Primavera Sound 2005 Report (LT 07 Preview)
Stephen Malkmus - Home Alone (LT 06)
Adam Green - American Idol (LT 05)
Low... forever changes (LT 05)
Revisionismi: J Mascis - Martin And Me (LT 05)
Sono un ribelle, mamma (Write Up n.2)
Tra le pareti (www.julieshaircut.com)
Broken Social Scene: all in the family (LT04)
Revisionismi:Weezer-Pinkerton (LT04)
Le parole che non ti ho detto (MarieClaire feb 05)
Revisionismi: Scisma-Armstrong (LT03)
Meg: essenza multiforme (LT03)
Greg Dulli e Manuel Agnelli: Matrimonio all'italiana (LT03)
American Music Club e R.E.M.- Once were warriors (LT03)
La lunga estate dei folletti (LT02)
Not tomorrow!No manana!Today! (LT02)
Blonde Redhead sulle ali della farfalla (LT01)
Oltre la traversa (Il Mucchio Selvaggio 2002/2003)


Weeds



lunedì, maggio 29, 2006

Il twee pop mi fa una Pipettes (non sono mai stato il primo della classe, non ho mai ricevuto una coccarda premio, ma faccio molti sbagli)

Un breve viaggio nella vita di Gianbattista Margheritoni.



Gianbattista Margheritoni è un uomo onesto, probo e pure un po' traralallallararalallero.
E' un uomo onesto, esattamente come da bambino era stato un bambino modello. Impeccabile.
Uno da primo banco e coccarda premio appuntata sul petto. Sempre.
Mai uno sbaglio, mai una nota, nessuna nonna fatta morire per un tema non consegnato, nessun quaderno fatto cadere dal gatto nel caminetto, mai un giorno d'assenza, mai sega, filone, bigiata, salina e cabò. Mai. Dal primo giorno fino all'università.
I suoi lo avevano anche iscritto ai Lupetti.
A Gianbattista Margheritoni piacevano tantissimo i Lupetti. Quando li vedeva per le vie del centro provava una forte invidia per quei cappellini, fazzolettoni e pantaloni corti che si agitavano in preda di un immotivato buonumore. Per lui quelle uniformi rappresentavano un sogno, un miraggio e una speranza. Erano come il costume da Spiderman per Peter Parker, le divise dell'equipaggio di Star Trek, una seconda pelle capace di conferire poteri straordinari.
Ovviamente ci mise pochissimo a capire che la realtà era molto lontana. Un mese in una "sestiglia" e già non ne poteva più.
Per i pantaloncini provava ormai un sincero ed indiscutibile odio, mentre la sola vista del fazzolettone gli causava prurito e vomito.
Ma andava avanti, Gianbattista Margheritoni andava sempre avanti, non mollava mai.
Per cui la sestiglia diventò squadriglia; la squadriglia, clan.
Un'intera vita negli scout. Senza poter sopportare gli scout.
Stessa cosa nei rapporti con l'altro sesso. Lui non ci provava con le ragazze, le subiva.
Che non vuol dire per forza di cose che loro ci provassero con lui, ma proprio il fatto che le temeva. Aveva paura.
Era talmente timido che il solo sguardo di una ragazza riusciva a mandare a ramengo interi anni di CAR delle relazioni interpersonali. Per non parlare poi dell'effetto che gli causava un piccolo scambio di parole. Sudori e palpitazioni come capita solo ai calciatori mandati in campo dall'allenatore durante una finale di Coppa Campioni, dopo un anno passato ad allenarsi duramente sul sedile della tribuna e su quello del Porsche Cayenne.
Il problema è che Gianbattista Margheritoni il periodo dell'allenamento sentimentale l'aveva saltato totalmente. Parlo di quei pomeriggi fatti di bottiglie che girano e "tu cosa scegli? Io bacio", di andate al cinema con le compagne di classe e di lotte all'ultimo sangue per riuscire a mettere una mano su una coppa del reggiseno, figuriamoci su quello che c'era dentro.
La totale assenza di feste ballo della scopa e canzoni di Elton John ballate a luce spenta con le mani che vanno dove non dovrebbero andare.
Feste a cui, ovviamente, non era mai invitato.
Troppo vincente per attirare le simpatie dei suoi compagni, troppo perfettino per essere conteso.
Talmente vincente e perfetto da passare quei pomeriggi da solo.
La prima pomiciata degli altri era solo un altro giorno di angoscia.
Per cui aveva dovuto fare da sé, sbagliare ed imparare. Senza maestri e né prove empiriche.
Ed alla fine c'era riuscito, ma piano piano. Dopo porte sbattute in faccia ed innamoramenti non corrisposti per gambe che regolarmente finivano in letti amici, dopo essere diventato la prova vivente che certi personaggi che pensava vivessero solo nei testi delle canzonette italiane erano reali ed esistenti. Erano lui. Erano tutti Gianbattista Margheritoni.
Lui che andava avanti, lui che non mollava, lui che di tutti i suoi fallimenti faceva un fascio a cui dava fuoco, come si faceva con l'erba cattiva, e ripartiva.
Lui che visto da fuori sembrava il ritratto del bambino senza pensieri.
Lui che era stato uno studente modello. Lui che era diventato un uomo onesto.
Lui che era quello che gli altri consideravano uno senza problemi.
Un tipo a modo, sempre vestito bene, felice. Divertente.
Allegro.
Un tipo che visto di fuori sembrava acqua corrente,
Ma dentro è mare in tempesta.

