Primavera Sound 2005 Report (LT 07 Preview)
Stephen Malkmus - Home Alone (LT 06)
Adam Green - American Idol (LT 05)
Low... forever changes (LT 05)
Revisionismi: J Mascis - Martin And Me (LT 05)
Sono un ribelle, mamma (Write Up n.2)
Tra le pareti (www.julieshaircut.com)
Broken Social Scene: all in the family (LT04)
Revisionismi:Weezer-Pinkerton (LT04)
Le parole che non ti ho detto (MarieClaire feb 05)
Revisionismi: Scisma-Armstrong (LT03)
Meg: essenza multiforme (LT03)
Greg Dulli e Manuel Agnelli: Matrimonio all'italiana (LT03)
American Music Club e R.E.M.- Once were warriors (LT03)
La lunga estate dei folletti (LT02)
Not tomorrow!No manana!Today! (LT02)
Blonde Redhead sulle ali della farfalla (LT01)
Oltre la traversa (Il Mucchio Selvaggio 2002/2003)


Weeds



sabato, settembre 30, 2006

Estote in para dura (gli scout sono sempre di buon umore!)



Il nuovo quiz "dei tre giorni"?
Quello per entrare in Fiat?
Il test che misura il quoziente intellettivo dei partecipanti a "La pupa e il secchione"?
La domanda a cui bisogna dare risposta per entrare in società con Briatore?

No.
La domanda a scelta multipla incollata qua sopra è presa dal sito di Tuttoscout.
Provare per credere.

Adesso capisco perché vanno in giro con i pantaloni corti anche a meno quaranta gradi sottozero, camminano per chilometri senza fermarsi e con i piedi ridotti ad una poltiglia sanguinolenta, ma CANTANO. Sempre.
E ridono, improvvisano danze...

Non sono felici: pippano.
(Leggendo il testo di Alele cicatonga qualche dubbio mi era già venuto).

I wanna rock your neighbourhood (solo un trucco per evitare di scrivere lo scontatissimo titolo "Saturday Morning")

Svegliarsi di soprassalto e subito allungare la mano verso la radio, sperando che arrivi una canzone a calmare le acque e dare inizio alla giornata.
Parte un accordo di chitarra...
"Cazzo, chi è il pazzo che mette Low degli R.E.M. di prima mattina?"
Nessuno.
Era La Flaca, il famosissimo pezzo del famosissimo Arabe de Minghia.
Ed è un plagio di Low. Non me ne ero mai accorto.

Pochi minuti per riprendersi, fare colazione, capire cosa è successo nel mondo durante quelle sei ore di sonno che ancora si fatica a lasciarsi alle spalle e ritrovarsi, improvvisamente, a saltellare per la stanza cantando: "Well sometimes I think that i'm bigger than the sound, I think that i'm bigger than the sound...".
Ovviamente senza risparmiarsi l'air guitar. Ci mancherebbe.




E pensare che, secondo me, "Show Your Bones" è "una cagata pazzesca".

giovedì, settembre 28, 2006

Scivola

La musica migliore ti si attacca addosso.
Arriva in punta di piedi e piano piano si prende spazio.
Si scioglie e si confonde con gli umori, gli stati d'animo, diventa un tutt'uno con la quotidianità e ci si perde dentro a tal punto che pare impossibile separarla da tutto il resto.
I dischi di Bonnie 'Prince' Billy sembrano "fatti" apposta.
Te li trovi tra le mani proprio quando cominci a sentirne la mancanza. Il bisogno.
Superano brillantemente lo scoglio della diffidenza, quella naturale perplessità che normalmente si accompagna ad opere di questo tipo.
Quel primo ascolto in cui tutto ti sembra uguale a sempre: "Solo altre dodici canzoni con chitarra e voce in primo piano".
Ed il secondo, quello in cui tutto appare colorato di una tinta nuova.
Come trovarsi immobili a guardare un'alba ogni giorno uguale a se stessa e perdersi sempre dentro gli stessi piccoli particolari. I giochi di luce, i raggi del sole che nasce, il buio che diventa chiarore.
Quei piccoli particolari che rendono un'esperienza "unica". Indimenticabile.
Anche se reiterata e "normale".

Non sono mai stato in Islanda. Tutto quello che conosco di quella terra ha a che fare con la musica e con le immagini a cui spesso viene associata.
Non sono mai andato in Islanda, se non con la fantasia.
Scegliendo di registrare "The Letting Go" da quelle parti, Will Oldham sposta ancora una volta il confine di qualche metro. Come il vicino che cerca di rubarti un pezzo di terreno, si appropria di una sezione d'archi e della voce di Dawn McCarthy dei Faun Fables.
Mischia le carte, gioca con i pastelli, inverte le prospettive.
Inventa un genere: il country dei ghiacci che si sciolgono sotto il fuoco delle parole.
Un disco algido ed allo stesso tempo caldo. Bollente.
Un altro mattone della sua personale ricostruzione della storia del folk americano.
Capolavoro dopo capolavoro.
Dopo capolavoro.



Ascolta: Bonnie 'Prince' Billy - Love Comes to Me

mercoledì, settembre 27, 2006

Un giorno la smetterò di postare video presi da YouTube...

Jeff Tweedy, quando suona senza Wilco, non imita il suono delle tastiere con la bocca.
Ma fa commuovere lo stesso...


Pelle d'oca. Ebbasta.

