Primavera Sound 2005 Report (LT 07 Preview)
Stephen Malkmus - Home Alone (LT 06)
Adam Green - American Idol (LT 05)
Low... forever changes (LT 05)
Revisionismi: J Mascis - Martin And Me (LT 05)
Sono un ribelle, mamma (Write Up n.2)
Tra le pareti (www.julieshaircut.com)
Broken Social Scene: all in the family (LT04)
Revisionismi:Weezer-Pinkerton (LT04)
Le parole che non ti ho detto (MarieClaire feb 05)
Revisionismi: Scisma-Armstrong (LT03)
Meg: essenza multiforme (LT03)
Greg Dulli e Manuel Agnelli: Matrimonio all'italiana (LT03)
American Music Club e R.E.M.- Once were warriors (LT03)
La lunga estate dei folletti (LT02)
Not tomorrow!No manana!Today! (LT02)
Blonde Redhead sulle ali della farfalla (LT01)
Oltre la traversa (Il Mucchio Selvaggio 2002/2003)


Weeds



giovedì, novembre 30, 2006

Faccio cose, chiudo il blog. Le enormi pippe di [indiessolvenza]

Ce l'ho in canna da un po'. Come dicono al bar sotto casa mia.
Ce l'ho in canna più o meno da quando Jukka, sull'onda della delusione generata dalla scarsa accoglienza riservata al concerto dei Grizzly Bear, ha scritto un post che per un paio di settimane ha monopolizzato le parole e gli umori della comunità indie (bah!) italiana.
E' stato naturale prendere quel post ed elevarlo a termometro di tutta una serie di situazioni che gravitano intorno al fare musica (o lavorare con) in Italia.
Un termometro nel culo. Per la precisione.
La stessa sensazione di fastidio che ti dà una cosa sgradevole ma al tempo stesso necessaria.
Necessaria per capire i motivi per cui si ha la febbre.
Necessaria per farsela passare.

E' sempre così, come ad una riunione degli Alcolisti Anonimi: ad un certo punto uno si alza, dice nome, cognome, e butta fuori tutto quello che.
Gli altri lo ascoltano, si alzano e fanno lo stesso.
E' una catena ormai, che scioglie o sang' dint e'vene, sai.

Pensare di riuscire a vivere - tirare a campare - con la musica sta diventando sempre più un'utopia. Pensare di farlo scrivendo di musica anche peggio.
Ma va bene così, nessuno ha detto che bisogna essere professionisti per forza. Nessuno.
Ma dopo anni in cui ti sbatti a portare avanti le cose in cui credi, anni in cui cerchi di svolgere seriamente i compiti che ti sono stati assegnati, metti in campo le tue idee, rischi, fa strano sentirsi catapultati all'indietro, confinati a forza in un mondo dove tu, che chiedi 100 per fare un lavoro da 100, verrai quasi sempre messo da parte per un qualcuno che spunta dal nulla e chiede zero. E sti cazzi se non ha la stessa competenza, le stesse conoscenze, le stesse capacità.
Costa di meno. Lavora di più. Non "costa" un cazzo, lavora tantissimo.
E' un cane che si morde la coda, l'esaltazione del concetto "di lavorare gratis" che in Italia viene applicato a chiunque cerchi di muoversi facendo funzionare tutte le sinapsi.
L'essere quasi sempre considerati "hobbisti" di lusso, sia che si prenda in mano una chitarra, sia che si passi del tempo davanti ad alla tastiera del computer.

Andrea, rispondendo a Jukka, ha toccato un punto fondamentale: che male c'è a voler "svoltare" sfruttando il proprio talento e le proprie competenze?
Perché siamo ancora prigionieri del nostro retaggio fanzinaro e non riusciamo a capire che voler vivere della cosa che occupa la maggior parte del nostro tempo è un'aspirazione sacrosanta e naturale? Perché se uno sostiene che professionalità e passione possono marciare su due binari paralleli viene preso come il più classico dei compagni che hanno sbagliato?
Perché siamo la provincia ed il mercato discografico/musicale italiano è la provincia della provincia.
Una piccola piazza in cui per portare l'attenzione su certe tematiche occorre tirare in mezzo il personaggio televisivo e sperare in un collegamento in diretta nella trasmissione della domenica.
Una piazzetta in cui "quelli che ce la fanno", quelli che arrivano a lavorare per i grossi network e ad avere la possibilità di "incidere" sul serio, non perdono tempo ad ostentare il distacco dalla "scena" (mah) dimenticandosi il calderone in cui erano rimasti a bollire per tanto, tantissimo, tempo.
Non me ne voglia Carlo, a cui auguro tutto il culo del mondo, ma il post con cui annuncia il suo passaggio a MTV e la chiusura del suo blog mi è sembrato quasi un segno di resa.
Un prendere le distanze da un certo modo di fare e pensare le cose, senza che queste siano distanziate anche nella realtà.
Come se tra l'indie che si fa scudo di sottosegretari e dibattiti e quello che utilizza stilemi e pose ci fosse chissà quale grande differenza. Come se l'abbandono di un guscio protettivo che poi è soltanto un modo diverso di chiamare le cose potesse essere interpretato come un grande gesto di vera indipendenza. Ma è solo la sostituzione di una parola con l'altra. La creazione di un sinonimo.