Un tipo che è una canzone di Jason Lytle, di Jeff Tweedy, di Lou Barlow e di Domotic.
Una canzone che non hanno ancora scritto.

Autosputtanamento vol II

Un gruppo registra un disco.
Lo fa con fatica ed in base alle proprie risorse, ma lo fa.
Certo, avere in console Dave Fridman sarebbe stata tutta un'altra cosa, ma...
Non è mica facile registrare con Dave Fridman.
Potrebbe dire di no, potrebbe dire che non ha tempo,potrebbe dire che il tempo ce l'ha, ma vuole soldi. Un sacco di soldi. Ed è da dagli anni in cui il gatto girava con la volpe che quelli non si trovano sugli alberi.
E purtroppo nemmeno nelle tasche.
Poi bisogna sempre vedere cosa dice l'etichetta. Se è disposta a stanziare un budget, ad investire...

Bisogna sempre vedere cosa dice l'etichetta. Sempre che non sia tu, nel senso di tu gruppo, l'etichetta. E lì si ritorna al discorso di prima, che insomma non è proprio il caso.
Comunque:
Il gruppo registra un disco, il disco esce.
Qualcuno lo ascolta, i giornali (per quello che vale) iniziano a parlarne bene, i gestori dei locali alzano le cornette dei telefoni, arrivano i primi concerti e poi ne arrivano altri. La gente sembra essere interessata.
E' proprio in quel momento che il gruppo si guarda, si parla e decide di tentare il passo successivo. Un video.
Per fare un video ci vogliono più o meno le stesse cose che servono per convincere Fridman. Più le idee. Il gruppo quelle ce le ha. E pure buone.
I soldi mancano sempre, ma i soldi non sono tutto. Dice il detto.
Il gruppo cerca un regista, chiama amici, conoscenti, spreme le meningi, si mette le mani in tasca, sceglie le location e gira. Finalmente.

Esistono tre strade che un video girato può percorrere: quella tortuosa e fortunosa dei passaggi in heavy rotation, quella di una programmazione notturna e riservata ad un pubblico di nicchia attento ed interessato, e quella di un oblio assoluto ed imponderabile. Dal produttore all'oscurità, senza passare per il consumatore.
Un video, per essere visto sulle televisioni musicali italiane, deve avere delle caratteristiche ben precise.
Inanzitutto deve essere "di qualità", parola che sembra voler badare alla bontà delle proposte ma che invece è da circoscrivere solo all'aspetto puramente tecnico e visivo, e poi non deve urtare eccessivamente la sensibilità e la moralità di chi lo guarda.