(Il 24 ottobre esce "Sunken Treasure".Il documentario sul tour "da solista" di Jeff Tweedy. Guarda il trailer).

martedì, settembre 26, 2006

Commuoversi con poco (pensavo fosse un ex picchiatore fascista invece era un indie rocker)

Ehi, tu!
Sì, parlo con te.
Proprio con te, giovane indie rocker che in questi giorni alzi lo sguardo verso il televisore ogni volta che senti partire le note di He's Simple, He's the Dumb, He's the Pilot.
Pensavi che quelli della TV fossero impazziti e con grande impeto rivoluzionario avessero preso a programmare ad ogni ora del giorno e della notte i Grandaddy?
Ti sbagli, mio caro. E' solo il promo di Italia1 che annuncia la messa in onda prossima ventura di "Tre metri sopra il cielo". Sì, la storia di Babi e Step. Le creature di Federico Moccia.
I pariolini idoli dei pariolini.

Però non preoccuparti.
C'è qualcosa anche per te.
Hai presente Jason Lytle? Ecco, da quando si sono sciolti i Grandaddy sta tenendo dei concerti per solo chitarra acustica e voce.
Ovviamente fa i pezzi della band. Sì, anche quelli vecchi.
E non importa se non ha i synth, quelli li sa fare uguali uguali con la bocca.
Non ci credi?
E allora guarda:

domenica, settembre 24, 2006

Informazione sbagliata


Proprio nella settimana in cui si celebra la morte del Deejay Time e la fine reale degli anni '90, sbarca in rete "The Information". L'atteso nuovo album di Beck (nei negozi agli inizi di ottobre).
Se Albertino e la sua banda hanno rappresentato nel bene e nel male (nel male, nel male...) gli anni'90 del pop in Italia (musica dance becera e primi tentativi di hip hop tricolore),proiettando il tutto su scala internazionale lo stesso si può dire di Beck.
A conti fatti, il paragone non è così campato in aria come potrebbe sembrare: proprio il Deejay Time, in una delle sue (all'epoca) rare aperture ha contribuito in maniera sostanziale al lancio da queste parti di "Mellow Gold" (con Loser, ovviamente) e "Odelay" (Where It's At?).
Scavando più nel profondo si può arrivare a definire Beck, con il suo non-ho-inventato-niente-ho inventato-tutto, l'archetipo su due gambe di un certo modo di fare musica. L'alfiere di quel "passatismo futurista" che in un modo o nell'altro ha finito per condizionare tutta la musica del decennio passato ed influenzare in maniera evidente quello in corso (dai Chemical Brothers ai Junior Boys passando per "tendenze" come il bastard pop ed il crossover meno ordinario).
Se da un lato questo rappresenta senz'altro un motivo di vanto e un pregio, non si può negare che la posizione di "capostipite" abbia finito per diventare un limite.
Come se da ogni disco di Beck fosse lecito aspettarsi il colpo di genio, la "svolta", finendo per considerare "mestiere" e "calcolo" tutto quello che in realtà è onesto e, comunque, sempre di buona qualità.
Un po' come leggere ora il Dracula di Bram Stoker: ad una lettura superficiale appare come un'accozzaglia di stereotipi e luoghi comuni sui vampiri (aglio, croci, paletti di frassino e acqua santa, praticamente mezz'ora di una puntata di Buffy), salvo poi rendersi conto che è proprio da lì che questi stereotipi hanno assunto questa forma per la prima volta.

Per cui, com'è "The Information"?
Un disco di Beck, né più e né meno. Perfettamente nella scia del precedente.
Un altro tentativo di aggiornare il capitolo "Odelay" prescindendo dagli anni che passano e "le condizioni che cambiano".
Bei suoni, ottima produzione, ma senza guizzi.
Quelli che sarebbe lecito aspettarsi, ma che in fondo non si possono rincorrere all'infinito e cedono il passo alla noia.
Un disco che si lascia ascoltare ma non cattura mai, un po' come certi film comici su cui hai molto riso e di cui ormai conosci tutte le battute a memoria.
Un po' come certi programmi alla radio.

Beck - "The Information" (via SadPandas)

sabato, settembre 23, 2006

Broken By



Il nuovo singolo dei Giardini di Mirò.
Questo.
(Occhio, il missaggio non è definitivo, ogni tanto la voce finisce un po' sotto, ma il pezzo gira. Eccome).

Broken By è anche una "competition" (mamma, senti quanto parlo fico!) organizzata da quelli di Flux.
Si può girare un video del pezzo, oppure confezionare un remix scaricando dal sito di Flux le singole tracce.
Per cui: smanettoni di tutto il mondo unitevi!

(Per ulteriori informazioni ci sono, come sempre, i blog di Corrado e Jukka).

venerdì, settembre 22, 2006

Everything has changed, absolutely nothing's changed, take my hand, not my picture, spilled my tincture



Per me i Pearl Jam sono sempre stati associati al viaggio. Fin dal primo momento: un sabato pomeriggio in cui programmai una trasferta romana, con tanto di zio ad attendermi in stazione, solo per andare da Ricordi ed acquistare l'appena uscito "Ten".
In cassetta.
Colpa di Alive passata in radio quasi in ogni puntata di Planet Rock e del video di Even Flow.
Quello tutto salti e camicie di flanella.
E lunghi capelli agitati in tutte le direzioni.

