in scena anche la Pandolfi e Ricky Menphis.
Michela Cescon è impressionante. Soprattutto dal punto di vista fisico. Me la ricordavo anoressica in "Primo Amore". Vederla così in carne (e incinta) è quasi uno shock. Comunque sempre molto brava anche se il suo è un ruolo di contorno.
Katy Louise Saunders, per innumerovoli legioni di teenager, è stata e sarà sempre Babi ("Tre metri sopra il cielo"). Se lì limonava con i Grandaddy in sottofondo, qui litiga con i MiceCars (alè).
Magistrale, invece, l'interpretazione di Giorgio Colangeli, impegnato a vestire i panni del detenuto Luigi Sparti. Vero "goodfella" alla romana.

Il film ha tutti i pregi e difetti dell'opera prima. E' coinvolgente, ma imperfetto.
Non mancano, purtroppo, le cadute di tono (certi dialoghi ed alcune scene veramente troppo stile fiction di Rai Uno in prima serata) e finisce per pagare una certa ingenuità di fondo.
E' comunque gradevole e vedibile, ma non so se ci spenderei i soldi del biglietto.

Nei corridoi della Festa del cinema internazionale di Roma, gira voce sia il migliore tra i film italiani in concorso.
Un po' sono contento e un po' ho paura.
Le ragazzine in sala si alzano in piedi ed applaudono.

martedì, ottobre 17, 2006

Un oscuro scrutare

Dal "mostro" inviato alla Festa internazionale del cinema di Roma.

The Namesake
Mira Nair



Non ho niente contro i film "pallosi". Niente.
Anzi: mi piacciono. Avverto quasi costantemente il bisogno di una bella mattonata nelle balle, un film straziante dove non esistono spiragli di luce e redenzione.
Quei film in cui fin dal primo segmento della prima scena diventa subito chiaro lo stato d'animo che ti accompagnerà fino alla fine delle due ore (Regola n.1: i film pallosi durano sempre un casino).
A starmi fortemente antipatici sono gli ibridi. Le vie di mezzo. Tutto quel tipo di cinema che cerca di essere introspettivo, tragico ed intellettuale, senza rinunciare mai nettamente a piccole aperture da commedia che lo rendono più digeribile e irrimediabilmente furbo.

La prima di un film di Mira Nair è uno di quelli eventi in grado di smouovere e mobilitare tutta la Roma più radical chic. La sala Santa Cecilia dell'Auditorium viene presa d'assalto da un tripudio di collanine, camicie dal taglio etnico, erre moscie e signora mia.
Quando gli attori e la regista entrano in sala è un delirio. Dopo la standing ovation preventiva, arriva finalmente il momento di vedere il film.
Bastano pochi secondi (più o meno quando sullo schermo appare il nome di Nitin Sawhney accreditato come autore delle musiche) per capire che quello a cui si sta per assistere non è nient'altro che il piede perno su cui si baseranno le "tendenza borsettistiche" di questa fine 2006.

Per farla corta per farla breve (a noi ce piace de magna' e beve ma nun ce piace de lavora):
"The Namesake" è la storia di una ragazza indiana, Ashima, che sposa un suo connazionale emigrato in America (matrimonio combinato, ovviamente).
La parte iniziale è tutta tesa a sottolineare il senso di spaesamento di Ashima nei confronti della sua nuova vita americana ed il crescente amore verso il marito Ashok.
La svolta avviene con la nascità del primo figlio che, per un motivo che non racconto altrimenti rovino la sorpresa, viene chiamato increbibilmente Gogol. Come lo scrittore.
Da qui in poi il baricentro della storia si sposta sui figli (c'è anche una sorella: Sonia), nati e cresciuti in America e in perenne lotta con le loro origini e tradizioni.
Lo sviluppo del film è previdibile, basato interamente sull'alternanza tra momenti tragici e comici (quasi al limite della macchietta), la morale anche.
Non serve scappare da se stessi per sentirsi liberi.
I dialoghi sono spesso telefonati, parecchio telefonati. A tal punto che piuttosto che essere scritti da uno sceneggiatore sembrano presi dai tabulati delle intercetazioni effettuate di nascosto dalla Telecom Italia.
"Prendiamo una casa in Provenza, Pierre dice che di estate è molto bella."
"Chi è Pierre?"
Faccia contrita, sbuffo, sguardo che si nega e...
"Hai un amante!".