Il gesto della chiusura del blog arriva ad assumere una connotazione rituale: è come dire agli altri "Scusate ma non ho più tempo di cazzeggiare". Cosa che peraltro può essere anche vera, ma che comunicata in questo modo assume un'altra valenza.
Come se tenere un blog non fosse un'esigenza di comunicazione privata, ma un mezzo per confermare uno status pubblico, da abbandonare non appena ne subentra uno di visibilità maggiore.

Per cui faccio cose, ma non chiudo il blog.
Tanto so che dopo sei mesi lo riaprirei.
Come fanno tutti.
Come ho già fatto anche io.

lunedì, novembre 27, 2006

Faenza, Meeting delle etichette indiedeche

Quando una foto vale più di mille parole:



Pupo (Pupo!) live at Folsom Prison...

venerdì, novembre 24, 2006

Eh?!!!

WASHINGTON - Esiste la possibilita' che Saddam Hussein torni a guidare l'Iraq, come un'opzione scelta dagli stessi Stati Uniti. "Saddam Hussein e' in ottima salute e pronto a tornare al suo posto, ha imparato dal passato e non fara' niente per dare fastidio agli occidentali. Riportarlo al potere sarebbe una possibilita'". A dirlo e' Edward Luttwack, consigliere della Casa Bianca. "L'Iraq si governa con la forza - esattamente come faceva notare a suo tempo Saddam - perche' ha parti disgiunte che non stanno insieme volontariamente".

(Tratto
da Corriere.it).

Non ho parole, ma bestemmie e parolacce.

No Order



Ebbene sì, pare che i New Order si siano sciolti.
Che dite, lo andiamo a chiedere a Peter Hook mercoledì prossimo (ed anche a quelli che hanno pubblicizzato il dj set di quest'ultimo con "New Order feat Peter Hook dj set")?

Killing an Arab (le band si sciolgono)



E così gli Arab Strap finiscono.
Finiscono prima che tutto si sgretoli definitavamente.
Prima che la considerazione che la gente ha di Aidan Moffat aderisca perfettamente a quella che il pubblico di Guccini ha di Guccini.
Prima che qualcuno si presenti nel luogo del concerto con una bottiglia di birra da regalare all'artista. Prima che l'emozione lasci il passo alla maniera.
Giusto un attimo prima.
Finiscono con un intro di cornamuse e con un'esplosione di palloncini colorati.
Come dire: è triste, ma è una festa. Una festa triste.
Di quelle in cui vorresti lasciarti andare, sfogarti, piangere, ma tutto intorno a te va in un altra direzione. Come quegli amici che fanno di tutto per farti stare bene, anche quando a stare malissimo sono proprio loro.
Finiscono con Shy Retirer, il momento più alto di un concerto medio, uno dei loro pezzi migliori.
La canzone viene denudata, svuotata di tutti gli orpelli, privata del ritmo, riproposta solo con chitarra e voce.
Fino alla fine.
Fino alla reunion.

Ascolta: The First Big Weekend (Four Tet remix)
(La foto è di Massi).

giovedì, novembre 23, 2006

Continuavano a chiamarla "Corazzata Potemkin"



Il disco più atteso dell'anno. Dicono.

Una cagata pazzeca.
Secondo me, eh!

Ascolta: Skeleton e altre tracce del disco in streaming su The Hype Machine.

lunedì, novembre 20, 2006

La sai quella di Pierino e il prete?



E' lunedì sera e sto vedendo "Crozza Italia".
Io non lo vedo mai "Crozza Italia", mi capita di finirci su, rimanerci qualche minuto, cambiare canale, ritornarci e poi mettermi a fare altro.
Eppure stasera "ho scelto" di vederlo ed il bello è che non l'ho fatto spinto da chissà quale interesse o curiosità.
Semplicemente è stato naturale accendere il televisore su quel canale lì e lasciarlo fino alla fine.
Perché? Per le pagine dei giornali, le chiacchiere da talk show, i dibattiti pseudofilosofici su satira e teologia. Tutte cosa da cui ho tentato di stare alla larga.
Tutte cose che in un modo o nell'altro si sono infilate nel subconscio ed hanno finito per condizionare una mia serata. Questa.
Sono giorni che non si parla praticamente d'altro. Il Vaticano si è irritato per l'eccessiva satira a cui viene esposto.
Nel mirino: Fiorello e la sua imitazione di Padre Georg, la Littizzetto e Eminens e, appunto, Maurizio Crozza nei panni di Ratzinger.
Offesa al culto o tentativo di limitare la libertà di espressione?
Ad osservare il teatrino dall'esterno verrebbe da fare i qualunquisti e mandare tutto quanto in vacca.
"Sono tutti d'accordo!"
"E' solo un modo per attirare l'attenzione su queste cazzate e farci dimenticare il resto!"