Mi sono innamorato subito dei Pearl Jam, e il bello è che non ho mai capito veramente il perché.
Erano fuori moda pur essendo la punta dell'iceberg di una moda (chi ha detto g****e?), non avevano la carica rivoluzionaria dei Nirvana e neanche "la malattia" degli Alice in Chains. Non erano potenti come i Soundgarden, punk come i Mudhoney... erano la via di mezzo.
Ed avevano grandi canzoni in un'epoca in cui le canzoni erano una cosa importante.
Una via di fuga dalla noia delle giornate passate tra le mura della scuola e quelle della cameretta.
Erano tristi, ma di quella tristezza adolescente che è un attimo e tutto sembra dover crollare da un momento all'altro, ma che cinque secondi dopo è già un'altra cosa. Diversa.
E' tristezza che diventa rabbia e se guardi bene, in fondo in fondo, pure allegria.

Non sono mai stato uno di quelli che si segnava i testi delle canzoni preferite sul diario, ma con i Pearl Jam è stata la prima volta che ho sentito il bisogno di arrivare a capirli, i testi, leggerli dall'inizio alla fine come si fa con un libro ed apprendere che musica e poesia sono veramente due cose diverse, che non hanno niente in comune e che quello che ti tocca veramente di un testo è il modo in cui le parole s'incrociano con la musica.
Il significato che ti sembra di percepire, piuttosto che quello reale.
Eppure certi suoni e certe parole me li sono portati dietro per un pezzo. Sapevo che erano lì, senza rendermene mai conto per davvero. Pronte all'uso.

E così mi sono ritrovato a fare di tutto per comprare i loro dischi il giorno della data di uscita (a volte posticipando appositamente l'entrata a scuola), macinare chilometri in cerca dei "singoli" e dei biglietti dei concerti.
I concerti.
Prima ancora di vederli dal vivo la prima volta, sapevo già a cosa avrei assistito.
Erano gli anni dei bootleg e dei live trasmessi dalle radio, di MTV Europe visibile tramite ReteOro e delle serate passate davanti ad Alternative Nation.
Un po' come adesso, non c'era niente d'ignoto. L'unica differenza è che per scoprire le cose dovevi scavare. E poi scavare ancora.
Il concerto al PalaEur si sarebbe tenuto il 12 novembre del '96. Ricordo di aver acquistato i biglietti alla fine di agosto.
Trentaduemila lire, più duemila di prevendita e duemila di "prenotazione".
Mi diedero un voucher e mi chiesero di aspettare una telefonata per sapere quando avrei dovuto ritirare i biglietti.
Arrivò una settimana prima: era una prevendita non autorizzata. Niente biglietti e niente rimborso.
Ma soprattutto niente concerto.
Sono impazzito, ho passato un pomeriggio a scrivere lettere alle riviste musicali, alle radio, all'organizzazione, a Mi manda Lubrano. Tutti.
Ho rotto i coglioni a tutti.
Tre giorni prima dell'evento mi arriva una chiamata: "Salve, come vincitore di un concorso ha diritto ad un pass per il concerto dei Pearl Jam del..."
Non ho ancora capito che concorso fosse, ma ci sono andato.
In tribuna vip. Di fianco avevo Enrico Silvestrin, si era appena tagliato i capelli.
Piaceva molto a mia sorella, gli ho chiesto un autografo:
"Dove te lo faccio?"
"Qui, su Rockstar. C'è la tua foto, guarda."
"Porchiddio, me paro Milva!"

Per il concerto all'Arena di Verona del giugno 2000 mi sono mosso per tempo: biglietti acquistati direttamente in loco. Ma sei mesi prima, costringendo la mia ragazza d'allora a fare un viaggio Monaco - Venezia solo per raggiungere quello scopo. Non potevo correre il rischio.
Siamo partiti con due macchine. Il giorno prima tappa a Monza per i Radiohead, e poi di corsa fino a Verona.
Abbiamo passato tutto il pomeriggio sdraiati sotto il sole nel parco davanti all' Arena. Aspettando l'apertura dei cancelli.
Nel frattempo ci siamo pure lasciati. Con urli, pianti e tutto il resto.
E poi abbiamo preso posto.
Se non esistessero mille video o cd della serata penso che non ricorderei nulla.
Solo che durante Yellow Ledbetter ho sentito veramente un pezzo che si staccava ed un dolore fortissimo.
Diventavo grande. Più o meno.

Alla fine ho preso di nuovo un treno. Un altro.
All'ultimo momento e con un biglietto dell'ultimo minuto.
La destinazione?
La stessa delle altre volte: un concerto dei Pearl Jam.
Tutto uguale, tutto, tranne lo stato d'animo. Niente ansia, agitazione, ma solo la speranza di non tornare a casa con le pive nel sacco.
Deluso o, peggio ancora, indifferente.
Colpa di una vita che negli ultimi sei anni ha messo il turbo e colpa delle canzoni.
Imprigionate come nel ritratto di Dorian Gray: invecchiate di botto pur restando sempre uguali.
Ed è forse per questo che non riesco più ad ascoltare "Ten".
Un disco che ho amato all'infinito e che improvvisamente ha smesso di piacermi.
Colpa dei suoni un po' troppo plasticosi. Tanto da pagare lo scotto degli anni che passano.
E se mentre "Vitalogy" e "No Code" restano capolavori, "Vs" rimane un album di una potenza impressionante.
Gli altri tre quasi non li ricordo più.
L'ultimo, in particolare... non ha superato i due passaggi e mezzo. Compreso l'ascolto dell'ultimo minuto effettuato, in treno, solo per non sembrare impreparato.