Ci sono diverse ragioni per cui il video di Brain dei Father Murphy andrebbe censurato:
  • Ci sono io.
  • Ci sono io che ballo.
  • Ci sono io che ballo il twist.
  • Ci sono io che ballo il twist ma sembra una tarantella.
  • Ci sono io in primo piano.
Tutte ragioni valide ed incontestabili. Molto di più di quel "vilipendio alla religione" che probabilmente ne renderà possibile la visione solo cliccando qui.
Fatelo. Ve ne pentirete.

venerdì, maggio 26, 2006

Blackology (guida sragionata al Frank Black post Pixies. Seconda parte)

Come tutti quelli cresciuti a pane e Pixies, ho vissuto un rapporto controverso con la seconda parte della discografia da solista di Frank Black. Quella targata Catholics, per intenderci.
Un po' per non essere mai riuscito a considerare sul serio la nuova band di Frank Black "la nuova band di Frank Black", ed al tempo stesso per aver interpretatato la svolta artistica verso sonorità più mature e per così dire classiche, più come un segno di scarsa vena che come parte di un percorso che, in un certo senso, finiva per tornare a dove era partito.
Come sempre la verità sta nel mezzo e tra il bianco e il nero esistono anche diverse sfumature di grigio. I Catholics sono la realizzazione del desiderio principale del giovane Black (cosa che, tra l'altro, lo accomuna a J Mascis), quello di diventare il Neil Young della generazione indie rock.
I sei album pubblicati sotto quel moniker virano alla grande verso il genere definito, in maniera un po' semplicistica, "americana". La voce e le linee melodiche diventano più calme e tradizionali. La nota schizofrenia compositiva lascia il passo ad una scrittura ben delineata, mentre i testi rimangono di fatto l'unico legame indissolubile con il Frank Black precedentemente conosciuto.
Con il senno di poi non si può non notare come anche in album non proprio esaltanti finisca per non mancare mai la zampata, il tocco di classe, la canzone capace di salvare la barca e restare nella memoria.

Frank Black and the Catholics
Play it Again Sam 1998


Trait d'union tra "Cult of Ray"e quello che verrà, il primo disco di Frank Black con i Catholics parte benissimo. All My Ghosts ha il riff e la paraculaggine dei tempi migliori, ma è solo uno dei pochi momenti ad essere veramente all'altezza. L'album paga una certa omogeneità dei suoni e delle composizioni, non decolla mai per davvero e non tocca mai il fondo. Un disco medio. Nè più e nè meno.
Ascolta:
All My Ghosts
Back To Rome

Pistolero
Play It Again Sam 1999


Con il secondo disco, l'avventura Catholics comincia a diventare più decifrabile. Il suono torna ad essere graffiante, seppur mantenendo enormi e forti legami con la tradizione americana.
L'album dà l'impressione di essere stato registrato live, come se le canzoni fossero frutto di jam (ed infatti abbondano gli assoli di chitarra...). Un disco di transizione.
Ascolta:
I Switched You
I Want Rock and Roll

Dog in the Sand
Cooking Vinyl 2001


Uscito in sordina, "Dog in the Sand" è in realtà un album migliore di quanto era lecito aspettarsi.
E' ormai chiaro quanto i Catholics siano la versione paisley dei Pixies.
Tutti gli elementi fondanti dello "stile Black" sono presenti in questo disco, la passione per Neil Young e quella per i Rolling Stones, le strizzate d'occhio al Bowie più rock e le virate verso il post punk. Con questo disco Frank Black torna a fare pace con il suo passato, dal vivo inizia a suonare anche brani dei Pixies e in Robert Onion fa la sua comparsata alla chitarra (e non è la prima volta) Joey Santiago.
Ascolta:
Robert Onion
Hermaphroditos

Black Letter Days - Devil's Workshop
Cooking Vinyl 2002


Come al solito molto prolifico, nel 2002 arriva a pubblicare due diversi album, usciti in contemporanea e pensati per essere l'uno il contraltare dell'altro. Purtroppo non tutte le canzoni sono all'altezza. In Italia non sono neanche stati distribuiti.
Ascolta:
1826
Heloise

Show Me Your Tears
Cooking Vinyl 2003


L'ultimo disco intestato a Frank Black and the Catholics, finisce per essere il migliore del lotto con "Dog in the Sand". Prodotto in parte con Stan Ridgway, non si pone il problema di inventare qualcosa e va semplicemente per la sua strada. Quella di un rock americano imparentanto con il folk e non solo. E' un album onesto, vola basso e arriva al sodo. Come un centromediano metodista.
Ascolta:
Everything is New
Horrible Day


[continua...]

giovedì, maggio 25, 2006

Fino alla fine, fino in fondo

Cesare Basile, Offlaga Disco Pax, FR Luzzi, Sikitikis, Marco Bellotti, Scuola Furano, Marco Parente, Studiodavoli, Settlefish, Yuppie Flu, Adam Green, Luca Madonia, Numero 6, Non Voglio che Clara, Beaucoup Fish, Perturbazione...