Cazzate, OK. Però...
Però viene il dubbio che a guadagnarci da questo spreco d'inchiostro siano state proprio le due parti in causa. Il Vaticano che ha passato una settimana costantemente in prima pagina con un argomento che nel resto del mondo sarebbe stato liquidato con uno: "Sticazzi! Non vi sono piaciute le imitazioni? Cambiate canale."
I comici che hanno fatto il pieno di audience ed hanno avuto la scusa per riempire con monologhi sull'accaduto i loro programmi.
Ma voi l'avete mai sentita l'imitazione che Fiorello fa del segretario di Benedetto XVI?
E' inoffensiva, inutile, non fa ridere. Anzi, fa proprio cacare, e faccio fatica a capire che cosa possa aver irritato gli alti prelati. L'idea che Padre Georg passi il suo tempo a fare snowboard piuttosto che a pregare?
C'è veramente qualcuno che si sente offeso da questa cosa?
Ripeto: c'è veramente qualcuno che non frequenta la quinta elementare che si sente offeso da questa cosa?
Mah.
E i comici, che figura ci fanno i comici?
Si sono affrettati a dire che non devono chiedere scusa a nessuno, ad invocare il diritto alla satira, a dimostrarsi convinti della bontà delle proprie idee per poi calare le braghe e smetterla con le loro gag.
Fiorello ha passato un'intera puntata a fare battute sull'argomento, ma dell'imitazione in questione neanche l'ombra ed una frase, usata per chiudere il discorso, che più che far ridere riesce solo ad infondere tristezza ("Scusate, volevo imitare Don Backy, ma Baldini mi ha detto di puntare più in alto").
Crozza ha invitato in trasmissione Dario Fo, ha dato fondo a tutto il bagaglio di memorabilia da il "Mistero Buffo", cercato di elevare il dibattito e renderlo simile a qualcosa di "culturale" e mandato in onda il filmato con l'attesa imitazione.
Muta.
Efficace. Nonostante la promessa di non essere mai più riproposta ("Almeno per un paio di secoli (forse)").
La Littizzetto invece non ha rinunciato al suo monologo domenicale, ma le sue invocazioni a Ruini sono tutto tranne che satiriche. Delle macchiette, quasi.
E' questo, più la genuflessione dei politici, a lasciare veramente perplessi.
Il fatto che anche quelli deputati a dissacrare depongono le armi e scappano in ritirata appena l'oggetto delle loro attenzioni si mostra infastidito.
Sono loro, più di altri, lo specchio di un paese in cui leccare il culo al prelato più alto è tornato di moda come le minigonne e la scarpe con le zeppe.

Il Papa entra in un caffè. Splash.

(Lo so. Dovevo scrivere solo il titolo e quest'ultima frase. Lo so).

venerdì, novembre 17, 2006

Finalmente fuori!

Da oggi!



Anche il 17 porta bene.

(Per ascoltare qualche canzone di questo fantastico dischettino basta fare un salto qui).

(Per compralo basta andare in un negozio - eh sì, ne esistono ancora- o sul sito della Homesleep).

(Per tutto il resto c'è... il sito).

(Update) Si comincia a ballare, e noi... balliamo:
Ephebia (prima recensione ufficiale. Grazie Eleonora!).
Vitaminic (artisti della settimana, anche qui si ascoltano le canzoni).
Rockit (promo digitale. Qui i pezzi si scaricano. Sappiatelo).
Polaroid Blog (lunga ed esaustiva)
The Shout ( i deliri del giovane Strueia).

giovedì, novembre 16, 2006

Fra poche ore



La foto è ingannevole.
Solo per dire che questa sera, al Traffic (in via Vacuna 98) di Roma, suoneranno i Numero6 e i Turnpike Glow.
Il concerto costa poco e i gruppi sono bravi.
Ah, c'è anche il SadPandas dj set for people who love bad music.
Vestiti però.
Per fortuna.

Mother nature songs



La 60° Strada, a Frosinone, è una specie di cattedrale nel deserto.
Un centro congressi situato tra due nulla e un quartiere residenziale, che ogni tanto si trasforma in un luogo per concerti.
Non è un posto "abituato" alla musica, e le luci di emergenza che irrimediabilmente finiscono per infastidire quelle sul palco ne sono la riprova.
Eppure basta poco, pochissimo, ai Tunng, per far dimenticare tutto quello che "gira intorno" e catturare l'attenzione della gente.
Tre chitarre acustiche, quattro voci, giocattoli, percussioni, campanellini ed effetti.
Tanti effetti. Un contraltare rumoroso alla grazia dettata dalle armonie e dal cantato, i classici sassolini che spostano l'ago della bilancia.
Che poi a guardarli così i Tunng, di primo acchito, c'è da restare interdetti.
L'aspetto è simile a quello di una comunità hippy che si diverte ad andare in giro per il mondo a diffondere il culto di un nuovo dio-che-ne-so. L'attitudine, invece, ricorda quella dei gruppi pop testa tra le nuvole. Quelli che danno l'impressione di meravigliarsi per qualsiasi cosa gli accada e di vivere in un mondo in cui la cosa peggiore che possa capitare sia perdere la farfallina più pregiata della collezione di.
Uno stereotipo insopportabile, che fortunatamente viene smentito appena le prime note di chitarra si diffondono nella sala.
Ed è tutto un altro campo da gioco (il campionato, forse, è lo stesso in cui giocano i Mùm), quello in cui sgambettano. Mischiano psichedelia, folk inglese ed elettronica che più che vintage riesce a sembrare proprio senza epoca, sospesa. Naturale, quasi.
Un tocco di colore che diventa sostanza quando viene applicato per trasformare e plasmare le canzoni altrui. Come accade, a fine serata, a The Pioneers dei Bloc Party. Una bella canzone che diventa un'altra canzone.
Un'altra bella canzone.