Eppure basta poco per cambiare idea.
Le luci che si spengono ed il concerto che inizia.
La diffidenza che diventa stupore. Lo stupore che diventa coinvolgimento. E sorrisi. E lacrime.
E canzoni urlate a squarciagola.
La gioia di trovarsi davanti un gruppo che non ha paura di concedersi e lasciarsi andare, per più di due ore, dando sempre l'impressione di divertirsi.
Rischiando, nonostante tutto.
Nonostante gli assoli di batteria. Una roba talmente uncool da fare il giro e diventare il non plus ultra della coolness.

Perché i Pearl Jam sono questi qua. E solo loro sono così.
Nel bene e nel male.
Guardarli mentre corrono sul palco fa lo stesso effetto che prendere in mano la foto di una ex particolarmente importante.
Rendersi conto di quanto, nonostante gli anni e l'età, sia ancora bella.
Anche solo per una sera.

giovedì, settembre 21, 2006

Tipo che se non lo vedevo non ci credevo

Qualcuno si ricorda il trashissimo Andrew Wk?
Praticamente quattro Darkness in un corpo solo.
Il re dell' hard rock posticcio,diventato famoso qualche anno fa con il video di Party Hard.
Bene, ora è tornato.
Ripulito, con molti meno muscoli, senza il volto sporco di sangue (il suo caratterisco trademark) e con nuove competenze.
Suona il piano.
Nella band di Bonnie "Prince" Billy!



(Trovato su Pitchfork).

mercoledì, settembre 20, 2006

Let's begin again



E così quattro giorni fa i R.E.M. quelli veri, quelli in quattro, sono saliti sullo stesso palco e nello stesso momento per suonare delle canzoni.
Quattro, per la precisione (quattro in quattro):

Begin the Begin (Audio/Video).
Losing My Religion (Audio/Video).
Man on the Moon (Audio/Video).
Midnight Rider (Audio).

Dopo questa performance pare che Bill Berry se ne ritornerà dritto dritto in fattoria per badare ai suoi animali.
Forse.

(Come al solito: sempre viva Rbally)

(E secondo me... )

domenica, settembre 17, 2006

Se scrivi un post a punti è solo perché bla bla bla...

_ Oh my God, oh your God, oh his God, over God, It's everybody's God, it's everybody's God, it's everybody's God, it's everybody's God... l'invocazione giusta per i Pavement live nel 1996.
(Via Rbally)


_ Sempre grazie a quella miniera di meraviglie di Rbally: i R.E.M. dal vivo in Germania nel 1985 (scaletta fantastica) e quattro nuove canzoni dei Wilco.
Eccole:
What Light
Impossible Germany
Walken
Let'sFight

_ In italia invece, mentre è uscito un nuovo video dei Numero6 (Automatici) ispirato a Festen, i Carpacho! subiscono un furto nella loro sala prove, vanno in depressione e tempo tre giorni finiscono prima scelta di Rockit. Il bastone e la carota.
Questa è Maledetto il trucco

_ Sempre a proposito di "nuova" musica italiana...



_ Si sono sciolti i Northpole (e vabbè, ma si sapeva, gli Arab Strap).
Questa è la loro canzone più famosa, La distanza, eseguita dal vivo dai Perturbazione.

_ Non lo posso dire, ma lo dico lo stesso: il 21 settembre ritorna Larsen, la trasmissione dedicata alla (bella) musica dal vivo condotta da Giulia su RaiFutura. Quest'anno sarà bisettimanale (martedì e giovedì dalle 22 alle 23) e ricca di novità... per ulteriori notizie, chiedete alla diretta interessata.

_ Fabio De Luca ha chiuso il blog. Viva Fabio de Luca.

_ Attenzione, la febbra da Mai dire Tv non si placa. Dopo essere impazzito per "La telenovela piemontese", ho scovato un altro dei cult della trasmissione.
"Quattro carogne a Malopasso" il capolavoro del grande regista Vito Colomba.

_ La stagione trash televisiva riprende alla grande con L'isola dei famosi (no, La pupa e il secchione, no!). Dopo un'occhiata veloce in edicola, ho capito che tra i titoli dei giornali scandalistici (o settimanali da massaie) dominano i giochi di parole.
Questo è il mio nobile contributo alla causa (se passa un redattore di DiPiù e ciarpame simile, sono disposto ad affittarglieli alla modica cifra di 50 euro l'uno).

  • Il grande classico: Isola 2006, ricomincia LA VENTURA.
  • Catastrofici: Il dramma di Kris & Kris ridotte a vivere senza cibo. Magre come un Krissino!.
  • Scontati: Raul Casadei. Tutto filerà LISCIO.
  • Scontati 2, la vendetta: Litigi e insulti sull'isola, protagonista il fantino vincitore di sette palii di Siena. I concorrenti prendono d'Aceto.
  • Fantasiosi: Raffaello, il vitellone dai piedi di Balzo.
  • Senza ritegno: love story a sopresa tra l'ex ciclista Claudio Chiappucci ed il comico (?) Massimo Ceccherini. Claudio, toccami le chiappucci!
  • Facili come sparare sulla crocerossa: L'Isola è iniziata da meno di una settimana e Fernanda è già Lessa.
  • Ancora la crocerossa, ma questa volta in caso di flirt: Fernanda e Luca Calvani, trionfa l'amore. "Lo conosco da una settimana e sono già Lessa".
Ok, la smetto...

mercoledì, settembre 13, 2006

Frosinone non è mai stata così vicina.

Domani.
Giovedì.
Si suona.
Si balla.
Si festeggia.