Tutte queste persone, gruppi, solisti, hanno partecipato alla prima edizione di Larsen.
Larsen è un programma televisivo musicale, andava in onda di pomeriggio ma era diverso da quelli del pomeriggio. Niente ragazzine con i cartelli sotto gli studi e niente playback da parte degli artisti in classifica, per dire. Poi è andato in onda di sera, e l'ha fatto senza divani e conduttrici che sembrano stare lì per mollarla al primo che passa. Che poi non è così, ma fa più fico fingere sia così.

Larsen è un programma in cui fondamentalmente si suona dal vivo. Con gli strumenti in mano e tutto il resto. Una cosa normalissima, che in un panorama televisivo come quello italiano finisce per diventare un'anomalia.
Larsen finisce questa sera. Forse tornerà. Oppure no, ma non importa.
Per ora si festeggia.

Questa sera dalle 20.30 alle 21.20 sui soliti canali (809 di Sky, uno a caso del digitale terrestre e qui in streaming), ci sarà Paolo Benvegnù.
Suonerà qualche pezzo nuovo e qualcosa del passato.



Per maggiori info, come al solito, c'è Giulia.

martedì, maggio 23, 2006

Avete per caso un'espressione più pesante di testa di cazzo che non comprenda il tirare in ballo famigliari di sesso femminile?



Ci sono un paio di cose che vorrei dire all'Onorevole Maurizio Saia, il tizio che oggi pomeriggio (ospite di una trasmissione televisiva) ha dichiarato di ritenere Rosy Bindi non idonea al ministero della famiglia, perché lesbica.
Vorrei poi esprimere un parere sul geniale sillogismo aristotelico secondo cui l'omosessualità della Bindi sarebbe ampiamente dimostrata dal fatto che non esistono, e non sono mai esistite, voci, foto e quant'altro riguardanti un rapporto tra la ministra ed un essere umano di sesso maschile.
E finire il tutto con una tirata retorica e scontata su quanto sarebbe meglio vivere in un posto con più ministri omosessuali e meno idioti in parlamento.
Vorrei farlo, ma sarebbe inutile e qualunquista.
Quasi quanto un militante di Alleanza Nazionale.

lunedì, maggio 22, 2006

Blackology (guida sragionata al Frank Black post Pixies)

Come mi è già capitato più volte di scrivere, anche in contesti diversi, ho la forte sensazione che quanto fatto da Frank Black dal momento dell'annuncio del ritorno dei Pixies in poi faccia parte di una sorta di piano finalizzato a chiudere una certa fase della sua vita da solista, riportare tutto a casa e ripartire con una nuova avventura e rinnovata creatività.
E' ovviamente ancora presto per dire se questo avverrà con o senza i Pixies, anche se ci sono indizi forti e pressanti che portano dritti alla probabile uscita di un nuovo album del quartetto.
Prima il Lato A e il Lato B del doppio "FrankBlackFrancis".
La retrospettiva dei demo acustici, le versioni nude e crude di classici come Wave of Mutilation, Caribou... e lo stravolgimento delle stesse più altre in compagnia dei Two Pale Boys.
Poi la realizzazione di un desiderio di gioventù quale la registrazione di alcuni inediti in compagnia di strumentisti di punta della tradizione americana e del soul (il celebratissimo "Honeycomb", uscito lo scorso anno), ed ora il doppio "Fast Man Raider Man", in uscita a fine giugno e stretto parente del suo predecessore (qui è possibile ascoltare un paio di nuove canzoni).
Tutti dischi realizzati a pochissima distanza l'uno dall'altro (tra il duemilatre ed il duemilaquattro), alcuni addirittura figli delle stesse session ("Honeycomb" e "Fast Man Raider Man") e pubblicati a pioggia mentre l'uomo nato Thompson ma diventato Black si dava ( e si dà) da fare con Kim Deal e gli altri due. A testimonianza di quanto l'istintività sia una componente importante della sua carriera discografica.