I Tunng in questi giorni sono in tour in Italia, questa sera a Pescara, poi Bologna e, gran finale, sabato a Torino, in compagnia di Matt Elliot e Manyfingers.

Ascolta: The Pioneers (Bloc Party cover).
Woodcat

Guarda: i Tunng live al Green Man Festival

mercoledì, novembre 15, 2006

The National Anthem (Zum zum zum zum zum)

Una volta gli americani, prima delle partite di football, ascoltavano l'inno.
Una volta.
Ora, grazie alla banda dell'università dell'Arizona, ascoltano i Radiohead (ma anche gli Smashing Pumpkins!).



(Via Pitchfork).

martedì, novembre 14, 2006

Ferrettipedia

Ehi voi che state arrivando in massa su questo blog dopo aver visto la puntata di ieri sera di Otto e Mezzo (per chi non lo sapesse, con Giulianone Ferrara c'era Giovanni Lindo Ferretti che ha parlato delle sue due conversioni. Quella al cattolicesimo e quella al berlusconismo), e confusi dal mare di post non riuscite a trovare quello che cercate, sappiate che [indiessolvenza] vi vuole bene.

E per dimostrarvelo:

Giovanni Lindo Ferrara (ovvero la famosa lettera sulla fecondazione assistita scritta da GLF a ridosso del referendum e pubblicata da Il Foglio. Attenzione: non è un fake, ma una lettera vera. Il fake -insieme ad un'altra lettera del Ferretti- si trova trai commenti di quello stesso post ed aveva tutt'altro tema. Quello del dolore).

Giovanni Lindo Bin Laden (ecco, questa è una simpatica cazzata).

Comodo ma come dire poca soddisfazione
(ancora su GLF, la sua intervista con Antonio Socci, il peana di Camillo Langone, il libro e tutto il resto).

E poi non dite che non vi penso.
(Più che altro sono esterrefatto dal potere della televisione, tra ieri sera e oggi quasi 600 persone che non avevano mai letto questo blog sono arrivate qui cercando spiegazioni sul GioLindo Affaire. Anche La Stampa di un mesetto fa ne ha parlato e l'idea di essere stato citato da Mariella "Fegiz con le tette" Venegoni mi riempie di gioia).

Ah, io la puntata non l'ho vista.
Com'è stata?

lunedì, novembre 13, 2006

Leggere e capire le interviste. Le guide pratiche di [indiessolvenza]

Care amiche e cari amici di [indiessolvenza], benvenuti ad una nuova puntata di "Le guide pratiche".
Questa volta, dopo avervi spiegato come si scrive un testo di Ligabue e le cinque rapide mosse che servono per diventare Mondo Marcio, ci occuperemo delle interviste.
Quante volte leggendo su carta le parole di uno dei vostri beniamini vi siete chiesti cosa diavolo volessero dire?
Bene, da oggi non avrete più problemi. Grazie ad [indiessolvenza] riuscirete a leggere tra le righe, ma anche tra gli spazi, tra i punti e tutto il resto.

L'intervista che approfondiremo oggi è una tipica tra quelle realizzate da J Ax per la promozione del suo primo album solista.
Eh sì, J Ax. Il gran visir dei tamarri, il sex symbol dei Navigli, l'uomo che ha reso commerciale il rap in Italia con gli Articolo31.
Proprio quando tutti lo credevano alle prese con la stesura della sua seconda autobiografia (la prima "Nessuno", fu un caso editoriale. Un caso che sia uscita, una certezza che nessuno l'abbia comprata) dal titolo "L'importanza di chiamarsi come un deodorante", era in realtà chiuso in studio di registrazione.
Il frutto di tanto duro lavoro si chiama "Di sana pianta", il singolo che in questi giorni sta imperversando su tutte le radio della penisola è, invece, Ti amo ti ammazzo.
Una canzone poetica ("Sei un chicca che mi fotte la testa...") e musicalmente molto avanti.
La fusion tra Vasco Rossi e Tony Tammaro. In pratica.

Ma andiamo a bomba, analizzando l'intervista.

1) Perché "Di sana pianta"?
(J Ax)Prima di tutto è una sorta di scherzo per quelli che mi reputano collegato sempre alla "maria". Poi perchè provengo da una "sana pianta" in cui le radici sono belle fisse ed i rami vanno in altre direzioni.
Ovvero:
Tutti si ricordano di me perché andavo a cantare le canzoni sulle canne a Domenica In, per cui uscendo per la prima volta come solista non mi sembrava il caso di confondere il pubblico. Tanto alla fine qualche cazzata metafisica per giustificare questo titolo viene fuori sempre.

2)
A che punto questi rami hanno preso direzioni diverse?
(J Ax) Le radici sono cose che ascoltavo da ragazzino come la musica black, l'hip hop e il rock. Crescendo ho suonato con musicisti diversi, ho conosciuto, visto, girato, quindi tutto questo è rientrato nella mia ricerca. Anche di me stesso.
Ovvero:
Era un po' di tempo che con il rap non andavamo più da nessuna parte, abbiamo subito un crollo di vendite, in tv non c'invitavano più o c'invitavano poco... Poi un giorno ho visto un live degli Ska-P ed ho pensato: "quasi quasi mi metto dei dread posticci pure io. Dai che si svolta!"