Maggiori info:
Nordovestrock
The SadPandas

martedì, settembre 12, 2006

Beside yourself if radios gonna stay... (Berry, Buck, Mills & Stipe)



Da quando in macchina si è rotto il lettore cd ogni viaggio corrisponde ad un calvario.
Una lunga lotta tra chilometri macinati e manopoline girate.
Praticamente la tipica vita di quelli sempre in cerca di un posto perfetto e di una frequenza quanto meno sopportabile.
Perennemente in guerra con i programmatori musicali delle emittenti e con Enola Gay mandata in onda ogni cinque minuti.

L'altra sera Radio Tal dei Tali trasmetteva Losing My Religion.
L'abbiamo ascoltata tutta. Fino alla fine. Come facciamo sempre.
L'abbiamo pure cantata.
Stonata.
Poi ci siamo persi nuovamente nelle nostre chiacchiere inframezzate dalle indicazioni.
"Ricordati di dirmi dove devo girare."
Inanto il dj parlava.
"Alla prossima."
E' un periodo pieno d'impegni per i R.E.M.
"Questa?"
Intanto l'uscita del best of tratto primi dischi del gruppo di Michael Stipe...
"No, non questa. Quella dopo."
... poi il ritorno in studio previsto per ottobre, con il primo batterista Bill Berry...
"Oooooooooooohhhhhhhhhhh"
... assente dietro i tamburi dal 1997....
"Ma... ho capito bene? Bill Berry torna?"

Non lo so se è vero, non so se a reggere la bacchette sarà di nuovo il monociglio, o se semplicemente un dj troppo zelante ha mal interpretato una notizia (Gli R.E.M. suoneranno in formazione originale il 4 ottobre, ad Athens. Questa è l'unica cosa certa), ma so che in men che non si dica ci siamo ritrovati ad esultare.
Così, d'istinto. Come quando Cannavaro ha sollevato la Coppa verso il cielo.
Di più, a dire il vero.
E' che per quelli come noi che sono cresciuti guardando la foto delle mani di Stipe riempite dalla scritta:"Bill, Peter, Mike, Me", c'è poco da fare.
Gli R.E.M sono quella cosa lì. Quei quattro lì.
E se la notizia in sè non è poi questa gran notizia, l'emozione di vedere i pezzi che si ricompongono, con curiosità per quello che sarà e lacrime di gioia per quello che è stato, è forte. Fortissima.

Ogni volta che viene dato alle stampe un best of di un gruppo che ho molto amato, vengo sempre colto da forti bruciori di stomaco.
Le raccolte di singoli sono fatti per gli ascoltatori casuali, quelli della domenica.
Quelli che non si sbattono a cercare i dischi "originali", ma si accontentano di una canzone sola e credono di poter approfondire la vita musicale di un gruppo soloo con una compilation.
Non è roba per noi, insomma. Noi che la musica l'ascoltiamo pure il lunedì e tutti gli altri giorni.
Sempre.
Poi c'è anche un altro discorso: che senso ha dare alle stampe una raccolta di canzoni, già straconosciute e pubblicate, nell'era del digitale e della musica fast food?
Il tale che vuole ascoltarsi Losing My Religion, come minimo se l'è già scaricata da un pezzo. Quello che cerca It's the End of the World, pure.
Al massimo possono essersele comprate su iTunes. Al massimo.
In più c'è l'aspetto truffa: questi dischettini spesso vengono accompagnati da altri dischetti in edizioni limitata, con l'unico intento di mettere le mani nelle tasche del povero completista di turno.

Per dire: oggi (anche se in realtà si trovava nei negozi già dallo scorso fine settimana), esce ufficialmente il nuovo best of degli R.E.M.
L'ennesimo.
Si chiama "And I Feel Fine... The Best of 1982-1987. The I.R.S. Years".
Come intuibile, si tratta di una raccolta dei singoli presi direttamente dal periodo migliore (per tutti tranne che per la giornalista di Vanity Fair che ha intervistato Michael Stipe in un albergo di Londra) del quartetto di Athens.
La cosa strana, per un'operazione di questo tipo, è che per la prima volta non è possibile fare recriminazioni sulla scaletta, a meno di non voler fare le pulci a tutti i costi.
I pezzi che ci devono essere ci sono. Tutti.
Vabbè, io Maps & Legends, l'avrei messa (appunto).
Ma per l'ascoltatore casuale, questa compilation è una miniera. Punto e basta.
Per gli altri, invece, è una cosa di cui si può fare tranquillamente a meno.
Anche perché i dischi I.R.S. costano talmente poco che varrebbe veramente la pena di comprarli tutti.
Ovviamente anche qui non manca il trucchetto: un secondo CD allegato e in edizione limitata, ovvio, contenente versioni inedite, demo, live e quant'altro. Roba quasi introvabile.
Roba da avere. Insieme al DVD con immagini e video d'epoca.
Almeno per me che ancora una volta ci casco con tutte le scarpe, i piedi, e pure il resto.

Mi capita spesso, con quei quattro.

E comunque, si sono riuniti anche gli Afghan Whigs...

sabato, settembre 09, 2006

Sei il solito baluba (la madre di tutte le serie televisive).

Il problema degli intellettuali, quelli veri, è il non riuscire quasi mai a divincolarsi dai preconcetti e dallo snobismo che la cultura accademica, in un certo senso, impone loro.
Capita per cui spesso che le "menti migliori di questa generazione" (e di quelle precedenti), gli esseri evoluti che dovrebbero contribuire a proiettare il paese verso il futuro, arrivino ultimi ed in ritardo su alcuni fenomeni in grado di incidere e modificare per sempre la cultura pop.