Frank Black
4AD / Elektra 1993


Il primo disco da solista di Frank Black è anche uno dei debutti² più riusciti e sottovalutati di sempre (l'altro è "Workbook" di Bob Mould). L'irruenza dei Pixies viene messa un po' da parte, mentre a rimanere intatte sono la forza e l'alta qualità della scrittura. In quest'album sono raccolte alcune delle canzoni più belle mai scritte da Frank Black. Detta così può sembrare un'eresia.
Ma non lo è.

Ascolta:
I Heard Ramona Sing
Hang On To Your Ego

Teenager of the Year
4AD / Elektra 1994


"Teenager of the Year" è il titolo perfetto per indicare le sonorità che animano questo album. Un parziale abbandono delle rotondità pop di "Frank Black" ed un ritorno al power pop di "Bossanova". Un disco fresco e veloce. Estivo, quasi.
Una conferma.
Thalassocracy riesce a sfiorare vette altissime (un cantato pazzesco) in poco più di un minuto e mezzo.

Ascolta:
Thalassocracy
Ole Mulholland

The Cult Of Ray
Epic/Sony Music 1996


E' il capitolo finale di una trilogia, quello destinato ad essere indicato per quasi un decennio come l'ultimo disco intestato al solo Frank Black. Purtroppo vengono a galla i primi cenni di cedimento e l'album finisce per risultare non all'altezza dei precedenti.
Nonostante alcuni spunti veramente notevoli.

Ascolta:
Men In Black
You Ain't Me

[continua...]

Where Is the Future?



Qualche tempo fa, raccontando il concerto di Morrissey al SXSW, Marina scriveva di come fattori fondamentalmente "esterni" quali il luogo e l'atteggiamento del pubblico siano in grado di influenzare la riuscita di un concerto e la percezione che si ha di esso.
Di come tutto ciò finisca per condizionare e toccare anche l'aspetto più intimo ed emotivo, tanto da far diventare un concerto atteso ed agognato da tempo una cosa da cui scappare per non compromettere un'ideale. Quello dei dischi ascoltati in cameretta e che sembrano parlare di te e solo con te. Quelli che tu sola dentro una stanza e tutto il mondo fuori.

Sabato sera al Circolo degli Artisti era tutto come doveva essere.
Il locale appariva veramente come uno di quei club americani in cui il calore insopportabile è pari solo all'energia sprigionata sul palco e sotto il palco. Un locale di quelli fumosi anche se non si può più, in cui si è costretti a stare pigiati e convivere con odori e sudori altrui.
Anche il suono non tradiva le aspettative: sporco e poco definito. Il volume alto. Talmente alto da riuscire a segare sul nascere ogni tentativo di conversazione.
Insomma, tutto quello che è lecito aspettarsi da un concerto di rock and roll.
Un concerto dei Mudhoney. Per la precisione.
Mica Gigliola Cinquetti.
Sul palco Mark Arm, Steve Turner e compari non si sono di certo risparmiati, a partire dalla scaletta praticamente impeccabile. Suck You Dry, subito e poi un'alternanza scientifica tra cose vecchie ("Here comes the hit... Touch Me I'm Sick") ed altre più recenti.
Fino ad arrivare all'inevitabile ed estenuante (ottimo) finale psichedelico, che prepara la strada per un bis punk rock che più punk rock non si può.
Praticamente perfetto, per quanto possa considerarsi perfetto un concerto in cui non si va mai per il sottile e la grana grossa la fa da padrona dall'inizio alla fine.