3) Questo disco solista rappresenta la continuazione ideale di "Domani smetto", ma esce a nome tuo. E' stata una decisione comune prendersi una pausa dagli Articolo31?
(J Ax) Esatto, si tratta proprio di una pausa, anche se né io e né Jad sappiamo quando torneremo a fare dischi insieme. Dal mio punto di vista l'idea di far parte di un gruppo era pavida perché sono sempre stato il frontman e le cose che ho detto le scrivevo io. Essere in un gruppo per me era un modo per dividersi le colpe.
Ovvero:
Sì sì, una decisione comune, come no. Figurati se quel nano di Jad lasciava scappare la gallina dalle uova d'oro. E' che se fosse per lui staremo ancora a fare rap. L'hai sentito il suo disco?
Quello è pugliese ma si crede di New York! Già "Domani smetto" l'avevo fatto tutto io, ma poi dovevo dividere i soldi. Questa volta no. Prrrr.

4) Ora ti assumi le tue responsabilità!
(J Ax) Sì, al 100%! Posso rassicurare i fan degli Articolo31 che con "Di sana pianta" non mancherà a loro niente.
Ovvero:
Ancora? Sì, te l'ho detto che facevo tutto io e quello viveva di rendita. Più di così...

5) Ti amo ti ammazzo, i
l primo singolo, sta avendo un grosso successo. Pensi che rappresenti bene tutto il disco?
(J ax) All'inizio era un pezzo che diceva totalmente altre cose, poi un giorno ho litigato con la mia donna e ho scritto di getto delle rime tipo: "Il tuo ragazzo è pazzo". Certe cose che se uno può evita, ma in questo caso ci stavano dentro di brutto.
Ovvero:
Lo so che quella canzone ha delle rime un po' barzotte, ma m'è venuta così. E' che io vivo sto dramma, non puoi capire... la mia ragazza è una spaccacazzi ed è pure manesca. Non so più come fare. Però, oh, la canzone piace, meglio così. Lei sarà contenta ed eviterà di rompermi i coglioni per un po'.

6)Il primo pezzo dell'album, Snob, sembra voler essere un tuo autoritratto...
(J Ax) Snob è la mia dichiarazione. Dico chi sono per l'ennesima volta, così quelli che non lo sanno riescono a capire (immortale il ritornello: "Io non sono rock, io non sono hip hop, vendo troppi dischi per chi scrive sopra i blog. Sono un snob". nd[i]).
Pensavo che chi c'invitava ai party e voleva farsi vedere con noi lo faceva perché gli piacevamo. Quando ho capito che era solo perché avevamo successo è cambiato tutto e sono diventato uno snob.
Ovvero:
Oh, un sacco di gente ci leccava il culo, poi abbiamo smesso di essere di moda e il telefono non squillava più. Nessuno ci chiamava. Neanche Albertino.
Per cui potevo dire di essere diventato uno sfigato, ma snob è una parola che fa più scena.

7) Come descriveresti "Di Sana Pianta"?
(J Ax)
Non vedo l'ora che tutti mi definiscano un cantante pop. Se fossi tornato a fare rap avrei avuto tutte le copertine per me, ma non m'interessava. Io corro da solo e faccio il cazzo che mi pare. Ho composto tutto, dalla prima nota all'ultima parola. Il mio approccio è stato lo stesso che ho quando scrivo per gli Articolo31, solo che non mi sembrava giusto dichiare una cosa al 50% quando è mia al 99%,
Ovvero:
Cazzo, con 'sta moda del rap, potevo rimettermi a fare un disco hip hop pure io e svoltavo. Solo che sto disco l'ho finito tre anni fa e ho speso troppi soldi per mandare all'aria tutto e rifarlo da capo. Mannaggia. Rosico un botto, anche perché Fabri Fibra mi copia di brutto.
Comunque, ci tengo a dire una cosa "Di sana pianta" l'ho fatto tutto io. Senza neanche gli scratch di quel nano pelato che rovinavano le canzoni. Tiè.


domenica, novembre 12, 2006

Dance to the radio

Cosa fare di domenica quando fuori fa brutto tempo e la notte prima sei stato in giro fino all'alba?
Smanettare sul blog e sistemare un pochino questo template da troppo tempo trascurato.
Per cui, da oggi:
in fondo a destra, come il cesso, c'è il link ai feed (un giorno capirò che gusto si prova a leggere i post in quel modo, con tutti i segnacci xml e neanche una foto).
Sempre in fondo, ma a sinistra, c'è la Hype Machine con i link agli mp3 più scaricati e ricercati sui blog internazionali. Dateci uno sguardo, ci si trovano delle chicche non da poco.
La novità più importante, però, dovrebbe balzare all'occhio appena si accede a questa pagina.
Ebbene sì, anche [indiessolvenza] entra nel mondo dei blog pheechi per gente pheeca ed ha la sua radio.
Il che non vuol dire che da adesso in poi, appena si apre il blog, si debba per forza venir investiti da una raffica di note che neanche le bambine gotiche su MySpace, ma se vi capita di passare del tempo qui a leggere le mie stronzate, potete dilettarvi ascoltando un po' delle canzoni che in questi giorni monopolizzano le mie giornate (e, se potete, apprezzate anche la finezza della rima).
Se vi va. Altrimenti: amici come prima e con buona pace di tutti. Paola e Chiara comprese.