Non è un film brutto, magari.
I film brutti possiedono delle peculiarità, vivono della capacità di insinuarsi nella memoria e seppur non riescano a lasciare un buon ricordo, difficilmente vengono dimenticati.
"The Namesake", invece, scorre e bene (certo, poteva durare tranquillamente tre quarti d'ora di meno), ma il suo effetto svanisce con il passare dell'ultimo titolo di coda.
Ad irritare è più che altro la sensazione di volare alto e dire delle cose pur rimanendo in realtà sempre terra terra e scontato.
Come una sari comprata ai Magazzini Mas.
Tutto a cinquanta centesimi.

lunedì, ottobre 16, 2006

La visione di MCA da vicino



Il primo impatto con la Festa del cinema di Roma è devastante.
Come andare a farsi un giro nell'Italia in miniatura e ritrovarsi in un calco a dimensione ridotta (o compressa) del Lido di Venezia.
Tutto ricorda la più anziana mostra, a partire dai colori bianco su rosso che fanno Venezia almeno quanto le gondole e le bestemmie colorite.
Ad essere diverso è il clima, non tanto per questioni di caldo e freddo (l'ottobre romano è in grado di toccare vette siberiane come di trasformare "Il Cup[p]olone" nell'equatore), ma proprio di atmosfera.
Tutto è intriso da un senso di grandeur "vorrei ma non posso".
Il tentativo di trasformare un festival del cinema de noantri in una specie di Hollywood sul Tevere.
Per cui è naturale sentirsi imbarazzati quando, una volta messi i piedi ed il culone nello spazio dell'Auditorium, ci si ritrova circondati da una moltitudine incredibile di persone vestite come ad un matrimonio e passate di fresco dal parrucchiere.
Magari solo per stare delle ore appiccicate alla passerella per veder passare Leonardo Di Caprio. O Fabio Volo.
O prendersi un mojito nello sciccosissimo bar, al modico prezzo di 18 Euro.

Proprio Fabio Volo appare come per magilla mentre vago tra gli scaffali della libreria.
Appena entra rivela ad alta voce (molto ad alta voce) ad un amico che "è sempre figo farsi vedere in una libreria, anche se non si compra niente".
Tutto torna: ecco i nostri divi ospiti del nostro festival.
Davanti alle biglietterie c'è coda, ma non troppa.
La sensazione è che tutti siano lì per fare un giro. Guardare i film è un'altra storia.
Giusto il tempo di rimbambire la cassiera con richieste di biglietti da qui alla fine della prossima settimana ed arriva il momento di spostarsi in Sala Petrassi per assistere alla prima di "Awesome, I Fucking Shot That!", il film concerto tratto dalla tappa newyorkese del tour 2004 dei Beastie Boys.
Nel foyer il colpo d'occhio è assai diverso rispetto al resto del festival.
Gli abiti scintillanti e le mise "pugno in un occhio", lasciano il passo a jeans baggy, t-shirt e felpe.
C'è tutto l'hip hop romano in parata, dai Cor Veleno a Frankie Hi Nrg, passando per discografici e direttori di giornali musicali (uno: XL).
Mentre vengo distratto dall'arrivo di Jovanotti, mi passa sotto il naso Adam Yauch aka MCA aka il Beastie Boy dalla voce roca.
Senza annoiare su inutili considerazioni da fan (sì, sono un fan), colpisce come colui che per l'iconografia della musica pop degli ultimi venti anni apparirà sempre come un ragazzetto ebreo, bianco, con il cappellino rosso di traverso, che fa le facce buffe e dice le parolacce, sia ormai in realtà un signore di mezz'età avvolto completamente nel suo raffinato paltò nero.

"Awesome, I Fucking Shot That!
", è un documentario unico nel suo genere.
Girato da Nathanial Hörnblowér (in realtà tutti i possessori di "Paul's Boutique" sanno che si tratta proprio di MCA), con l'ausilio di cinquanta telecamerine prestate ad altrettanti fan del gruppo, con l'unica regola di accenderle al momento dell'inizio del concerto e spegnerle alla fine.
Qualunque cosa succeda.
Un concerto intero, quindi, ma rappresentato in un modo totalmente nuovo.
Le diverse prospettive ed inquadrature (quasi tutte di bassissima fedeltà) si susseguono con una rapidità impressionante. Il montaggio è forsennato, veloce, a tempo con il bum bum cha di Mix Master Mike.
Non mancano i colpi di scena: lo spettatore che durante Sure Shot va in bagno, fa quello che deve fare e torna nell''arena. Tutto in piano sequenza.
Tra il pubblico accadono scene di puro delirio (sia tra quello del Madison Square Garden, sia tra quello del cinema), si canta più a meno ad alta voce, si agitano le mani al cielo e si applaude.
Come ad un concerto vero, appunto. Come un concerto vero dei Beastie Boys (Roma 1999, per inciso, rimane uno dei momenti più esaltanti che mi sia mai capitato di vivere).
Qualcuno suggerisce anche di passarsi una canna, ma purtroppo non succede niente.
Il concerto è molto hip hop. Tanto hip hop.
Con degli intermezzi funky (il lato adulto dei Beastie Boys) di ottima fattura ed il finalone punk hard core con Sabotage suonata live a mille all'ora e Money Mark che salta sulla tastiera come e più di un Boosta senza molla e culo di fuori.
Un'ora e mezza di beat e frame che si rincorrono sparati ad un volume altissimo (lo stesso Adam Yauch andrà tre volte nella sala audio per farlo alzare).
Secondo alcuni questo dvd avrà lo stesso impatto del film su Woodstock (il primo girato con la tecnica dello split-screen). Probabile.