Le serie televisive sono sempre state considerate come sorelline minori del Cinema.
Solo negli ultimi anni sono riuscite a guadagnare rispetto e credibilità.
Per cui è doveroso fare un salto all'indietro e tornare all'epoca in cui tutto doveva essere ancora scritto.
Twin Peaks non era ancora stato metabolizzato.
Lost era forse solo un'idea nella testa del suo autore.
Le Casalinghe Disperate non erano né casalinghe e né disperate, ma lavoravano come entreinause nel locale più sciccoso di Wisteria Lane.
Addirittura McGyver era solo un ragazzino con una passione esagerata per il meccano.

Eppure un manipolo di coraggiosi rischiava e sperimentava, riscrivendo inconsapevolmente l'intera storia della televisione.
Sto parlando degli autori e del cast di "Sogni d'amore".
Meglio conosciuta come "la telenovela piemontese".
Il capolavoro indiscusso degli anni '90 italiani che ora torna alla luce dopo un periodo lunghissimo di oscurantismo.
Ecco qui l'episodio pilota, quello della rivelazione:


E qui c'è un'esaustiva raccolta di alcune delle migliori puntate.

ATTENZIONE (update): Le puntate mancanti!

Mi piace pensare che questi misconosciuti attori riescano finalmente a raggiungere la gloria che meritano ed arrivare in alto.
Talmente in alto da potersi sedere alla "destra del padre".
Jessi Malò, ovviamente.


(Per quelli che non c'erano, o non ricordano, si sta parlando dell'epopea di Mai Dire Tv.La migliore trasmissione della Gialappa's Band. Quella di Lorenz, del Mago Gabriel, di "Licantropo", Michele Giordano e Concetta Mobili, per capirci).
Facciamo Fiky Fiky insieme, dai!

giovedì, settembre 07, 2006

Just a habit


Ti accorgi degli anni e che passano e delle cose che cambiano quando i tuoi amici, persone che conosci e frequenti, incominciano a sposarsi, fare figli e, peggio ancora, a morire.
Che poi non c'è tutta questa gran differenza tra il partecipare, da invitato, ad un matrimonio o ad un funerale. Cambia forse lo spirito, ma la sostanza è identica: si indossa un vestito elegante, si compra un regalo (anche le corone-di-fiori-o-opere-di-bene, a loro modo, lo sono) e per una giornata si celebra l'amico o l'amica (o tutt'e due) di turno.
Forse ai matrimoni si mangia di più.

Ad essere identico è l'effetto che hanno sul te invitato, quella sensazione di farfalle allo stomaco e testa che se ne va per i fatti i suoi, la capacità di catapultarti immediatamente nella dimensione parallela del "ti ricordi come eravamo, guarda quello che siamo adesso", il non accontentarsi di "un siamo diversi, ma uguali" nello stesso modo in cui tutti sono sempre diversi ed uguali.
Ti fai delle domande, ti dai delle risposte. S O T T O V O C E.
Fai tutto sottovoce, anche se dentro urli e ti dai di gomito.
E quello che hai intorno incomincia a dondolare e girare velocemente.
Un tagadà emotivo a cui non paghi gettone.
"Vuoi prenderla come legittima sposa?"
La chiesa mormora.
"Riposa in pace".
Uguale.

Gli altri sembrano cresciuti. Lo sei anche tu, ma te ne rendi conto solo quando la vita decide di sbatterti sul grugno.
Quando tutto quello per cui hai lottato sembra franarti da sotto i piedi e quello che rimane da fare è solo fermarsi un attimo, guardare a sinistra e a destra e dare una spazzolata alla giacca come per togliersi la forfora e ripartire.
Ma sul serio.

Ho ventisette anni, vivo nella stessa casa da quasi uno e con la stessa persona da quasi due.
Mi sento diverso.
Anche se mi piacciono ancora le canzoni con tante chitarre e credo che non mi sposerò mai.
Credo.
Prima o poi, però, muoio.

Built to Spill - Just a Habit

mercoledì, settembre 06, 2006

D-Day


Oggi.
Inland Empire e Leone d'oro.
In bocca al lupo, David Lynch!

domenica, settembre 03, 2006

Comodo, ma come dire poca soddisfazione...

Nella mia famiglia non sono mai mancati né suore e né preti.
Anche mio padre, per un certo periodo, ha studiato per diventarlo, prima di capire che quella vita non faceva per lui e che spesso quelli che sono i progetti dei genitori finiscono per stare stretti ai figli.
Sono cresciuto in un ambiente fortemente cattolico: ho frequentato la scuola delle Suore del Preziosissimo Sangue dall'asilo alle medie inferiori (incluse). Spesso e volentieri sono stato messo su pulman che si muovevano in direzione di chiese, santuari e luoghi di culto di vario genere ed estrazione. Ho frequentato oratori, studiato il Catechismo. Fatto tutto quello che si dovrebbe fare per formarsi una cultura religiosa, se non un vero e proprio credo.
Ed è proprio per questo che ultimamente ho molta paura. Perché non riesco a non vedere del marcio nell'esaltazione e nell'ostentazione eccessiva di alcuni valori che dovrebbero riguardare maggiormente la sfera privata, emotiva, personale e che invece finiscono usati e strumentalizzati come testa di ponte per influenzare aspetti della vita pubblica e politica.