La colonna sonora di questo mese è composta da: i New Order con "la canzone del trailer di Marie Antoinette", i loro epigoni Teenagers, dei ragazzini - ma dai!- inglesi, ancora senza etichetta ma di cui si dice un gran bene (scoperti via Vitaminic). I Lemonheads perché, nonostante le sediate e tutto il resto, Evan Dando è uno che sa scrivere melodie belle come pochi altri, il dream pop degli Asobi Seksu, un brano tratto dal nuovo disco dei Sophia (perché l'autunno è l'autunno è l'autunno) ed uno dal disco, appena uscito per Kranky, di Benot Pioulard giusto per ricordarmi che le scarpe me le guardo ancora (le scarpe me le guardo ancora, ma l'mp3 di Benoit Pioulard non vuole funzionare, per cui...). Ogni tanto.
I Carbon Silicon (non silicone) sono il nuovo gruppo di Mick Jones e Tony James. Ovviamente molto Clash e, nonostante le bassissime aspettative, neanche troppo male (tra l'altro i loro album ed ep sono tutti disponibili in download gratuito sul sito della band).
Sempre per restare in tema c'è Herculean, il chiacchieratissimo primo singolo di The Good, the Bad & the Queen. Un gran pezzo. Secondo me.
Per chiudere un paio di cover: God Only Knows riproposta da Daniel Johnston per il tributo a "Pet Sounds" di fresca pubblicazione, e Ben Folds alle prese con Inbetween Days dei Cure.
Poi ci sarebbero anche i Beatles con Lady Madonna pescata da quel bizzarro esperimento chiamato "Love". Ma tanto ci sarà tempo per parlarne.

(Grazie a Giulia e Massi che hanno sopperito brillantemente a tutte le mie deficienze informatiche).

venerdì, novembre 10, 2006

Bisogno di sentirsi come un Broken Social Scene, sul bordo della strada, mentre canta Band on the Run

Andare a vedere un concerto all'Alpheus è la cosa più simile ad un giro nella macchina del tempo che si possa fare a Roma.
Di sera.
Il locale ti si para davanti come un rigurgito degli anni novanta più fetidi.
Tutto trasuda di domeniche pomeriggio passate ballando Corona e i Datura. I neon, i divanetti, le statue del tipo "vorrei essere neoclassico ma sono solo old-coatto"... se ci appoggi l'orecchio puoi sentire ancora i pensieri e le parole dei ragazzi dell'epoca.
I goffi tentativi di infilare le mani sotto i maglioni, i primi baci sulle labbra e quelli con la lingua.
"Scusa, ora devo andare. C'è mio padre fuori che mi aspetta."

L'Alpheus è un posto terribile, forse il peggior luogo per concerti di Roma.
Ma, nonostante tutto, è la location più consona ad ospitare un live come quello dei Lemonheads. La scenografia adatta per la messa in scena degli anni novanta più malinconici.
Quelli del college-rock che affogava nei coretti e negli sha-la-la-là una tristezza tanto manifesta quanto esistenziale.
Come scrive -benissimo- Gianluca Testani nell'ultimo Mucchio, il college-rock era la trasposizione in musica di una speranza per il futuro.
La celebrazione delle adolescenze e del tutto-sta-ancora-per-succedere.
Quando Evan Dando e compari salgono sul palco, la sensazione più forte è proprio che quel tutto che sarebbe dovuto accadere, in realtà, sia svanito in una bolla di sapone.
Trasformato in un "non è successo niente, ma è bello pensare che ancora..."
Una sindrome di Peter Pan per chitarra distorta.

Il gruppo suona al meglio. Il Black Flag alla batteria e l'Adolescents al basso se la cavano benone offrendo un ottimo supporto per la voce -ancora magnifica- e la chitarra di Dando.
Ma il concerto non decolla mai veramente, nonostante la scaletta quasi impeccabile e il pubblico attento anche se sparuto (più o meno 200 persone in un locale che dovrebbe contenerne quasi un migliaio). Colpa del cantante e del suo stato d'animo, inanzitutto.
Ché se gli altri due danno l'impressione di divertirsi, la faccia di Evan Dando è inequivocabile: vorrebbe essere altrove.
Suona rock and roll con l'espressione di chi sta partecipando ad un torneo di ramino.
Verso la fine annuncia le classiche "more couple of songs". In realtà ne suona una e se ne va.
Il pubblico vuole il bis, ma il fonico alza il volume della musica di sottofondo. I Mogwai.
La gente non molla, ed i Lemonheads tornano sul palco.
Bill Stevenson e Karl Alvarez prendono posto dietro i loro strumenti mentre Dando va verso la chitarra, anzi no. Ci ripensa. Mostra il dito medio alla folla, torna in camerino, prende una sedia e la lancia sul pubblico.
Il concerto finisce così. Con un gesto che quindici anni fa mi sarebbe sembrato punk, ma che ora assume i connotati chiari della disperazione.
Quella di uno che ha perso tutte le opportunità che la vita gli ha offerto e si trova ad inseguire il passato illudendosi di trovarci dentro la promessa del proprio futuro.