Il problema è che la distanza da un certo tipo di cose, la consapevolezza di trovarsi all'interno di un mondo a cui non si appartiene più, si manifesta nei modi e nei momenti più impensabili.
I Mudhoney sul palco facevano i Mudhoney. Gli stessi Mudhoney di quindici anni fa.
Io sotto il palco, tra la folla, facevo me stesso. Il me stesso di adesso.
Un me stesso che è un altro, diverso da quello adolescente di un tempo.
Lui l'altra sera si sarebbe messo a piangere, avrebbe sgomitato per arrivare tra le prime file, avrebbe ballato, pogato e sarebbe uscito dal concerto con un sorriso più eloquente di mille post inutili. Io mi sono limitato a guardare gli altri che piangevano, ballavano e pogavano.
Un pubblico da "Oggi giochiamo agli anni novanta", fatto di camicie di flanella ostentate anche con una temperatura di quaranta gradi, crowd surfing d'ordinanza, cori (giuro) "grunge, grunge, grunge", ed i Nirvana sparati a tutto volume dagli altoparlanti delle macchine che lasciavano il parcheggio.

Vedevo la gente esaltata e festante e non riuscivo a lasciarmi andare, completamente in preda ad uno shock emotivo diverso da quello che mi sarei aspettato.
Lo shock emotivo dei miei sedici anni che se ne vanno.

domenica, maggio 21, 2006

Lordi Of the Rings



Ladies and gentlemen, the winner is...


LORDI!!!

Con somma gioia e commozione sono lieto di annunciare al mondo la vittoria dell'Eurovision Song Contest (quello che una volta veniva comunemente chiamato Eurofestival) di Lordi.
I Gwar dei mari del Nord.
La band più oltra dell'universo conosciuto e ulteriore.

Basta dare un'occhiata al video del loro masterpiece Hard Rock Hallelujah e ad ammirare la performance live che gli ha permesso di vincere il festival, per farsi un idea di come sul palco di Atene sia stata riscritta la storia del rock e non solo.

In onore di Lordi e della sublime arte del metal spiegato agli infanti, i SadPandas terranno un esclusivo dj set (il dj set pic indolor) questa sera, al Circolo degli Artisti di Roma.
Non mancate.



(grazie a Crush per avermi introdotto nel fantasmagorico mondo di Lordi).

mercoledì, maggio 17, 2006

Il miglior disco degli Stones dai tempi di Exile On Main Street



Che poi non è che sia proprio così tanto stonesiano.
Cioè, sì, lo è, ma non è solo quello.
E' fondamentalmente un disco divertente, estivo, bello da ascoltare a tutto volume con la consapevolezza che non cambierà mai la vita di nessuno (men che meno quella dei Primal Scream), ma la testa la farà dondolare.
E pure parecchio.

Ascolta:
Country Girl
The 99th Floor

lunedì, maggio 15, 2006

Sono io che sono un giovane vecchio, oppure è lui che un genio?


Neil Young mi è piaciuto da subito.
Dalla prima volta che l'ho visto. In televisione.
Era un concerto tributo a Bob Dylan che la Fininvest trasmise in diretta, in quarta serata.
Ovviamente rimanere in piedi fino all'ora prestabilita era la più utopica delle utopie, ma grazie a mio padre, alla sua passione per Dylan, ad una videocassetta e al videoregistratore, riuscii comunque a non lasciarmi sfuggire l'evento.
C'erano tutti quella sera sul palco. Artisti vecchi e nuovi, veri e propri miti in carne ed ossa e giovani leoni scalpitanti pronti a sfruttare in pieno la vetrina. Tutti.
Lou Reed, Johnny Cash, Tom Petty, John Mellencamp, George Harrison, Eric Clapton, la Band, Tracy Chapman, Eddie Vedder, Bob Dylan (ovviamente)...

E c'era Neil Young. Enorme e ricurvo sulla sua chitarra Gibson, i capelli spettinati, lunghi e al tempo stesso radi, la camicia a quadri e l'espressione di chi era stato appena tirato giù dal letto e pur non essendosi ancora del tutto svegliato, ci dava dentro di brutto.
Rispetto a tutti gli altri grandi presenti sul palco, lui sembrava essere l'unico a non celebrarsi, l'unico a non rimarcare con ogni movenza e accordo il suo "essere Neil Young".
L'unico a non cercare di rivaleggiare con Dylan e a sembrare quasi totalmente al suo servizio.
L'unico, con Vedder e Tracy Chapman. I due che la storia se la stavano appena scrivendo.