Con la fine, vera o presunta, del berlusconismo ed il tramonto dei vari Baget Bozzo e affini, la destra italiana di estrazione cattolica si è trovata precocemente costretta alla ricerca di nuovi personaggi a cui aggrapparsi. In questo senso, l'Uomo della Provvidenza sembra essere Giovanni Lindo Ferretti, l'ex leader di CCCP e CSI ed attuale cantante dei PGR.
L'operazione è stata avviata lo scorso anno, con la lettera di Ferretti indirizzata al Foglio, riguardante il referendum abrogativo della legge 40 sulla procreazione medicalmente assistita.
Una lettera discutibile per toni e contenuti (l'eccessivo autocitazionismo dell'autore, il misticismo esondante e fuori contesto ed il manicheismo esagerato nei confronti della procreazione "naturale", veicolato a colpi di metafore equine). Il tutto sembra essere arrivato a compimento negli ultimi giorni, con la consacrazione ricevuta da Antonio Socci sulle pagine di Libero; e ieri, ancora una volta, su quelle del Foglio con un ritratto a firma Camillo Langone.
Obiettivo malcelato dei due articoli era quello di lanciare Ferretti come figura di spicco del nuovo cattolicesimo oltranzista ed aprire una breccia nelle teste e nei cuori dei militanti di centrodestra, orfani da troppo tempo di intellettuali appartenenti alla loro coalizione e dotati di forte impatto comunicativo sulle masse.
Ed è in questo contesto che s'inseriscono le dichiarazioni di Giovanni Lindo riportate da Socci ("Votare centrodestra alle ultime elezioni è stata una rivoluzione che lo ha divertito molto") e soprattutto l'intero articolo di Langone, interamente volto a dipingere di Ferretti un'immagine diversa da quella percepita fino all'altroieri, cercando addirittura (con una citazione-non citazione del sottoscritto) di far apparire quest'ultimo come un uomo da sempre di destra, che in questo momento si trova alle prese con la prosecuzione di un cammino intrapreso chissà quanto tempo fa, piuttosto che con un nuovo inizio.

Non ho niente contro la conversione del Giovanni: la osservo con curiosità e la rispetto, come rispetto tutte le altre conversioni (all'islam, al buddismo) che il Nostro ha attraversato nel corso della sua già ragguardevolmente lunga esistenza.
Né tantomeno lo reputo un "compagno che sbaglia", visto che in cuor mio non sono mai riuscito a considerarlo "compagno" (o semplicemente esponente politico), ma artista, paroliere arguto e provocatore. Non m'interessa affermare l'esistenza di una parte giusta e di una sbagliata e neanche porre l'accento sulla trasvolata dell'eremita emiliano dall'una all'altra. Semplicemente credo che l'entusiasmo dell'uomo per la ritrovata spiritualità, una volta reso pubblico, sia stato strumentalizzato da quelli che fino a ieri l'odiavano o lo reputavano, senza mezzi termini "un coglione".
Gente che si vanta di avere la croce tatuata addosso e che ha preso troppo seriamente la dichiarazione contenuta nell'ultimo disco dei PGR. Quella dell' orfano di sinistra "in cerca d'adozione". Gente che sta cercando di prendere Ferretti e di trasformarlo, ancora una volta, in un guru di quelli che si trovano a buon mercato nello scaffale delle librerie.
Di solito nella parte dedicata agli Oscar Mondadori.

sabato, settembre 02, 2006

Lo diceva Nerones, lo ribadiva Santippes: "Lo chiamano concerto, ma è lo show delle Pipettes"



Arriviamo al Circolo degli Artisti che sono da poco passate le 21 e 30.
Chiunque abbia mai avuto esperienza di concerti a Roma sa che secondo il fuso orario del rock and roll le 21 e 30 equivalgono alle 19 di una giornata normale. L'orario in cui tutto deve ancora succedere, la gente si muove senza affanno ed incomincia a prendere seriamente in considerazione l'idea di tornare a casa per la cena, magari dopo un aperitivo.
Riusciamo quindi ad assistere a quel piccolo rito che vede i giardinetti del locale riempirsi fino all'inverosimile, il rumore delle voci diventare talmente forte da superare quello della musica in diffusione che arriva dall'interno della sala ed iniziare il piccolo valzer dei saluti che molto spesso finisce per essere quasi un lavoro. Una missione, per alcuni.
Guardando la gente che entra ed esce dal locale si ha la forte sensazione che metà della popolazione giovanile di questa città abbia passato gran parte dell'estate a studiare come si diventa indie. Ci facciamo largo tra il mare di frangette e giacche di ogni taglio e fattura e come quando da bambini contavamo gli elefanti intenti a dondolarsi sopra il filo di una ragnatela, muoviamo il dito per segnalare ogni pois che incontriamo nel nostro cammino.
"Pensavo di più, però."
"Anche io."
"No, no. Guardate bene che ci sono."

"Dove?"
"Dentro."