"The bedroom ritual
A simple way to feel
Without running the risk of anything real
Ever being given, ever being shown
Back in the bedroom no backbone"



(Il titolo del post, come al solito, non c'entra niente ma c'entra. Ed è ispirato a questa cosa qui).

giovedì, novembre 09, 2006

Ogni promessa è un debito.

Una nuova canzone dei Modest Mouse. Dal vivo.
Dall'inizio alla fine e con audio di buona qualità.



Update: Inkiostro, l'uomo che ne sa sempre una in più del demonio, ha scovato l'intera registrazione del concerto di lunedì.
Eccola qui.

mercoledì, novembre 08, 2006

Stati Uniti, elezioni di medio termine ("... If you are a child molester, rapist, drug dealer or terrorist you will be IMPALED!")

Qualcuno sa se per caso Joathon Sharkey, per gli amici The Impaler, ovvero il tale del Minnesota che sostiene di essere l'ultimo discendente di una stirpe di vampiri sanguinari, è riuscito a diventare governatore del proprio stato?

Neanche il suo sito dice niente in merito.
Peccato, era il mio candidato ideale alla Presidenza per il 2008.




Ah, il signor Impaler ha anche un MySpace. Ettepareva.

Manca poco, ormai.



Ormai è ufficiale: i Modest Mouse stanno per tornare.
Il nuovo album "We Were Dead Before the Ship Even Sank" (titolo tanto bello, quanto inquietante) è in dirittura d'arrivo (metà dicembre 2006) e la band di Isaac Brock - visibilmente dimagrito- è tornata a suonare dal vivo.
Un breve tour di "prova" che serve a rompere il ghiaccio, testare in pubblico qualche canzone nuova e presentare alle masse il nuovo (nuovo!) chitarrista Johnny Marr.
Sì, sì: proprio quel Johnny Marr lì, "l'amico" (tra virgolette, eh) di quello col ciuffo.

Sul sito americano di Rolling Stone è presente un report della prima data del tour.
A quanto pare sono state suonate un po' di canzoni nuove.
La prima, Fire it Up, viene descritta come "Un mid-tempo, in cui Brock e Marr si scambiano le parti vocali, suonato non proprio benissimo ('unintentionally sloppy')".
Invisible in Your Car è, invece, "la perfetta canzone da bis. Feroce come un pezzo dei Clash e dal ritornello incisivo."
Altri pezzi nuovi: Missed the Boat e Dashboard.
Secondo la recensione il concerto ci ha messo un po' a decollare, ma pare che con Johnny Marr in line up sia stata suonata la "migliore versione di sempre" di Float On.

In attesa di schiattare di curiosità, aspettando che questi nuovi pezzi arrivino su YouTube, MySpace, Soulseek ed Emule (c'è ancora qualcuno in grado di attendere l'uscita di un disco senza approfittare di qualche preview?), si può ingannare il tempo guardando questo live di Ben Lee (registrato una settimana fa) in cui, più o meno a sorpresa, viene eseguita proprio Float On.

Inizia il countdown...

Update - comevolevasidimostrare- i Modest Mouse dal vivo a Los Angeles:

Canzone nuova (audio pessimo...ma... Johnny Marr!)

Altra canzone nuova (altro audio pessimo... ma c'è sempre Johnny Marr!)

Bukowski (audio decisamente migliore ma comunque pessimo)

lunedì, novembre 06, 2006

Tristezza infinita ed enorme gaudio. Insieme.

Oggi, dopo quasi sei anni, sono andato a fare un giro sul sito ufficiale dei Pavement.
E ci ho trovato questa cosa qui (ah -sospiro- il genio italico!).



("Wowee Zowee: Sordid Sentinels Edition" esce domani. Sapevatelo.)

domenica, novembre 05, 2006

Backache Hotel

In pratica: il video più bello di sempre.
Johnny Cash, dal vivo, mentre si produce in un'eccezionale imitazione del Re Elvis.




Eccezionale imitazione = enorme ed esilarante presa per il culo.
(Meno male che dopo non gli hanno fatto l'antidoping.)