Intanto le luci si accendono. MCA viene circondato dai cacciatori di autografi. Qualcuno si è portato dietro i vinili, qualcun altro chiede dediche personalizzate ("per Davide e Matilda")ed ottiene in cambio facce stranite.
Poi tocca a me.

Fuori ormai la festa è finita, la passerella viene lasciata al suo destino. Tutti vanno a dormire.
Fabio Volo, probabilmente, no.

domenica, ottobre 15, 2006

Il salto della quaglia



Uncut di ottobre celebra i 15 anni dell'uscita di "Nevermind" con un dettagliatissimo specialone sul grunge e dintorni.
Senza voler entrare nel merito degli articoli (divisi per band o "personaggi"), quello che colpisce davvero è la dicitura "Best YouTube Moment", con link al seguito, che chiude ogni paragrafo.
In pratica: la chisura del cerchio.
Se la carta stampata ha vissuto per anni trattando Internet come un oscuro gorgo immeritevole di attenzione, ora non può più farne a meno.

A proposito, se qualcuno fosse interessato al numero di ottobre di Uncut e volesse vedere i famigerati video d'epoca grunge... basta seguire i link:

Mother Love Bone - Holy Roller
Un video promozionale per il primo (ed unico vero) album dei Mother Love Bone.
Da qui sono nati i Temple Of The Dog e i Pearl Jam.

Chris Cornell - Interview
"They kept trying to create this image of a sexy rock God and this mad guitarist genius thing... it was all bullshit." Sua Tamarranza Reale, parla. I Soundgarden suonano Spoonman sullo sfondo.

Mudhoney - Touch Me, I'm Sick
I Mudhoney live a Seattle nel '91. Le camicie di flanella costavano 10 dollari. Ancora per poco.

Nirvana - Smells Like Teen Spirit

OK, probabilmente questa canzone ha rotto le balle. OK, non si può prescindere da questa canzone. Ripresa live durante il programma televisivo The Word.

Courtney Love - VMA 1995
Una delle più famose "bravate" di Courtney Love. Mentre Madonna viene intervistata nel pre show degli MTV Awards, Courtney Love irrompe in scena e ne dice di ogni. Ovviamente fatta come un Lapo Elkan dei tempi d'oro.

Screaming Trees - Nearly Lost You
Quando Lanegan era ancora cicciotto (nel pieno dei suoi "dirty days")e gli Screaming Trees erano una delle migliori band del mondo. Live al Letterman Show.

Evan Dando - Interview
Intervistato dalla TV tedesca. Fatto come Courtney Love.
Ma i Lemonheads sono mai stati grunge?

Eddie Vedder - 39 Ways to Kill a TV
Quando è stato girato questo video il grunge era sepolto da quasi una decina d'anni.
E' comunque divertente osservare Eddie Vedder (con dei capelli da pirla) cimentarsi con il gesto simbolo delle rockstar: distruggere un televisore.

Afghan Whigs - My World Is Empty Without You
Una live band incredibile, alle prese con il classico delle Supremes. Live.
Anche loro non sono mai stati grunge, ma va bene lo stesso.

Stone Temple Pilots - Wicked Garden

Cosa fanno le major quando un fenomeno undergroud diventa di enorme successo? Vanno in giro per l'America a raccogliere band hard rock e le trasformano in cloni dei gruppi di Seattle.
Video promozionale.