Dentro fa caldo. Caldissimo. Le Motorama hanno iniziato da pochi minuti il loro set.
Incominciano a spuntare ovunque cloni di Pipettes cresciute a bucatini e coda alla vaccinara.
La più audace di tutte indossa delle scarpe rosse di vernice con la punta rialzata, un po' cappello del Doge, un po' pappagallo. Quello che si trova negli ospedali.
Dopo un cambio palco rapidissimo arriva finalmente il turno di "quelle vere".
Guardare le Pipettes sul palco è uno spettacolo. Essenzialmente canticchiano e fanno mossette.
Quella più gettonata è stata nominata da un pool di esperti "mossa di Francesco Totti durante un Roma - Juve di qualche anno fa".
Praticamente le Pipettes muovono il braccio in avanti come se volessero fare un saluto romano, solo che con la mano riproducono il numero quattro e lo agitano avanti e dietro, a destra e sinistra.
Ogni canzone ha la sua coreografia. Qualcuno tra il pubblico si ingegna anche a riprodurre i movimenti delle tre. Il risultato, ovviamente, è tragicomico e gran parte del concerto viene passata a schivare i gomiti e le pedate delle persone troppo entusiaste.
Loro tre divertono e si diverteno. I pezzi sono carini, l'esecuzione un po' meno.
Il batterista, per esempio, riesce nella difficile impresa di suonare pezzi in quattro quarti quasi tutti rigorosamente fuori tempo. Qualcuno mormora che sia a causa delle pessima acustica.
Qualcun altro dà semplicemente della pippa ad un Pipettes.
Anche le voci, spesso, vanno e vengono. Alla fine dei giochi, l'unica delle tre che canta veramente bene è Gwenno (The Bree Van De Kampette), Becki (The Occhialette) fa delle facce memorabili ed è chiaramente quella fuori di testa del trio e, per uno strano gioco delle parti, la più sexy, Rose (The Tette) suona le tastiere ed è nettamente la più carina.
Durante Pull Shapes è il delirio. Tutti battono le mani a tempo, tranne il mio vicino di posto che seguendo l'esempio del batterista riesce a fare il clapping tre volte più veloce del dovuto.
Il bello è che lo fa per tutta la durata del concerto, risultando al principio irritante e diventando pian piano il valore aggiunto che trasforma una serata dedicata al bubblegum pop in una performance di musica dodecafonica.
Dopo un bis rapido che più rapido non si può, le Pipettes guadagnano l'uscita.
Lo spettacolo è finito.
"Appena torno a casa mi scarico tutta la discografia delle Banarama."
Promesso.

venerdì, settembre 01, 2006

L'ho sempre detto io che Pomini era il più avanti di tutti!

Come accaduto lo scorso anno ai Disco Drive (e ad una miriade di altre band), anche i Dinosaur Jr si sono visti portar via un furgone carico di strumenti (qui la news).

Questa la lista del materiale rubato (della gran bella roba!):

> Guitars: > > > > 1959 Fender Jazzmaster SN.. 38927. > > -decal coming off. cracked headstock at top near > low E peg. color > > black with purple/bluish sparkle coming through. > adonized pick guard > > gold metal. tuneomatic bridge gold, tuning pegs > gold. > > > > 1961-3 Fender Jazzmaster SN.. 62012. > > -purple sparkle, black pickup covers. headstock > repaired, a whole > > new piece of wood was glued on for the top part of > the headstock > > under the tuners and up a 1/2 , along the whole > top of the > > headstock. gold tuneomatic bridge, gold tuners > > > > 1964-5 Fender Jazzmaster SN.. L21581. > > -orange, white pearl pickguard, stickers we're all > over it, original > > uners. > > > > Fender Purple Jazzmaster new SN.. R074329. > > -purple sparkle with matching headstock gold > adonized guard tuneomatic > > ridge. > > > > Rory Gallagher Stratocaster new SN.. R25507. > > -has a big gold grover tuning peg on low E > > > > Rickenbacker 197? Fireglo Bass SN.. 4001. > > -checker-board binding. > > > > B.C. Rich Warlock Bass SN.. 4242413 > > > > Custom pedal board with custom audio electronics > RS-10 foot > > controller, Teese RNC2 wah pedal, boss stage > tuner, mute box, and > > cables. > > > > Cymbals: > > [1] Paiste 20" 2002 medium > > [1] Paiste 20" giant beat > > [1] Paiste 20" 2002 crash > > [2] Paiste 19" 2002 crash > > [2] Paiste 15" 2002 sound edge top hi-hats > > [1] 15" 2002 sound edge bottom hi-hats > > One Black backpack with Sony headphones, tools, > etc.

Il solo pensiero di Lou Barlow e J Mascis che discutono tra di loro su chi abbia la responsabilità per il furgone rubato mi riempie di gioia.
Il furto, ovviamente, no.
(Lista trovata sulla board del NoFun di Udine e copia e incollata dal blog degli Enon)



(Non c'entra niente, ma visto il titolo del post la segnalazione è d'obbligo: nell'ultimo, rinnovato e migliorato, Rumore c'è un bellissimo articolo di Andrea Pomini sui 25 anni della Touch & Go. Procuratevelo e leggetelo. Merita.)

Ma perché il premiante sembra sempre accogliere il premiato come se si trattasse del suo migliore amico?

Gli MTV Awards sono iniziati da pochissimi minuti, con Justin Timberlake intento a shakerare il deretano al ritmo del suo nuovo, coattissimo, singolo.
Giusto il tempo di lasciare il centro della scena a Sua Maestà Jack Black che, prima, entra vestito da astronauta, poi si spoglia e rivela una tutina da Elvis periodo fine carriera.
Si lancia in una canzone scritta per l'occasione, un ibrido soft rock/heavy metal e passa subito la palla ai primi ospiti della serata:
i Raconteurs con Lou Reed, ospite speciale.
Attaccano una versione cotta e mangiata di White Light/White Heat, non fanno neanche in tempo a deporre gli strumenti che sullo stage viene proiettata l'immagine di una gabbia.
E' il turno di Lil'Kim, entrata in galera un anno fa come donna super sexy ed uscita l'altro ieri come sosia di Orietta Berti in nero.
Presenta il premio per il migliore artista maschile.
Vince James Blunt.
Quello per l'hip hop va ai Black Eyed Peas.

Per la serie: come ammazzare uno show partito benissimo con due semplici, facili, mosse.
Meno male che c'è Shakira.
Punto.


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