mercoledì, novembre 01, 2006

Famiglia reale



A casa mia si è sempre ragionato a compartimenti stagni.
Per via dei genitori, ovvio, colpevoli di tentare d'imporre un'idea di educazione basata su tappe prefissate che andavano di pari passo con l'età che aumentava.
Per cui: dai cinque ai sette anni mi fecero leggere Il Corrierino dei piccoli, un giornaletto che riproponeva a fumetti le storie dei più famosi cartoni animati Fininvest (Spank era il mio idolo, al punto che in passato ho avuto diverse fidanzate che ne riproponevano le sembianze), più La Pimpa. Il giorno del mio settimo compleanno, mio padre decise che dovevo evolvermi e cambiare rotta. Fuori Il Corrierino, dentro Topolino, accompagnato dai classici della letteratura per ragazzi.
Il primo impatto è traumatico: vado in crisi d'astinenza da Lady Oscar. Passo tutto il pomeriggio chiuso in casa a guardare Bim Bum Bam, mi gratto la faccia continuamente ed emetto bava dalla bocca.
Fortunatamente dura poco: Nanni Moretti sostiene che il problema della Sinistra italiana e della sua attuale classe dirigente è che si tratta di persone che si sono formate guardando le puntate di Happy Days in televisione. Hey!
Bene, io credo che tutti gli altri, il resto della popolazione mondiale (gente di destra, di sinistra, di centro, di quello che volete voi), siano cresciuti seguendo le storie di paperi e topi che riempivano gli albi della Disney. Orazio e Ciccio di Nonna Papera.
Io, per dire, odiavo le lunghissime saghe a puntate, ma impazzivo per le storie a bivi. Quelle in cui bisognava scegliere tra due diverse possibilità di trama scegliendo a priori quale ramo della storia seguire. Mi ricordo che ponderavo tutto benissimo, andavo alla pagina segnalata, leggevo gli sviluppi, tornavo indietro, leggevo gli altri e alla fine sceglievo.
Doveva essere un vizio di famiglia: il motivo per cui, tutt'ora, mia sorella non guarda una puntata di un serial se prima non si legge lo spoiler.
Non ho ancora dieci anni quando mio padre decide che è arrivato di nuovo il momento di cambiare. Basta Topolino. Si passa ad Airone.
Io non so se qualcuno se lo ricorda, Airone, una specie di Focus per ragazzini, un tentativo mal riuscito di giornale ecologista per pre-teen.
Finalmente mi ribello, compio undici anni ed investo l'intero bottino guadagnato con il compleanno per comprare tre dischi dei Metallica. Da lì in poi decido io.
Fortunatamente anche per mia sorella arriva il turno per entrare nella fase Topolino. Praticamente per leggerlo non devo più aspettare che mio padre lo porti a casa, ma solo entrare in camera di Ambra.
E' il 1993, e proprio leggendo Topolino capito per sbaglio in una breve recensione di un disco di un nuovo gruppo italiano. Si chiamano Casino Royale, hanno già fatto delle cose, ma questo nuovo "Dainamaita" pare sia il primo ad essere realmente interessante.
In casa gira da tempo una raccolta dei Clash, l'ha comprata mio padre, era allegata al Grande Rock, un'opera per fascicoli e CD pubblicata dalla D'Agostini. L'ascolto sempre. Continuamente, anche se le uniche canzoni che veramente mi piacciono sono Should I Stay or Should I Go e Rock the Casbah. Le stesso che skippo sempre, adesso. Il primo ascolto di "Dainamaita" mi ricorda tantissimo i Clash, ma più strani. Forse per via dei testi in italiano. Da un po' di tempo ho incominciato a comprare Rumore, una rivista nuova. Parlano sempre di un genere che chiamano crossover. Nel numero con in copertina i Body Count parlano proprio dei Casino Royale. Sono crossover anche loro.
E' il 1995, a scuola facciamo tutti a gara a chi è più arty ed impegnato. Parliamo tutto il giorno di "Linea Gotica", ma poi alla feste mettiamo "Sempre più vicini". Suona ancora e Cose difficili.
Due anni dopo ci si prepara alla maturità, nella mia classe chi non ascolta la Pausini ascolta i Casino Royale (o i C.S.I). "CR:X" arriva al culmine di un'infatuazione per l'hip hop e l'elettronica. Metto da parte per un attimo i Pavement e i R.E.M. ed impazzisco per "Dig Your Own Hole". In gita in Grecia, un intero autobus, in coro: "Lacrime e sorrisi, il suono dei miei simili".
Io rifletto. I Casino Royale si sfasciano.
Prendono una pausa. Un paio fanno drum'n' bass e tre tornano al primo amore, il rocksteady. Alioscia e Pardo ci riprovano e mettono su un sito che è anche un'idea ambiziosa. Passa poco tempo, però, e diventa un'idea ambiziosa andata a puttane.
Due anni fa azzardano il passo più lungo della gamba e i Casino Royale tornano in tour. Poche date, ma buone. Anche qui il prodotto è molto ambizioso (a partire dai visual), ma manca ancora qualcosa. Qualcosa che non è Giuliano Palma. Manca il calore e la sensazione è quella di trovarsi di fronte ad una, fredda, celebrazione fine a se stessa.
Arriviamo ai giorni nostri: i Casino Royale ritornano. Un ritorno in pompa magna: conquistano copertine su copertine e si spendono fiumi di parole che neanche i Jalisse.
L'album, "Reale", esce il 27 ottobre. Il primo ascolto è spiazzante.
Lo stile c'è ed è quello di sempre, i suoni sono anche meglio. Più caldi, calmi, in certi episodi anche rischiosi nei loro richiami agli "anni 80 di qualità". Alcune canzoni sono tra le migliori mai scritte dal gruppo (l'iniziale Tutto ed il singolo Prova, ovvero i Clash seduti su un divanetto di un privè), è l'insieme a lasciare un po' interdetti.
I testi sono perfettamente in linea con quelli dei vecchi dischi Casino Royale e a tratti sfiorano la comicità involontaria, forse lo erano anche quelli di un tempo, ma ci si faceva meno caso. Forse il modo di cantare alla "sono un inglese appena trasferito in Italia"di Alioscia finisce per amplificarli.
Forse il vero problema, l'unico, è che quello che tredici anni fa era avanti ora è diventato indietro.
Passato. Un passato bello, contrapposto ad un presente "normale", che se riproposto genera malinconia. Una felice malinconia.
Un po' come guardare l'album fotografico di quando eravamo adolescenti.

Non me ne ero neanche accorto...


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