Ma la cosa che più mi rimase impressa di quella sera fu il modo che Young aveva di suonare la chitarra, il suo stile tutto sostanza e niente forma, i riff scarni e diretti, il suono distorto e gracchiante come prima d'ora avevo sentito provenire solo da giovani virgulti in camicia di flanella e che mai e poi mai avrei pensato di udire da un uomo di quella generazione ed epoca musicale.
Dopo quel primo incontro non l'ho più perso di vista, e mi sono messo a studiare.
Ho percorso la storia a ritroso, passato pomeriggi ad ascoltare dischi scritti e registrati non solo quando non ero ancora nato, ma quando ancora i miei non si erano neanche mai sfiorati, mi sono appassionato alla sua vicenda personale (una vita come un romanzo, e vi giuro che non è un luogo comune, un po' storico e un po' noir) ed ho seguito con attenzione il suo recente passato (quello nuovamente sfavillante della prima metà, diciamo fino al 1996, degli anni novanta), il presente ed il futuro prossimo. Ho sonnecchiato di fronte a dischi così così ("Broken Harrow", "Silver And Gold", "Greendale" e "Prairie Wind") ed ho mal sopportato i passi falsi ("Are You Passionate?"), ma nonostante tutto non sono mai riuscito ad abbandonarlo del tutto.

E' notizia di questi giorni l'uscita di un nuovo disco ("Living With War"), registrato in fretta e in furia e composto di canzoni definite dall'autore "di protesta".
Con tutto il senso che questa parola può avere oggi, nel 2006.
Non sono ancora riuscito ad ascoltarlo per bene e a farmi un'opinone, ma sono rimasto fortemente colpito dall'idea che anima questo nuovo progetto.
Praticamente, "Living With War" è un disco di istant songs, basate su un'architettura sonora molto scarna: batteria, basso, chitarra e poco altro (qualche inserto di fiati).
Fin qui tutto normale, tutto alla Neil Young. Se non fosse per le voci.
Le venticinque voci.
Ogni canzone di "Living With War" è cantata in coro. In certi casi anche la voce di Young è mischiata a quella degli altri. Completamente assorbita negli arrangiamenti.
L'effetto orrore è dietro l'angolo, in mano a qualsiasi altro dinosauro queste canzoni sarebbero state ricoperte di un manto di aurea pretenziosità che le avrebbe sicuramente affossate.
E invece...

Invece il primo singolo, Let's Impeach The President, è uno di quei brani che non ti stupiresti di ballare alla fine di una serata indie.
Magari tra I'm From Barcelona e Polyphonic Spree.


venerdì, maggio 12, 2006

Stuzzichindie (solo un altro titolo di merda nella perfetta tradizione dei titoli di merda di [indiessolvenza])

Proprio mentre ti siedi ed incominci a guardare il filmato di una vita plastificata come una canzone dei Finlay, ti arriva sotto pelle la scossa forte tipica degli shock.
Niente di che, in realtà, solo l'accettazione che il miraggio di una vita spericolata, una vita come quello lì, dove quello lì non sta per Steve McQuinn ma per Franco Califano, è roba da fanciullini.
Un sogno da bimbo in fasce che finisce nel dimenticatoio con la consapevolezza che diventare grandi, spesso, comporta rinunce e frasi ingoiate a capo chino.
Che maturità vuol dire anche tenersi dentro cose che in altri momenti avresti vomitato e che forse è meglio così.
Alla fine è solo la tua vita, un granello di sale gettato nel più vasto dei mari.
E grazie a Dio ad una canzone dei Finlay non ci assomiglierà proprio mai.


Maturità vuol dire anche accettare il proprio destino di indomabili cazzeggiatori, riempire ancora una volta le borse dei dischi, comprare delle cuffie nuove, decenti, e passare il tardo pomeriggio/sera di domenica 14 maggio a far da sottofondo ad un popolo, speriamo nutrito, di sbevazzoni.
Se qualcuno avesse voglia di partecipare:



Ulteriori info: qui e qui.