venerdì, ottobre 13, 2006

Il tredici porta bene

giovedì, ottobre 12, 2006

L'ultimo giorno nella vita di John Peel

Il mattino ha l'oro in bocca e...il Perù?
Cosa ha il Perù?
Qui non c'è nemmeno un negozio dischi ed io non mi fido dei posti senza negozi di dischi, ma dischi veri, quelli tondi e con i solchi, mica quei così di plastica che più che per ascoltare
musica vanno bene come pianale per la cocaina...
Io dischi ne compro sempre. Torno dai viaggi e mia moglie mi guarda
con il sorriso che ha imparato a riservarmi.
La solita frase: "E questi ora dove li mettiamo?".
I dischi nella mia esistenza sono ovunque.
Sbucano come i rimpianti. dalla buca delle lettere, spesso. Proprio come i rimpianti.
Molti sono in soffitta. Stipati in scatole di cartone, difesi dal
tempo e dalla polvere. Li ricordo quasi tutti. Da non crederci.
Io che dimentico anche quale maglietta indosso.
Li ricordo tutti pure se sono al buio in una stanza umida. Proprio come i rimpianti.
Ma io rimpianti non ne ho. Ho solo dischi.
Tanti, tantissimi.




Il raccontino qui sopra (o cazzatina, chiamatela come vi pare) è stato scritto da me e Massimiliano, di getto, due anni fa. L'avremmo dovuto leggere nel corso della trasmissione radiofonica Atlantis, dedicata all'infausto libro dei blogger. Per tutta una serie di ragioni, tra cui un'infezione che mi ha costretto al letto e con la febbre alta per quasi un mese, quella possibilità è sfumata. All'epoca funzionava così: venivamo venduti in due, come Gianni e Pinotto, Stanlio e Olio, Dario e Argento... o in due, o niente.
Lo pubblico oggi, non perché sia particolarmente bello (non lo è), per onorare il secondo anniversario della scomparsa di John Peel.
I motivi, ovviamente, sono vari e non vale nemmeno la pena spiegarli.
Tutto quello che faceva John Peel era mosso dall'amore per la musica.
Ricordarlo è un modo per tenere viva questa passione.

Fortunatamente c'è chi lo fa meglio di noi: da oggi, dal sito di Vitaminic è possibile scaricare una puntata speciale di Planet Rock condotta da Fabio De Luca, Luca de Gennaro e Franz Roccaforte. Se non sapete cos'è Planet Rock probabilmente avete vissuto tutti gli anni 90 dentro una campana di vetro. Se lo sapete, beh... non serve aggiungere niente.

Se invece volete farvi del male ed ascoltare le 125 migliori Peel Session di sempre... basta andare qui.

martedì, ottobre 10, 2006

"Da quando non ne fai più parte non c'ha più senso niente..."

L'amore ai tempi di Internet.

lunedì, ottobre 09, 2006

Fa' che non sia una porcata


E' ufficiale:
sta per uscire un nuovo disco dei Dinosaur Jr.
Speriamo bene.

Per la serie: viaggiamo su treni e aerei diversi, per non metterci le mani in faccia, ma in studio riusciamo ancora a starci insieme. Forse.

venerdì, ottobre 06, 2006

Gli ultimi arrivati...



In Italia non li conosce nessuno. Quasi.
Eppure all'estero si comincia con prepotenza a parlare di loro.
Si chiamano Late Guest (at the Party), vengono da Rimini e si dice abbiano fatto perdere la testa addirittura a Steve Lamacq.
Volendo fare i rompicoglioni a tutti costi, e cercando di costringerli in una categoria tanto aleatoria quanto inutile, si può dire che fanno punk funk.
Sì, quella roba che andava tanto di moda tre anni fa e che con il tempo è diventata uno stilema di certa musica in bilico tra mainstream e underground.
Roba fighetta per fighetti. Insomma.

Il gioco sta nel non fossilizzarsi sulla prima impressione, guardare un poco oltre e rendersi conto di come sia quasi paradossale che un gruppo che ha dalla sua canzoni di questa levatura, una voce e una pronuncia inglese credibile quanto particolare (gli Xiu Xiu dell cassa in quattro?) e, soprattutto, il coraggio di non arroccarsi mai su un solo "suono" o genere, stia ancora "tra color che son sospesi", spediscono demo ed aspettano una chiamata da un'etichetta.
Sono bravi, bravi a tal punto che sarebbe un piacere trovare il loro nome tra quelli citati in post come questo o tra le pagine delle riviste che contano.

Ma tanto... è solo questione di tempo.

Ascolta: We Were Young
We Got Some Troubles

Visita: il MySpace dei Late Guest (at the Party)

mercoledì, ottobre 04, 2006

Io sapevo che era un'altra cosa...



Il dirty sanchez.

(Ma, spiegatemi, Screech di Bayside School è stato filmato mentre partecipava ad un gioco di MTV. Giusto?)

lunedì, ottobre 02, 2006

Egli c'è...



E legge questo blog.

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(vabbè, dai, so che non è vero,però...)


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