Per il resto, io non ho ancora deciso cosa mettere. Là sopra c'è scritto indie dj set, ma dato che non si tratta di serata danzante mi sento più orientato verso sonorità hip hop, indietroniche, bubba, bubba. Che tanto lo so che alle chitarrine ci pensa Max.

giovedì, maggio 11, 2006

Il gatto, il topo e l'elefante, non manca più nessuno...

Ora so quale sarà il concerto dell'anno.



Il 23 giugno ad Umbertide, nell'ambito di Rockin'Umbria, ci sarà la prima data del tour europeo di Silver Jews. L'unica in Italia.

(In questa pagina è possibile guardare e scaricare i video della band più qualche peperlizia - le cover dei Pastels e degli Herman Düne - in mp3).

(Il 23 giugno a Rockin'Umbria ci sarà anche il sempre ben accetto Micah P. Hinson).

martedì, maggio 09, 2006

La repubblica dell'elefantino

In nove tra deputati e senatori hanno votato Giuliano Ferrara Presidente della Repubblica.

(Vabbè, qualcuno ha pure votato per Vespa, Piperno ed Ambra).

Le prossime votazioni le vanno a fare direttamente al bagaglino?

lunedì, maggio 08, 2006

Protected From The Rain (un cazzo di post a punti per un blog in fase di stanca)


_Glueing All The Fragments è il nuovo singolo degli Yuppie Flu. Quello con il video pucci pucci. Ora è anche un EP, scaricabile gratuitamente dal sito di Rockit. Contiene: il brano in questione, una cover dei Low (Cue The Strings) e una dei Flaming Lips (Slow Nerve Action), più un brano tratto da "Yuppie Flu At The Zoo" risuonato da capo a piedi (Silver Rain). Qui.
Su YouTube si trova anche un video di One Shot, girato (sarebbe meglio dire montato) da Kyle (membro dei Fuck e neochitarrista, appunto, di Yuppie Flu).

_ Il bello di Internet è tutto in quelle piccole imprese folli e all'apparenza inspiegabili. Ad esempio: un pazzo di nome Salmon ha aperto un blog interamente dedicato alle b-side dei Blur del periodo Coxon. Dalla prima all'ultima, non ne manca proprio nessuna (ed io consiglio di non perdere Tame).

_ Il 14 febbraio del 2ooo gli Scisma suonavano live negli studi di Radio Due. Io c'ero e di quella sera ho un ricordo dolce ed al tempo stesso amaro. Il 14 febbraio del 2000 gli Scisma erano ancora un gruppo. Il giorno dopo, praticamente, non più. Peccato, sarebbero diventati grandi.
Lo sono stati lo stesso. (Ascolta gli Scisma live a Radio Due su TheSadPandas)

_ Nonostante non sia molto in buoni rapporti con suoni di un certo tipo, ho sempre avuto un forte debole per i Tool. E' uscito da pochissimi giorni il loro nuovo album ("10000 Days") e fra poco più di un mese saranno in tour in Italia. Questo filmato mostra per filo e per segno cosa sono capaci di fare.

_ A praposito di dischi nuovi freschi freschi, consiglio di buttare un orecchio su Semifinalists e Think About Life. Meritano.

_ Come qualcuno di voi già saprà, Larsen, il programmino televisivo di cui sono coautore ombra, passa dall' undici maggio in prima serata per tre puntate speciali di un'ora l'una. Gli ospiti che suoneranno live in studio saranno: i Beaucoup Fish (giovane gruppo italiano di buone speranze), i Perturbazione e Paolo Benvegnù. Com'è come non è, è possibile assistere in diretta alla trasmissione nel simpatico ruolo di pubblico (parlante o semplicemente battente di mani, piedi e quello che vi pare a voi).
Per maggiori informazioni, fate un giro qui.

_ Questo post è dedicato a Grant McLennan dei sempre grandissimi Go-Betweens. Buon viaggio.

mercoledì, maggio 03, 2006

La serietà al governo




Gabriele Paolini (sì, quello dei preservativi, del sito porno autolesionista e di tutte quelle altre cosette simpatiche) è iscritto a Rifondazione Comunista .

Paura, eh?

(trovato sulla board di Madrac).

martedì, maggio 02, 2006

Ohhh - ahhh ariba ariba el diabloah


Myspace è il demonio.
E' ufficiale.


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